Avv. Enzo Camilleri
A quanto pare ad alcuni consiglieri comunali di Agrigento non è stato sufficientemente chiaro il perché dell’iniziativa presa in questi giorni di comune accordo tra il sindaco Marco Zambuto, alcune associazioni e la cittadinanza attiva; iniziativa che ha prodotto un “tavolo partenariale”, cioè a dire, un momento di confronto attivo sulle cose da fare concretamente anche in una fase così difficile per la vita sociale ed economica della nostra città (come altrove in Italia).
In effetti, il malumore espresso dai predetti consiglieri ha partorito anche un’interrogazione al sindaco sull’esito di una delibera del marzo 2010 che mi ha riguardato (almeno e solo nella forma).
Su di essa, poiché il presidente del consiglio comunale, Aurelio Trupia, mi ha cortesemente ricordato che è diretta al sindaco come atto istituzionale, mi sembra corretto attendere il corso normale delle cose, prima di spiegare i miei rapporti (non) economici con il Comune di Agrigento almeno negli ultimi dieci anni, pertanto, su questi aspetti mi riservo un’altra puntata.
Premetto che la città di Agrigento conosce la pratica dei cosiddetti “tavoli di lavoro, concertazione o forum partenariali” da molti anni, avviata già prima del 2000 con il Patto Sociale, poi proseguita nel 2001/2007 con il PIT (Piano Integrato Territoriale), con il Piano Strategico 2007/2009 e prima con i Progetti di riqualificazione integrata funzionale da inserire nel Parco progetti regionale. Infine, con il PISU-PIST in corso di attuazione. Premetto anche che i consiglieri comunali sono stati invitati a partecipare alle riunioni, tant’è che, venerdì scorso, erano presenti oltre al presidente Trupia, Gibilaro, Di Rosa, Mallia ed infine Patti. La pratica della concertazione non nasce, come ho detto, solo recentemente, ma da oltre 30 anni in sede europea, là dove, la voglia di partecipazione dei cittadini alla “cosa pubblica” al miglioramento dei servizi civici, al controllo sulla gestione degli apparati amministrativi, (ecc.) si è sempre manifestata ed è sentita come un diritto/dovere dal singolo cittadino. In Italia, tutte le città ed i territori in genere, hanno iniziato percorsi concertativi coinvolgendo fette sempre più ampie di organizzazioni, associazioni, organi istituzionali e centri di potere per decidere alcuni aspetti riguardanti la vita della collettività, sia, affrontando i problemi minuti di un quartiere che, quelli più generali sul futuro assetto socio-economico di un territorio/città. Alcune città, più avanti della nostra, sono già alla terza o quarta rivisitazione del loro Piano Strategico, proprio in relazione al confronto con la cittadinanza attiva e verificando che alcuni risultati non sono stati, ad esempio, raggiunti, modificando le impostazioni e postando nuovi obiettivi condivisi. I “tavoli partenariali” sono questo: un utile strumento per il bene comune, in grado di individuare gli obiettivi ed i risultati attesi, le fonti di finanziamento, gli interventi prodotti direttamente dal privato, sia esso impresa o associazione culturale o del terziario. In sostanza, oggi che si lamenta il forte distacco tra istituzioni e cittadino, questo strumento è addirittura necessario per riavvicinare la gente alla cosiddetta “politica”. Le difficoltà in cui spesso si ritrova l’amministrazione possono essere superate grazie alla collaborazione attiva della cittadinanza e delle imprese produttive del territorio. Infine, non vi può essere nessun disegno del futuro della nostra città senza avere chiaro un programma strategico di sviluppo economico e sociale e, dicendo, chiaro, intendo chiaro a tutti, cioè a dire, tutti dobbiamo fare ciò che possiamo fare, avendo all’orizzonte un risultato comune e condiviso, che è il benessere collettivo ed individuale per noi e le generazioni future. In questo senso, nessuna prerogativa istituzionale del consiglio comunale è lesa e ciascun consigliere non può sottrarsi a questa logica e deve dare un contributo per la causa comune.