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La giurisprudenza sulla circolazione stradale offre spesso e volentieri spunti particolarmente ironici e, talvolta, alquanto inverosimili, tanto da essere degni di superare di gran lunga qualsiasi manoscritto frutto del genio creativo e fantasioso degli scrittori più celebri.
Ciò è sicuramente dovuto alle più strane e curiose ragioni addotte dagli utenti della strada al fine di evitare o cercare di annullare le sanzioni loro comminate, ragion per cui ne viene fuori un vero e proprio fenomeno di costume talmente bizzarro da meritare di essere oggetto di studio non solo da parte degli operatori del diritto, ma anche dai più attenti esperti di fenomeni sociali
Difatti, per contestare le infrazioni in cui si incorre ognuno sarebbe disposto ad inventare le più assurde motivazioni nella speranza che possano essere considerate talmente verosimili da riuscire ad evitare di essere sanzionati.
Se poi ,a corredo di tali ragioni, fanno seguito le sentenze dei giudici, che in qualche caso accolgono le “verità” scusanti addotte dai ricorrenti, ecco che lo scenario si colora di ulteriori stravaganze.
A tal proposito, tra i casi più incredibili rintracciati all’interno di un simile pittorico panorama giuridico vi è quello di un frate francescano di origine polacca, il quale superato addirittura il doppio del limite di velocità consentito in una strada cittadina, 50 Km/h, si è reso autore di una delle scuse più originali e curiose.
La Polizia Municipale del luogo, infatti, rilevato che il prete, a bordo della sua auto viaggiava a oltre 100 Km/h, non poteva che non elevare la relativa sanzione amministrativa: multa e ritiro della patente di guida.
Senza demoralizzarsi, però, il prode frate ricorre al Giudice di Pace per tentare l’annullamento della medesima scrivendo nel suo ricorso il motivo, alquanto bizzarro, della sua elevata velocità “mi stavo recando con urgenza, nella mia qualità di ministro del culto cattolico, al capezzale di un moribondo per impartirgli l’estrema unzione”.
Ecco che :il Giudice, chiamato a pronunciarsi sul caso, sicuramente incuriosito da tali ragioni, svolge la propria istruttoria fino ad addivenire alla propria decisione: incredibilmente riconosce al prete lo stato di necessità, conseguentemente annulla la multa elevatagli e ordina la restituzione della patente ritirata dai vigili urbani.
Nel caso in questione, l’Illustre Giudicante, in maniera del tutto inaspettata per il Corpo di Polizia Municipale convenuto, ritiene applicabile l’esimente del danno grave e irreparabile anche alle cose ultraterrene e motiva la propria sentenza rilevando che “lo stato di necessità è stato istituito per escludere la responsabilità quando l’illecito sia commesso per salvare sé o gli altri da un pericolo”.
Pertanto, nella motivazione riportata nella sua decisione il Giudice considera che “L’unzione degli infermi è per il cristiano cattolico il segno visibile istituito da Cristo per condurre un’anima alla salvezza. Dunque una persona che in punto di morte non possa riceverlo rischia di subire, per chi ha fede, un danno irreparabile e grave: grave perché investe l’essere umano nella sua più alta dimensione spirituale e irreparabile perché dopo il decesso l’unzione non può essere più somministrata”.
Dunque, che la motivazione reale fosse conforme a verità oppure no, in tal caso il fortunato “Don Camillo” di turno ha certamente trovato un escamotage fenomenale per farsi togliere la multa per eccesso di velocità, una giustificazione che è stata considerata valida dal magistrato, secondo il quale rischia “un danno grave e irreparabile” il credente cattolico che non possa ricevere l'estrema unzione.
E' certo che niente è più irreparabile di così!
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Joseph Zambito liked this on Facebook.