Riguardo alla recente proposta del cambio della titolazione della piazza Cavour, ci sembra doveroso intervenire non solo perché siamo stati chiamati in causa, ma anche perché nel lontano 1997 abbiamo per primi sollevato il problema.
Nella nostra Favara guida storica e artistica nelle pp. 23-28, con riferimento alla nostra piazza, abbiamo scritto: << Iniziamo il nostro itinerario portandoci nella centrale e grandiosa piazza Castello, oggi intitolata a Cavour. Questa scenografica piazza, che nasce con il sorgere del casale medievale di Favara nel XIII sec., è sovrastata dal castello medievale, detto dei Chiaromonte, che, con il recinto fortificato, ne occupava tutto il lato orientale… Nel corso dell’800, la piazza continuò a chiamarsi piazza pubblica, largo piazza, piazza Castello…viene oggi detta semplicemente “a chiazza” e i Favaresi stentano ancora, a distanza di più di un secolo (troviamo piazza Cavour già nel 1882), ad assimilare il nome dello statista piemontese Camillo Benso conte di Cavour che, assolutamente estraneo alla nostra storia locale, occupa il posto di primo piano nella toponomastica urbana. Sarebbe auspicabile ridare alla piazza principale l’antico toponimo di piazza Castello, ricco di significato per la nostra storia>>.
Diversi anni dopo, nel corso del 2002, per un brevissimo tempo, ci siamo trovati a far parte della commissione toponomastica del comune di Favara. Alla prima seduta la delusione fu grande: tutto era stato già stabilito, non c’erano più strade da titolare, a parte una piccola viuzza della estrema periferia del centro urbano. Nonostante ciò proponevamo, in seno alla commissione, di titolare una strada al dott. Eugenio Valenti medico chirurgo, nonché storico di Favara, vissuto a cavallo tra 800 e 900. La sua importanza come storico è notevole: è stato il primo ad avere scritto sulla storia di Favara con rigore scientifico e spirito critico, da meritare di essere ricordato ai posteri. Gli altri componenti della commissione ci proposero quella viuzza periferica ( se ricordiamo bene priva anche di numeri civici ) che noi non abbiamo ritenuto idonea all’importanza di Eugenio Valenti. La nostra proposta venne comunque accettata ma con riserva, in attesa della nascita di una nuova strada da titolare. In verità c’erano altre nuove strade con nomi già assegnati, sebbene non ancora ratificati, ma questi non si potevano toccare! Eravamo arrivati a cose fatte, tutto era stato già stabilito in altre sedute precedenti alle quali noi non avevamo preso parte. Si trattava di strade assegnate a personaggi locali il cui valore storico era privo, a nostro parere, di importanza, anzi insignificante. Ancora oggi Eugenio Valenti aspetta la titolazione di una strada. Segnaliamo inoltre, sebbene fuori dall’argomento che qui stiamo trattando, la mancanza, già da molti anni, della lapide funeraria del loculo dove è sepolto Eugenio Valenti, nel cimitero di Piana Traversa. Come sia sparita la lapide rimane un mistero! Invitiamo le autorità preposte ad intervenire in merito.
Un'altra proposta da noi avanzata, in seno alla commissione, fu il cambio della titolazione della piazza oggi chiamata Cavour. Dopo avere spiegato le nostre motivazioni proponevamo di titolare la piazza all’imperatore Federico II di Svevia, secondo i nostri studi costruttore del castello, oggi detto dei Chiaromonte (si veda per questo la nostra guida storica e artistica alle pp. 30-50). La nostra proposta veniva giudicata da alcuni “ rivoluzionaria “ e di parte, in quanto tendeva ad avvalorare la nostra tesi sulle origini di Favara, quindi non veniva accettata. Dopo un ampio e acceso dibattito, convintissimi della non idonea e meritata titolazione della nostra piazza principale a Camillo Benso conte di Cavour, chiedevamo che almeno fosse ripristinato il vecchio toponimo di “piazza Castello”, primo passo per iniziare a detronizzare la cultura piemontese del Risorgimento italiano, che ha letteralmente violentato il cuore del nostro centro storico. Da una rapida analisi abbiamo infatti rilevato ben 30 toponimi di contenuto risorgimentale, che hanno contribuito, non poco, a cancellare le nostre radici storiche. Oltre alla piazza Cavour ricordiamo le piazze Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, fratelli Cairoli, Felice Cavallotti, della Libertà, della Vittoria e le vie Vittorio Emanuele II, Re Umberto, Regina Margherita, Re Carlo Alberto, Risorgimento, Rosolino Pilo, Carlo Pisacane, Ciro Menotti, Ruggero Settimo, Goffredo Mameli, Luigi La Porta, Alfonso La Marmora,Isidoro La Lumia, Giuseppe La Farina, Michele Amari, Vincenzo Gioberti, fratelli Bandiera, Nino Bixio, Francesco De Sanctis, Francesco Crispi, Bettino Ricasoli, Calatafimi e infine Dei Mille. Senza volere assolutamente dissacrare l’epopea e il mito del nostro glorioso Risorgimento, rileviamo che sono stati imposti nel cuore del nostro centro storico con cancellazione di molti toponimi che recavano tracce significative della nostra storia locale! Di questi toponimi, cosi come di tutti gli altri del centro abitato di Favara, tratteremo prossimamente nelle pagine di questo giornale.
