Se Matteo Renzi ha perso, di sicuro non potrà dirsi che abbia fatto tanto rumore per nulla. Bersani è uomo abbastanza navigato, sa che tutto non sarà come prima. Quattro elettori su dieci hanno votato per il giovane sindaco di Firenze che, è bene ricordarlo, ha corso da solo.
L’apparato e i nomi che contano all’interno del PD hanno dato il loro appoggio all’attuale segretario, ma ciò non toglie nulla alla valenza politica circa l’indicazione di Bersani quale candidato premier alle prossime elezioni politiche del 2013. Del resto l’obiettivo di Bersani, di pura provenienza comunista, è il definitivo traghettamento dello storico PCI verso la socialdemocrazia europea.
Ma non si illudano le vecchie glorie per aver evitato la rottamazione coraggiosamente proclamata da Renzi. Anzi, compito essenziale di Pierluigi Bersani sarà il ricompattamento dell’intero PD che dovrà capitalizzare quel 40% di votanti che hanno dato fiducia ad un’altra idea di sinistra. Renzi ha ottenuto più voti del primo turno, mentre al vincitore sono andate le preferenze di Vendola. Ad essere convinto dovrà essere il rottamatore fiorentino che ha dimostrato sul campo di masticare bene politica e cambiamento. Con Vendola si può parlare di futura alleanza, Renzi è un’altra cosa: è uno di famiglia che ha testa dura e le idee chiare.
Con grande fair play il giovane sindaco ha riconosciuto la vittoria dell’avversario dopo appena venti minuti dalla chiusura dei seggi. “E’ stato bello, ora mi dedicherò solo alla mia città, a Firenze” ha scritto subito sulla sua pagina di twitter e poco dopo, sul palco del suo comitato elettorale “Ho appena chiamato Bersani per fargli i complimenti. La sua è stata una vittoria netta. Nessuna regola diversa avrebbe potuto mettere in discussione questo risultato. Qualcosa abbiamo sbagliato. Io ho sbagliato. Voglio chiedervi scusa. Se ho perso è perché la nostra idea non è stata vincente e perché non sono riuscito a scrollarmi di dosso l’immagine del ragazzetto ambizioso”. Ma un sassolino dalla scarpa se l’è voluto togliere. “Sarò leale a Bersani, ma non metterò a questa esperienza la parola «fine». Abbiamo provato a cambiare la politica, non ce l’abbiamo fatta, ora dimostriamo che la politica non ha cambiato noi. È bene che da domani, smaltita la delusione, si riprenda il cammino. Abbiamo tre cose dalla nostra parte: l’entusiasmo, il tempo, la libertà”.
Bersani, nel suo quartier generale ha ricevuto i complimenti di D’Alema, Fioroni, la Bindi. Non c’era significativamente Veltroni. Nichi Vendola lo ha platealmente abbracciato. Ma il segretario sul palco ha voluto accanto a sé soltanto tre giovani del suo comitato. Un chiaro messaggio, una mano tesa a Renzi quasi per dimostrargli visivamente che il cambiamento ci sarà. E gli porge idealmente una grande mano: “A Renzi riconosco una presenza forte e fresca nelle primarie, ha dato un contributo grande per dare senso alle primarie e farle vivere in modo vero. Presto faremo insieme quel pranzo a lungo rinviato”.
In attesa che dall’altra parte si faccia chiarezza sulle primarie e del prevedibile massiccio ingresso del M5S in Parlamento, ci si attende che la Politica riprenda le redini del destino del nostro Paese. Ogni giorno che passa sembra di assistere ad una sorta di macelleria sociale. La tecnocrazia montiana ha rafforzato i poteri forti lasciando le famiglie al loro destino e togliendo ai lavoratori i diritti inalienabili conquistati quarant’anni fa con la legge 300 conosciuta appunto con il nome di Statuto dei Lavoratori.
L’innalzamento innaturale dell’età pensionabile ha portato al paradosso che da Gennaio 2013 i vecchi dovranno continuare a lavorare per altri sette anni togliendo la possibilità ai giovani di entrare nel mondo del lavoro. I disoccupati aumentano a decine di migliaia al mese. Cinquecentomila italiani negli ultimi tempi hanno ripreso la via dell’emigrazione verso quella Germania che detta le regole €uro-pee. Questa è la vera sfida che dovrà affrontare la Politica. Da adesso.