Lento ma inarrestabile declino del “salotto” Agrigentino: Via Atenea.
Attività commerciali, alcune peraltro storiche, chiudono i battenti o si dimezzano i fatturati; esercenti lamentano la mancanza di organizzazione di eventi , manifestazioni culturali o concerti e dire che il centro commerciale cittadino era la passeggiata Atenea; centro economico pulsante ogni giorno della settimana per divenire Il Sabato e la Domenica sera, aggregazione sociale di mezza provincia.
Ho iniziato la mia riflessione scrivendo “centro commerciale” non a caso perché la mia avversità nei confronti di tali sterili contenitori è conclamata e non senza giustificati motivi se inserita nel contesto Agrigentino.
Ritengo infatti che bisognerebbe capire in primo luogo le esigenze dei piccoli esercenti e ascoltarne le lamentele per far sì che possano lavorare tranquillamente e poi, casomai, pensare all’insediamento di grandi strutture di vendita nella zona molto periferica della città, nel rispetto delle disposizioni urbanistiche.
L’attuale recessione in atto e l’esistenza di grandi strutture di vendita più o meno vicine alla città quali Le Vigne e il recente Centro Commerciale dei Templi non potrà che causare gravi difficoltà a tutti i piccoli commercianti che tra l’altro non possono contare sulla facilità di trovare posteggio, tipica dei grandi centri commerciali ma, piuttosto sulla presenza deterrente di vigili urbani e ausiliari del traffico e non ripartono nemmeno i lavori di completamento del parcheggio multipiano di piazza Rosselli!
E i centri commerciali oltretutto, stanno causando un danno culturale antropologico alle famiglie.
Si stanno progressivamente abbandonando i luoghi tradizionali della vita sociale con una perdita d'identità che riguarda tutti i quartieri e il centro storico anche a causa della chiusura delle piccole attività; il tessuto sociale è fatto di rapporti personali che stimolano la solidarietà e l’aiuto reciproco ma la socialità si va incanalando, invece, verso questi contenitori in cui non si intrecciano vere relazioni ed esperienze ma si è costretti al solo consumo di un prodotto o di un servizio stimolati da offerte ineguagliabili, finendo col favorire l’isolamento perché incontriamo centinaia di persone senza mai stabilire con esse alcun autentico rapporto.
Il fine di tali strutture, e ribadisco nel nostro territorio, è un momentaneo e soddisfacente successo economico senza tener conto di realtà che nel lungo termine saranno, però, le determinanti della loro chiusura, e questo succede quando tali contenitori vengono inseriti in contesti inappropriati senza aver condotto apriori indagini analitiche su eventuali variabili che nel lungo tempo avrebbero potuto rivelarsi fisiologicamente condizionanti prima, aggravanti poi ed infine causa di fallimento; ma poco importa se il loro fine sarà stato comunque raggiunto.
Ma importerà a noi cittadini dover poi interagire con una realtà che sarà stata ulteriormente raschiata senza alternative di recupero; una realtà economico-sociale che andava guardata non con occhio speculativo di mero ritorno economico ma con ipotesi di sviluppo che potessero partire dal tessuto economico-sociale preesistente per stimolarne input migliorativi.
Ma per operare in questo senso occorre che a mettere mano siano professionisti che amino il loro territorio e che sappiano perfettamente che il graduale ma continuo sviluppo della loro città, potrà non solo apportare profitti economici ma soprattutto dare un futuro ai loro nipoti con concreta possibilità di non abbandono della propria terra.
In contrapposizione al concedere autorizzazioni per la realizzazione di tali strutture, occorrerebbe, invece, per esempio, continuare a lavorare per riqualificare i centri storici salvaguardando i diritti dei residenti ai quali va data la certezza della sicurezza sociale. E come?
LE FONDAZIONI LE ASSOCIAZIONI possono iniziare una campagna di donazioni immobili a loro favore, rivolta a coloro per i quali tali immobili son diventati unicamente un peso; coinvolgere gli ordini professionali, con giovani tecnici e progetti gratuiti da offrire ai privati e ai vari enti; misure compensative ai privati che ristrutturano o ricostruiscono; naturalmente radiografare fondi europei e regionali e tanto e tanto altro ci sarebbe da pensare e concretizzare.