Anche la nostra proposta di ripristinare la titolazione di piazza Castello, al posto di piazza Cavour, venne rifiutata dagli altri componenti della commissione, perché giudicata impopolare. Avrebbe cioè costretto i residenti in piazza a cambiare tutti i loro documenti ufficiali con disagio e aggravio di spese. A nulla valsero le nostre argomentazioni che dimostravano, con dati alla mano, che in quel periodo i residenti in piazza non superavano le 50 persone. Proponevamo che il comune si facesse carico dei disagi dei cittadini e portavamo l’esempio di Agrigento, dove gli amministratori avevano cambiato la titolazione delle vie Favara e Nuova Favara con le corrispondenti vie Ragazzi del 99 e Papa Luciani, con rinnovo di documenti a centinaia e centinaia, forse qualche migliaio, di cittadini, senza farsi alcun problema nemmeno culturale e storico. Infatti la “via che porta a Favara” esiste dal Medioevo e ricalca la strada del periodo Romano e molto probabilmente di quello Greco. Viene ricordata dalla regina Bianca di Sicilia che, nel 1411, per portarsi da Naro ad Agrigento riferisce espressamente di essere passata per Favara dove venne ricevuta con molta cura dai signori del nostro castello. Anche in questo caso un toponimo di grande valore storico “via Favara” è stato, da amministratori inetti, violentato e sostituito da altro che sicuramente contribuisce a cancellare le nostre radici storiche. Ѐ notizia di questi giorni che ad Agrigento <<Il sindaco Marco Zambuto ha titolato a Carmelo Lentini la strada di Villaggio Mosè (già intitolata a Giovanni Verga) nel tratto da via Boris Giuliano a via Capitano Russo. Altro provvedimento adottato dal sindaco riguarda l’intitolazione dell’ex via Favignana di Monserrato a Placido Rizzotto…>>. Si veda giornale La Sicilia del 3 Gennaio 2013 p. 26. Come si può benissimo notare ad Agrigento gli amministratori non si fanno certo problemi a far cambiare i documenti ufficiali ai cittadini residenti in quelle strade. Il cambio della titolazione di una strada o piazza cittadina è stato sempre effettuato, in ogni parte d’Italia. Esiste infatti una legge specifica, già dal periodo fascista, che ne regola il cambio.
Dalle sedute con la commissione toponomastica di Favara (due o tre in tutto se ricordiamo bene) ne uscivamo completamente delusi, rilevando come personaggi importanti della nostra storia dovevano rimanere esclusi, per uno strano destino, e altri al contrario insignificanti, privi di qualsiasi valore storico, dovevano essere ricordati con una targa stradale, solo perché graditi da persone politicamente influenti!
Il cambio della titolazione della piazza Cavour in quella di imperatore Federico II di Svevia è sempre rimasta nel nostro animo e l’abbiamo conservata in attesa di tempi migliori, quando la coscienza storica e culturale della classe politica e intellettuale favarese fosse superiore al provincialismo gretto che fa, anche della titolazione di una via cittadina, un momento di favoritismo per raccattare voti.
