Era uno dei ragazzi del ’99, ovvero nato nel 1899 e mandato, come tanti, a combattere la prima guerra mondiale. Ma combattè anche la seconda, dopo aver vissuto il ventennio (con “quella testa di antare affare solde all’Africa”). E visse i difficili anni del dopoguerra per poi gettarsi – “impriaco di nobilità” – in quelli spumeggianti del boom economico degli anni sessanta (“bella ebica”) sempre al limite, oppresso da sotterfugi, furberie, stenti e strategie e ritrovandosi “come la tartaruca, che stava arrevanto al traguardo e all’ultimo scalone cascavo”. Si sta scrivendo di un uomo tanto vero e reale che difficilmente potrebbe essere considerato il protagonista di un romanzo, addirittura del romanzo della sua stessa vita: “Terra matta”. Ma tant’è.
Il siciliano Vincenzo Rabito fu bracciante, soldato, minatore ma all’improvviso sentì il bisogno di chiudersi “a chiave nella sua stanza ed ogni giorno, dal 1968 al 1975, senza dare spiegazioni a nessuno, ingaggiando una lotta contro il proprio semi-analfabetismo, ha digitato su una vecchia Olivetti la sua autobiografia. Ha scritto, una dopo l’altra, 1027 pagine a interlinea zero, senza lasciare un centimetro di margine superiore né inferiore né laterale, nel tentativo di raccontare tutta la sua maletratata e molto travagliata e molto desprezata vita”. E Vincenzo ci ha anche lasciato scritto che “se all’uomo in questa vita non ci incontra aventure, non avete niente darracontare”.
Ecco, dunque, rivelataci la sua essenza di uomo e di narratore. Un personalissimo istinto che lo sprona alla stesura di un testo anomalo ma talmente originale nella sua “forma/sostanza” da far gridare al capolavoro. Ed è infatti quel che è successo quando il figlio di Vincenzo, Giovanni, dopo la morte del padre avvenuta nel 1981 – trovandosi tra le mani i sette quaderni originali dell’opera e dopo aver passato intere notti a renderlo leggibile e ad adattarlo per poter essere apprezzato – invia l’opera in forma ridotta all’Archivio Diaristico Nazionale, fondato da Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo. Lì l’opera partecipa al Premio Pieve-Banca Toscana, folgorando la giuria (che richiede anche i manoscritti originali per il museo) e vincendo il concorso nel 2000.
Il resto fa parte della storia letteraria italiana degli ultimi anni, poiché l’autobiografia in forma di romanzo scritta da Vincenzo Rabito viene pubblicata dall’editore Einaudi, facendo incetta di critiche osannanti, come quella del grande Andrea Camilleri, secondo il quale in “Terra matta vi sono cinquant’anni di storia italiana patiti e raccontati con straordinaria forza narrativa come in un un manuale di sopravvivenza involontario e miracoloso”.
Antonio Fragapane