Dentro le mura del convento c’è un mondo che fa a pugni con quello all’esterno, sono andato a visitarlo.
Tra le galline, le capre, nell’orticello, nei corridoi, nel refettorio e nelle celle c’è il benessere della povertà. Strana la vita, temiamo la povertà e la avvertiamo come il peggiore dei mali, nell’elenco delle cose temute sta immediatamente dopo la mancanza di salute, eppure nella Tenda del Padre Abramo ha un fascino che ti prende e ti lega alla sua pace.
Frati e ospiti extracomunitari vivono di elemosina e di piccoli lavori dentro e fuori il convento. Si assicurano il giusto, non hanno il superfluo e da poveri non soffrono la povertà.
Fra Giuseppe, il Guardiano, mi accompagna e mi parla “di adozione a vicinanza che dovrebbe arrivare da chi vive nella nostra stessa città. Ci sono le adozioni a distanza, dovrebbero esserci anche quelle a vicinanza”.
I Frati francescani ospitano giovani extracomunitari segnalati dalla Caritas. Attualmente sono in quindici, alcuni cristiani di diversi riti e musulmani.
“La preghiera di ringraziamento nel pranzo di Pasqua – ci dice fra Giuseppe – l’ha recitata un musulmano”. Tutti insieme a dispetto delle diverse culture.
“Non è stato facile – continua il francescano – convincere chi viene dai continenti africano e asiatico ad occuparsi della pulizia di casa, ché nella loro mentalità sono lavori da donna considerata una creatura sottomessa agli uomini, ma alla fine ci siamo riusciti e religiosi e ospiti ci occupiamo delle faccende domestiche e di piccoli lavori necessari alla manutenzione del convento”.
I giovani extracomunitari restano con i francescani dai dodici ai diciotto mesi, vanno via quando trovano un lavoro.
“Abbiamo – conclude fra Giuseppe – organizzato un laboratorio di taglio e cucito per paramenti sacri e siamo in attesa di formarne un altro di falegnameria. Occorre l’aiuto delle associazioni e dei giovani che vivono nella nostra città”.