Recentemente, Dino Varisano, di sua iniziativa, senza avvisarci, facendo sua la nostra idea, si è fatto carico di portare a conoscenza di tutta la cittadinanza e soprattutto della classe politica, la proposta di cambiare il toponimo di piazza Cavour in quello di imperatore Federico II di Svevia, mettendo in evidenza la negatività del primo personaggio e il grande valore storico del secondo. Si veda per questo l’articolo-intervista “Perché ostinarsi a chiamarla piazza Cavour?”, pubblicato on-line giovedì 20 dicembre 2012, alle ore 15:56, elaborato ed aggiornato il 15 dicembre, dal giornale Sicilia on press, a cura della redazione. Lo stesso articolo, con qualche lieve aggiunta ricompare sempre nel giornale Sicilia on press, numero unico del 21 dicembre 2012, nella versione su carta stampata. La versione on-line suscita subito una accesa reazione con diverse, anzi contrastanti opinioni che si accavallano e si fronteggiano. Da una parte abbiamo il sac. Diego Acquisto che considera la proposta e motivazione meritevole di attenzione e Pino Sciumè che si trova completamente d’accordo con la proposta di Dino Varisano. Dall’altra, all’opposto, gli architetti Carmelo Antinoro e Vincenzo Castelli che si oppongono al cambiamento della titolazione. Antinoro riferisce: << La piazza prima di essere nominata Cavour un toponimo lo aveva ed era “Castello”, in riferimento al maniero chiaramontano fondato da Federico II Chiaramonte e non Federico II di Svevia. Per i residenti in piazza Cavour un cambiamento di questo tipo significherebbe l’obbligatoria modifica di tutti i documenti personali>>. Vincenzo castelli, dopo una crassa e irrispettosa risata, scrive: << Grande tema per le sorti di Favara, Federico II è stato definito dagli storici il “ Cavour medievale”… tra gli imperatori più brutali, la quinta crociata mandò alla morte 20 mila siciliani ma solo per gioco mentre discuteva con gli ambasciatori arabi di cultura arte e donne… contro la chiesa e le “chiese”… la saggezza la deteneva dentro i castelli… ha dato però al popolo malfamato i cessi pubblici sicuramente contaminazione di cultura araba. Concordo con la sottile affermazione del collega Antinoro. Meglio “piazza Cavour”. “W Cavour” con affetto, occupiamoci di seri problemi>>. Alle affermazioni dell’Antinoro e di Castelli segue una lunga e valida risposta, in chiave ironica, da parte del Varisano. Il Castelli, da parte sua, anzicchè fornire le prove storiche delle sue affermazioni, ribatte, con tono delirante, accusando il Varisano di non avere apertura mentale: << Da non professore le consiglio di avere una apertura di pensiero a cui tanti Professori siete fermi su strutture di confini storici mentali>>. Inoltre considera miope l’informazione del Varisano, sul suo operato, e lo informa, vantandosi, di avere portato Favara alla biennale di architettura di Venezia, Agosto-Dicembre 2012. Infine, chiedendosi che cosa abbia fatto il Varisano<<Lei non so che cosa abbia fatto!!>>, a proposito dei cessi pubblici “vespasiani” il Castelli riferisce: <<è un’altra storia, se avrò modo le farò una lezione>>. Una tale arroganza, presunzione, sfrontatezza… si commenta e si qualifica da sola! In una società civile, il confronto culturale è momento di crescita se basato sul rispetto democratico dell’altrui pensiero. In tanti anni di studio, sul periodo federiciano, non abbiamo mai letto, ne sentito, le ipocrisie storiche pronunciate dal Castelli. Lo invitiamo pertanto, in maniera democratica, a smentirci e fornire le prove storiche, basate sul rigore scientifico, di quanto da lui affermato. In caso contrario, taccia per sempre, e la smetta di pronunciare simili bestemmie che fanno impallidire il cielo!
Invitiamo anche Antinoro a confutare la nostra tesi sulle origini federiciane del castello di Favara, visto che afferma che il toponimo Castello della piazza si riferisce a Federico II Chiaromonte e non Federico II di Svevia. Una tale affermazione è per noi priva di qualsiasi fondamento scientifico e frutto della sua fantasia. Ci dimostri il contrario!
La nostra tesi sulle origini federiciane del castello di Favara è stata giudicata valida dalla commissione scientifica che studia i castelli di Sicilia. Infatti, nel 2000, ci chiedeva di scrivere una nota storica sul castello di Favara, che veniva pubblicata come “aggiornamento” nel libro“Castelli medievali di Sicilia, guida agli itinerari castellani dell’isola”, Palermo, aprile 2001, p.119, edito a cura della Regione Siciliana, Centro Regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione dei Beni Culturali e Ambientali. Fuanche in virtù di questo grande riconoscimento, che, nel 2002, in seno alla commissione toponomastica del comune di Favara, chiedevamo di mutare la titolazione di piazza Cavour in quella di imperatore Federico II di Svevia, ma come detto prima non sortì alcun effetto positivo.