Io credo che bisognerebbe puntare su idee dirompenti, oltreché potenziare servizi preesistenti o darne vita a nuovi: Agrigento per sua natura, attrae turisti, ebbene se questi, arrivando potessero fruire di servizi eccellenti, non potrebbero non ritornare e soprattutto pubblicizzare le nostre bellezze che non possono restare fisiologiche, bensì vanno valorizzate per un ritorno economico che sia reinvestito.
E servizi non si traduce solamente in pulizia stradale, maggiore presenza di segnaletica, aree attrezzate specie in prossimità dei posti di ristoro, flessibilità degli orari di lavoro in modo tale il turista trovi ristoranti, pub ed attività commerciali aperti fino ad un certo orario, organizzazione di eventi , manifestazioni culturali o concerti; bisogna considerare che è in atto una grave depressione della vita pubblica; oggi le amministrazioni, la politica tutta continua ad incassare fallimenti sul piano urbanistico, culturale socio-economico, non rendendosi conto della loro inadeguatezza; per ripartire occorre dare concretezza a IDEE PROGETTUALI NUOVE e fattibili.
Partire dalla realizzazione di spazi decongestionanti facendo migrare altrove i palazzoni della provincia lasciando solo rappresentanze.
Rendere PEDONALE tutto il tratto che parte dalla POSTA e arriva alla Via Atenea e, ancor meglio, per godere di una maggiore fruizione delle strutture ricettive quali bar, pub e attività commerciali, la parte centrale del “salotto” Agrigentino potrebbe essere coperta con un progetto di galleria che oltre a riparare dalle avversità atmosferiche, favorirebbe quel cameratismo che allontana ombrello e stress, delizia di luci e shopping e favorisce l’interazione sociale in piena tranquillità! E’ chiedere troppo o semplicemente il giusto?!
La provincia, gli agrigentini hanno perso l’ interazione con la valle; sembra quasi coperta da una cappa, un non luogo, uno spazio desertico come un qualcosa che si autolimiti, somigliante ad un cerchio di gesso che continua ad essere descritto e mai “cancellato”. La valle, il mediterraneo non è solo geografia e non è solo ammirata storia: bisogna muoversi al suo interno e ridisegnare le direzioni entro cui sviluppare un progetto, un idea e, se ciò non avviene, tutto verrà considerato un confine naturale, mentale, una frontiera; il territorio con le sue presenze va riconquistato e se ciò non avverrà, il parco, la valle, Pirandello, Agrigento, i suoi uomini e la classe politica tutta sarà sempre perdente col paradosso che sia meglio vendere tutto ai giapponesi!
E mi spingo oltre col dire: FUORI dalla valle soprintendenza, ANAS e diamo la possibilità al mondo di sedersi e bersi un caffè ai piedi della “Concordia” con scelte progettuali coraggiose;
Valle collegata alla Città col SISTEMA FUNIVIA che colleghi la Valle con villa del sole in 5mn per esempio! E ancora la Valle con Caos (LINEA FERRATA),(SISTEMA FUNIVIA) in 2mn e ancora Agrigento con Porto Empedocle – Porto (LINEA FERRATA) 5mn;
Parlando adesso di San leone, la costa va aggredita dolcemente da chi vuole investire con più vie di accesso sia via terra che via mare;
E il Villaggio Mosè cos’è oggi??? Va ripensato fortemente con un progetto dinamico di centralità e connessione con la provincia e i suoi comuni.
In conclusione, Agrigento, non può però, sola, avere un riscatto, non tenendo conto dell’intera provincia: le città-paesi limitrofi credo possano dare la spinta al “PROGETTO” innescando un processo innovativo per il progresso economico, sociale, politico e culturale della città di Agrigento.
Agrigento: Cosa Resta, cosa Cambia? Resta il Nulla, cambia?!