Riguardo alla figura di Camillo Benso conte di Cavour(1810-1861), rileviamo che già tra i suoi contemporanei non godeva di molta popolarità. Concepì l’unita d’Italia raggiungibile con mezzi esclusivamente diplomatici, guardando alla rivoluzione del popolo con molto distacco, utilizzandola solo per opportunismo politico. Dopo la sua morte, i concorsi banditi dalle società storiche per una monografia popolare, non ebbero successo. Trovò i suoi apologisti soltanto nei suoi stretti collaboratori e familiari. I suoi oppositori furono invece parlamentari che non ne condividevano i suoi metodi di lotta basati più sulle congiure che sulla rivoluzione del popolo. Tra tutti emergono tre personaggi che ebbero grande rilievo nella formazione spirituale del loro tempo. Si tratta di Francesco Domenico Guerrazzi (1804-1873), di Angelo Brofferio (1802-1866) e di Giuseppe Mazzini (1805-1872).
Il Guerrazzi, repubblicano e mazziniano, ci ha regalato una curiosa descrizione della figura del Cavour. Portatosi a Torino per incontrarlo, giunto nella sua casa riferì che questa non aveva per niente un gusto classico, latino, rinascimentale: le scale erano luride, le porte nascoste da una tenda di panno rosso che ricordava le baracche di cocomero di Firenze, il corridoio era ingombro di stivali, l’anticamera presentava muri con figure che sembravano dipinte col sugo di regolizia, le sedie erano vecchie e sgangherate, gli armadioli unti e bisunti ad uso di riporre i lumi. Il conte di Cavour vestiva un gabbano da camera sudicio, che sembrava anche lacero, con uno straccio al collo, e nel capo una papalina laida e logora… <<Non quadri, non arnesi che svelassero gusti eleganti o amore d’arte>>. Il Guerrazzi concluse:<< E questi, dissi fra me è l’uomo che ha da comprendere l’Italia? Sarà… che il Conte di Cavour possedesse ingegno di certo non nego;… chi non ha senso di arte non può intendere l’Italia>>. Cavour che si era formato culturalmente a Parigi, a Ginevra, a Londra, non aveva la virtù dell’italianità. Lo aveva riferito anche Vincenzo Gioberti(1801-1852), considerato tra le principali figure del Risorgimento italiano: << Il Cavour non è ricco di queste doti, anzi per i sensi, gli istinti, le cognizioni è quasi estraneo da Italia; anglico nelle idee, gallico nella lingua>>. Il Guerrazzi rimproverò al Cavour di non avere alcuna fiducia nel popolo: << Voi non avete fede nel popolo, ed io ce la pongo grandissima>>. Inoltre non lo poneva tra i liberali: << Promuoverà Cavour le libertà? Io non lo credo… mi pare uomo ad uso patrizio inglese e anche più stretto>>. Anche dopo la morte di Cavour, il Guerrazzi non fu clemente e in una lettera ad un amico scrisse: << Mio signore, sull’anima mia Cavour non è per me un uomo: è un sistema di corruzione, di traffico, di viltà e di miserie, per l’Italia, a profitto del Piemonte>> e ancora<< Il Cavour non fu di cuore né di intelletto grande; non creatore, acconciatore d’Italia>>, alludendo a Nizza e Savoia lo definiva: <<non fattore ma tosatore dell’unità italiana>>. La polemica del Guerrazzi contro Cavour trovò il suo inno maggiore nelle seguenti parole: << Camillo, non di quei Camilliche dissero a Brenno: con la spada e non con l’oro intendo riscattare Roma; Camillo degenerato che non seppe far altro che costringere popolo e monarchia a passare sotto le forche caudine di Napoleone III>>.
Angelo Brofferio, rappresentante della piccola borghesia rurale, definì Cavour l’aristocratico, il dittatore, << Il nobile piemontese che si vergogna dell’alleanza del popolo>>. Nell’impresa di Crimea, il Brofferio considerava antipatriottico l’intervento piemontese deciso da Cavour perché collocava la bandiera del Piemonte accanto a quella degli Asburgo. L’alleanza del Piemonte era vista al servizio degli interessi inglesi e voluta da Cavour per la sua anglomania da cui il soprannome di <<milord Risorgimento>>. Francesco Crispi (1818-1901), a distanza di anni, chiedendosi che cosa avesse realizzato Cavour rispondeva <<Nient’altro che diplomatizzare la Rivoluzione>>. Cesare Cantù (1804-1895) storico, letterato, politico, disse del Cavour: << Ingrandire il Piemonte, fu l’unico suo concetto…; cifre non idee; l’interesse della dinastia non quello del paese…; non gli veniva una frase dal cuore…; politico, non uomo di stato, seppe tenersi a galla senza dirigersi a fissa meta oppure oltrepassandola. Federalista al congresso di Parigi, dualista dopo Villafranca, unitario dopo Marsala… considerò l’Italia come un Piemonte ingrandito; a lui toccò la prima parte del dramma: il demolire; al che bastano gli insensati, i furibondi>>. S i veda Cesare Cantù,Della indipendenza italiana, cronistoria, Torino, 1872 – 73, p.559.
Giuseppe Mazzini, politico e filosofo, ebbe sempre giudizi di condanna che hanno un peso superiore rispetto ai precedenti, nascono da una sfera culturale più alta e più pura. Mazzini fu l’educatore che non concepì la politica dissociata dalla morale, che voleva riformare le coscienze mentre le faceva procedere sulla via della rivoluzione. Il Cavour, che vinceva perché sapeva intrigare, privo di scrupoli di qualsiasi natura politica o sentimentale, non trovava posto nel cuore del Mazzini che lo considerava il <<patrizio sprezzatore>> degli interessi nazionali, quasi uno straniero all’Italia: << Voi siete con l’Austria>> disse nel 1855,<< Voi siete con la Francia di Napoleone III>> disse nel 1859. Lo considerava il corruttore del giovane popolo italiano che << sostituiva una politica d’artificio e di menzogne alla severa, franca, leale politica di chi vuol risorgere>>, che <<insegnava il machiavellismo in secoli nei quali la coscienza è mutata>>. Lo accusò ancora di essere << tenero della monarchia piemontese più assai della Patria comune>>. Infatti riferì: << voi non cercate se non un ingrandimento territoriale del Nord Italia>>.
Il Mazzini fu un precursore dell’ideale unitario, Cavour vi giunse quando i tempi furono maturi, prendendo l’iniziativa dalle circostanze più favorevoli. Significativa è in tal senso la lettera del Cavour a UrbanoRattazzi (1808-1873), esponente della sinistra al Parlamento piemontese, del 12 Aprile 1856: << Ho avuto una larga conferenza con Mazzini; è sempre un po’ utopista, non ha dimesso l’idea di una guerra schiettamente popolare, crede nell’efficacia della stampa, vuole l’unità d’Italia e altre corbellerie>>. Nel 1860 Cavour, al conte Carlo Pellion (1806-1883) di Persano, politico e ammiraglio della flotta italiana, dichiarava: <<L’arresto del Mazzini è uno dei migliori servizi che si possa rendere all’Italia>>.
Massimo D’azeglio (1798-1866) politico, pittore e scrittore, che fu prima compagno di Cavour e poi sulla sponda opposta, disse di lui: << è un vero gallo da combattimento>>, è << despota come un diavolo>>, << è fatto apposta per menare affari e Parlamento>>, è << satanico>>.
Lo stesso Cavour cosciente della sua poca popolarità, ebbe a dire: << Sparisca il mio nome, perisca la mia reputazione, purché l’Italia sia nazione>>.
I biografi apologisti di Cavour, nella ricostruzione della sua figura storica, si lasciarono guidare da ricordi personali, da impressioni o colloqui intimi, quindi memorie più che narrazioni critiche. Ricordiamo fra questi Giuseppe Massari (1821-1884), collaboratore e confidente di Cavour, che lo considerava l’unico uomo capace di salvare la società o dall’anarchia o dal dispotismo, Michelangelo Castelli (1808-1875) che, opportunista come Cavour, ne esaltava e ne giustificava ogni sua azione e Domenico Berti (1820-1897) che lo considerava<< un uomo di grande autonomia che fu tutto opera di se stesso>>. Infine ricordiamo William De La Rive (1827-1900), cugino del conte di Cavour per parte di madre, che gli riconosceva il merito di essersi adoperato a trasformare il popolo italiano cresciuto sotto la tirannide in un popolo capace di apprezzare il senso della libertà. Per i giudizi sopra riportati sul Cavour si veda “Opinioni intorno a Camillo Cavour” di Ettore Rota, pp. 933-953, in Questioni di storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, a cura di Ettore Rota, Milano,1951.
Oggi, anche se non mancano autori che considerano il Cavour un grande diplomatico e statista, il vero regista del Risorgimento italiano, i metodi da lui utilizzati (opportunismo, congiura, baratto …),e i fini da lui perseguiti (estensione della cultura e dell’egemonia piemontese e dei Savoia a tutta l’Italia), lo pongono tra le persone più ambigue di tutto il processo risorgimentale. Da quanto finora esposto emerge chiaramente che bisogna fare giustizia e avere il coraggio di togliere il nome di Cavour dalla nostra piazza principale. Al di là del suo valore come uomo del Risorgimento, sicuramente da ridimensionare, è del tutto estraneo alla nostra storia locale. Nel ringraziare vivamente Dino Varisano per essersi adoperato a favore della nostra causa, ci rivolgiamo a tutte le forze politiche e intellettuali della società civile di Favara affinché il nome dell’imperatore Federico II di Svevia si riappropri della nostra centrale piazza, che presenta, come impianto urbanistico, la sua impronta culturale. Nella nostra guida storica e artistica alle pp.35-37 abbiamo infatti scritto:<< Inoltre occorre considerare il primitivo impianto urbanistico di Favara, di forma romboide, come progetto indipendente rispetto al resto dell’aggregato urbano, e totalmente subordinato al castello, che per quanto riguarda i moduli costruttivi ricalca in maniera sorprendente quelli presenti nella città di Heraclea (Gela), di matrice federiciana. Questo interessantissimo impianto razionale, che risulta di concezione medievale, è caratterizzato, così come a Gela, da una cruxviarumprincipale (via Umberto e via Vittorio Emanuele) e da una grandiosa piazza, la nostra piazza Castello, che totalmente domina il tutto. Per le dimensioni (300 m x 400 m) l’abitato risulta modulare rispetto all’impianto di Gela (300 m x 800 m). i due centri presentano la stessa disposizione, con l’asse viario maggiore orientato in senso est-ovest. La maestosa piazza castello (58m x 134 m) di Favara ripete la forma e le dimensioni di quella di Gela (65 m x 115 m). Quest’ultima è oggi rimpicciolita dalla inclusione della chiesa di Santa Maria della Platea (1282). La misura modulare (50 m) che è adoperata nell’impianto urbano di Heraclea, si ritrova a Favara in diversi isolati e nella distanza tra gli assi viari, che parallelamente ne percorrono il centro medievale in senso est-ovest e sud-nord.
A Favara, come a Gela, il castello, che presenta lo stesso schema di impianto ( un nucleo residenziale con affiancato un recinto fortificato), occupa la parte più bassa e periferica dell’area urbana. Il castello di Gela è oggi scomparso, ma ne possediamo due preziose iconografie seicentesche.
L’unica differenza tra i due centri, oltre che nelle dimensioni, è nella forma : Favara risulta romboide e Gela rettangolare. Ma è noto come nel Medioevo la forma delle città fosse fortemente condizionata dalle caratteristiche geologiche , idriche e orografiche ambientali. Rileviamo inoltre la probabile mancanza di mura urbane a Favara che, al contrario di Gela, nasce non come Terra ma come Casale.
Ѐ molto probabile che alla fondazione dei due centri abbiano partecipato maestranze educate alla stessa cultura urbanistica.
In ambito culturale svevo l’impianto di Favara, così come quello di Gela, per la presenza della grandiosa piazza, si richiama alle fondazioni dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici nei territori tedeschi. Sappiamo che questi furono privilegiati dalla politica di Federico II, e per questo motivo la loro presenza in Sicilia fu capillare. Li troviamo a Gela, nella chiesa di Santa Maria dei Teutonici nel 1243 e nella vicinissima Agrigento, nella chiesa di San Giovanni Battista con annesso ospedale dentro le mura, nel 1235. Sono presenti nel territorio di Favara, con un possedimento in contrada Burgilamone, nel 1299. Secondo un autore tedesco, M. Tumler, la nostra Favara sarebbe stata addirittura un prediumappartenente ai Cavalieri Teutonici>>.
In conclusione, titolare la nostra centrale e bellissima piazza all’imperatore Federico II di Svevia, costituisce una operazione di grande rilievo storico e culturale, che rende giustizia ad un personaggio che, per quanto sopra detto , è da considerare il fondatore della Favara medievale.
14 commenti
Questo plurale majestatis…un si pò sentiri!!! Ma per carità!…
evvaiiiii!!! mi piace
Emanuele Vita liked this on Facebook.
Sebastiano Di Francesco liked this on Facebook.
Maresa Picasso Architetto liked this on Facebook.
Mi piace.
L’arch. Antinoro sarà ben lieto di confutare la “tesi” sulle origini federiciane del castello di Favara nel momento in cui sarà dimostrato inconfutabilmente il riferimento a questo grande personaggio storico. Senza documenti e/o ritrovamenti qualsiasi affermazione è priva di fondamento storico/scientifico e, quindi, frutto di semplici ipotesi, se non, addirittura, di fantasia. Il riferimento a Federico II di Svevia dev’essere ancora dimostrato.
Complimenti Dott.Sciara!Un articolo davvero degno di lodi…in cui traspare evidente la Sua passione e quindi la conoscenza per la storia di Federico II.Auguro di vero cuore che tutto ciò vada in porto………Mi piace.
La cultura personale sfociata nel ingigantire solo se stessi, sdegna il nostro passato, con un presente fatto così di poca umiltà e di totale assenza di condivisione sui valori, sulle tradizioni, su una storia che è la nostra storia e non quella di Filippo Sciara. Chi è geloso dei propri studi e li tiene quasi nascosti, o peggio li usa come strumento di superbia culturale, non dona un che nulla a chi quella storia ha fatto esistere o farà nascere. Di storici così non ne ha bisogno Favara. Grazie, ma diniego totalmente codesta passione, scaturita da un fervido singolarismo che non condivido intelletualmente tanto meno moralmente.
Caro Sig Sciara,
Titolare la nostra centrale e bellissima piazza all’imperatore Federico II di Svevia, costituisce una operazione “inutile”, quanto sopra detto , mancano studi fatti dalle correnti europee contemporanee,
PS: le mura urbane erano rappresentate con le cortine di edifici con piccoli setti/finestre che rappresentavano le mura …etc,non voglio essere lungo,non me ne voglia continui a studiare assistito da un tecnico.
Vincenzo castelli.
Dino Varisano 16/01/2013
Col dovuto rispetto, faccio osservare all’arch. Antinoro e ad altri, che è andato fuori tema, in relazione alla titolazione della nostra piazza al nome di “Piazza Imperatore Federico II”.
Non è infatti in discussione chi ha fatto costruire il palazzo medievale detto “ dei Chiaramonti”.
In causa è solo ed esclusivamente la titolazione della nostra piazza medievale, che questa sia infatti medievale come il castello, è una innegabile affermazione.
Sarebbe quindi estremamente condivisibile “darla” ad un meritevole personaggio altrettanto medievale.
E chi meglio del pronipote del Gran Conte Ruggero il Normanno, che liberò la Sicilia dalla dominazione araba che perdurava da circa 3 secoli?
Chi più interessante del nipote del Re Ruggero II, che rese grande e rispettosa la nostra isola?
E chi più degno del figlio della cattolicissima madre la saggia costanza d’Altavilla imperatrice?
E finalmente, chi più splendente dell’unico figlio del casato reale più importante di tutta l’Europa e di tutto il medioevo a lui contemporaneo? Federico II Imperatore del Sacro Romano Impero; re di Sicilia; Re di Gerusalemme; letterato, mecenate, scienziato, promulgatore della costituzione di Melfi, rispettoso delle leggi e del diritto, fondatore della scuola Siciliana, dell’Università di Napoli, costruttore di molti castelli, padre del primo progetto relativo “all’unità d’Italia” che la voleva sotto la stessa lingua, osservante di una sola costituzione, ed economicamente amministrata sotto una sola moneta, conduttore dell’unica crociata improntata alla non violenza.
Di lui, anche il nostro sommo poeta Dante Alighieri, quasi suo contemporaneo, nella divina commedia dice: “l’Imperatore Federico II è d’onor si degno” questo personaggio che ha fatto parlare di se centinaia di autori in innumerevoli pagine; amò così tanto la Sicilia che in essa ne volle fare la sua residenza preferita e in essa ne volle destinare la sua ultima dimora.
Il suo monumentale sarcofago, tra i suoi reali genitori ed antenati, dentro la splendida cattedrale di Palermo, è meta continua di visitatori di tutto il Mondo per rendere rispettoso omaggio a colui che fu definito dai contemporanei “STUPOR MUNDI”.
E’ a queste domande, che lo storico Antinoro (ed altri), dovrebbe rispondere.
O forse anche per lui è più degno di Federico II, il Re Carlo d’Angiò? a cui la più “distratta” commissione toponomastica del nostro paese ha dedicato una via.
Per Cavour, che da circa 150 anni “occupa” la titolazione della nostra piazza medievale, per tutti i motivi largamente descritti prevalentemente dallo Sciara, credo che sia maturato il tempo di essere relegato in una via di un quartiere favarese dell’800;
Per i suoi demeriti ciò basta ed avanza.
p.s. Per inciso, i Chiaramonti nobili guerrieri di ventura non avrebbero mai costruito un castello nel punto piu’ basso di Favara “U Conzu”, luogo totalmente privo di caratteristiche militari difensive.
Sicuramente, i Chiaramonti, avrebbero scelto “a Muntagnè”.
E’ questo un valido motivo aggiunto per optare favorevolmente sulla tesi degli storici G, Spatrisano e F. Sciara, i quali individuano nel nostro palazzo medievale una residenza di caccia dell’Imperatore Federico II.
Siamo convinti che, occupandoci di ricerca storica, bisogna essere sempre pronti ad accettare . qualsiasi critica, anche severa, perché la verità storica è il solo obbiettivo da perseguire. Naturalmente abbiamo il diritto di ribattere, se pensiamo di essere nel giusto, alle critiche che ci vengono mosse, con uno spirito di grande democrazia, avendo sempre grande rispetto per le opinioni altrui. Fatta questa breve e indispensabile premessa, facciamo notare all’Antinoro che, nella risposta a noi inviata, si contraddice con le sue stesse parole. Infatti il verbo confutare, di origine latina, ha nella lingua italiana di oggi significato di ribattere, respingere, dimostrare falso o erroneo un argomento, un’idea, una tesi. Al contrario, l’aggettivo inconfutabile e l’avverbio inconfutabilmente, hanno significato di teoria, affermazione, argomentazione che non può essere confutata, senza possibilità di confutazione quindi certa, inattaccabile, incontestabile, inoppugnabile. Se lui, per confutare la nostra tesi sulle origini federiciane del castello di Favara, aspetta che ci sia prima un riferimento a Federico II che venga dimostrato inconfutabilmente (quindi incontestabile), la sua confutazione non ha più ragione di esistere.
Dobbiamo riconoscere che l’Antinoro, nelle affermazioni contraddittorie di contenuto storico ed artistico, è un grande maestro. Si veda per questo il nostro articolo “Sui restauri del castello di Favara, prive di valore le risposte di C. Antinoro che ci accusa di improvvisazione storica” in Kouros, dicembre 2007, pp. 8-12.
Riguardo al Castelli, constatiamo che non ha per nulla risposto al nostro invito di fornire le prove storiche delle sue affermazioni, ed anche adesso, commettendo lo stesso errore, si permette di dare consigli alla nostra persona, quando farebbe bene invece a pensare a se stesso, che crediamo ne abbia veramente tanto bisogno.
Infine, rispondendo al signor Massimo, che signore non è, aldilà del messaggio che lui ha voluto inviare a noi ed a tutti i lettori, rileviamo che non è assolutamente corretto da parte sua nascondere il suo cognome, la sua vera identità. E’ da persone indegne ed è segno di codardia utilizzare l’anonimato per criticare l’operato degli altri, offendendone la persona, senza fornire tra l’altro nessuna prova di quanto sostenuto. Lo stesso discorso vale per la signora o signore che si nasconde dietro il nome altisonante di Costanza D’ Altavilla, regina di Sicilia e madre di Federico imperatore, per sottolineare che gli ha dato fastidio il nostro pluralis maiestatis.
Persone come queste, che non hanno il coraggio delle loro azioni, non meritano di far parte della società civile. Appartengono a quella categoria di uomini che fanno della viltà, della scorrettezza, della cafonaggine, dell’invidia…il loro modello di vita. Quando il dibattito culturale scende a livelli così bassi, crediamo non abbia ragione di essere.
Filippo Sciara
Sig.sciara,mi perdoni stà superando i confini tra il patetico e la follia,gli ha risposto Cammilleri,non ho nessuna voglia di offenderlo,poiché lo renderei ridicolo davanti ai suoi amici,abbia la bontà di andare oltre il mediosciaraevo.ciò che scriviamo non viene pubblicato dalla redazione di Siciliaonpress se la fonte non è attendibile,nell’offendere me o altri offende anche la redazione.Detto ciò il vero e concreto sviluppo culturale é ciò che si stà sviluppando nella nostra,mi scusi,sua piazza cavour,e ne sono certo lei,scusi ancora,loro non hanno mai pensato di spolverare una pietra concreta.
PS.da parte mia essendo un architetto contemporaneo desidererei nella mia sana follia riprogettarla per lasciare ai posteriori un segno di architettura del XX secolo.
notte.
Vincenzo castelli.
Chi ha la convinzione di essere l’esclusivo detentore della conoscenza; Chi asserisce e invece non ha nulla per dimostrare; Chi cambia le carte in tavola; Chi ha la fissazione per qualcosa, o per qualcuno, al punto da farne l’unico elemento di riferimento: un modello esclusivo del proprio ego e della propria vita; chi soffre di manie di grandezza; chi dimostra sempre arroganza e non perde mai occasione per fare la prima donna; chi disconosce ogni rapporto sociale e umano ……. è solo da commiserare ed ogni commento in merito è tempo perso.