Sono passati 35 anni da quel tragico 9 maggio ’78.
La primavera del 1978 era stata una stagione carica di tensioni, di conflitti sociali e soprattutto di scontro politico a tutti i livelli. Nel febbraio di quell’anno Roberto Mander, accusato ingiustamente assieme a Pietro Valpreda per la strage di Piazza Fontana a Milano viene mandato al confine politico di Linosa. Funge da testa di ponte l’avanguardia di Democrazia Proletaria e soprattutto RADIO FARACI di Favara che in collegamento con RADIO POPOLARE DI MILANO aggiorna i militanti di tutta Italia sui movimenti di Roberto.
RADIO FARACI è la gemella di RADIOAUT di Cinisi federata con l’allora FRED ( FEDERAZIONE RADIO ED EMITTENTI DEMOCRATICHE) all’interno della quale si raccoglievano tutte le radio alternative sorte spontaneamente e con sacrifici personali dei compagni.
La sera del 5 febbraio 1978, quando arrivo’ il confinato politico Roberto Mander con al seguito tutta la stampa nazionale: da Paolo Liguori ( oggi uomo di punta di MEDIASET ) allora con lo pseudonimo di STRACCIO firmava gli articoli su Lotta Continua, quotidiano di lotta e di controinformazione di quel tumultuoso, caotico e qualche volta contraddittorio periodo politico; Miriam Mafai moglie di Giancarlo Paietta , corrispondente della REPUBBLICA e dell’UNITA’ , quotidiani nazionali; Stefano Chiodi per il PERIODICO l’EUROPEO E l’ESPRESSO , e poi decine e decine di compagni romani e tutta ITALIA dei quali non conoscevamo fino a quel momento l’esistenza.
Furono giorni convulsi e caotici , soprattutto quando io , responsabile dell’Collettivo Proletario e di RADIO FARACI in compagnia di Enzo di Caro mi imbarcai a Porto Empedocle , assieme a tutta la stampa nazionale, per accompagnare Roberto Mander, al confino politico di Linosa e scrivere l’articolo per il Quotidiano dei lavoratori di Milano e soprattutto per potere parlare con i Linosari in lingua siciliana perché in quei giorni avevano mostrato insofferenza contro il boss palermitano Gerlando Alberti.
I giorni scorrevano carichi di tensione e di forte preoccupazione. Il primo segnale che Favara era ritenuta un avanposto del terrorismo l’abbiamo avuto il 16 marzo 1978, quando a Roma, dopo la strage della scorta, viene sequestrato Aldo Moro. Le Forze dell’Ordine non andarono per il sottile e senza dubbio inclusero le avanguardie rivoluzionarie di Favara tra i fiancheggiatori delle Brigate Rosse. Lo verificai subito, allorquando ogni mattina una macchina normale, fin troppo normale, con due uomini a bordo mi affiancavano ad Aragona e mi accompagnavano fino a Casteltermini la sede dove io insegnavo presso il Liceo Scientifico. La cosa si protrasse per un lungo periodo. Intanto quell’anno si dovevano rinnovare i consigli comunali di Cinisi (PA ) e di Favara (AG). A Cinisi capolista di Democrazia Proletaria fu’ posto Peppino Impastato; a Favara fu seguito l’ordine alfabetico e dopo Alba Antonio fu posto Giuseppe Alonge.
Intanto si prolungava il sequestro Moro e cresceva la tensione in tutta l’Italia , soprattutto in quei posti ritenuti sensibili.
Allora era un sacro dovere celebrare la ricorrenza del 25 aprile, per ricordare la Resistenza , che aveva permesso l’abbattimento del nazifascismo e la nascita della Repubblica e la Democrazia in ITALIA. Allora il partito di Democrazia Proletaria stava investendo al sud e in quelle realtà più avanzate nello scontro politico.
Era venuto in Sicilia per celebrare la ricorrenza della Resistenza il Prof. Pino Ferraris, docente di storia contemporanea all’università di Torino e di Camerino. La mattina aveva comiziato a Cinisi la sera alle ore 20:00 comiziammo a Favara in piazza Cavour. Davanti ad una piazza affollatissima aprii il comizio io informando , il compagno Prof. Ferraris sul livello dello scontro di classe che stavamo registrando a Favara e così spontaneamente chiesi che impressione avesse avuto a Cinisi, nel corso della mattinata. Disse pubblicamente e testualmente: Se Impastato non lo fanno fuori prima , sicuramente a Cinisi prenderemo un consigliere.
I giorni a seguire sono sempre più convulsi e sempre più carichi di tensione.
La campagna elettorale procede nella maniera più dura e aspra anche con i compagni del P.C.I.
A livello nazionale la situazione è ormai al collasso .
Moro prigioniero manda lettere alle quali quasi nessuno crede, cresce l’ansia e comincia a serpeggiare la sfiducia che Moro potesse essere salvato . La mattina del 9 maggio, verso le 10:00, mentre ero in classe a Casteltermini, il compagno addetto ai programmi di Radio Faraci, mi chiama al Liceo per comunicarmi che a Roma era stata ritrovata una Renault 4 in via Caetani con il corpo di Aldo Moro.
10 minuti dopo lo stesso telefonista di Radio Faraci mi comunica in maniera imprecisa, che qualcosa di grave era successo a Cinisi. Pensai subito a un attentato a RADIO AUT . Chiamai subito la radio e rispose una voce a me molto sconosciuta , ho chiesto cosa fosse successo e in un attimo intuii che qualcosa di molto grave era successo.
Ho chiuso in fretta la telefonata, visto che l’interlocutore era molto evasivo e parlava a vanvera (era un uomo della Digos ) e chiamai i vertici di D.P. palermitana: Franco Piro,Gaspare Nuccio e Alberto Sciortino che in quel periodo e per molto tempo ancora erano e saranno i punti di riferimento di Democrazia Proletaria Siciliana. Senza mezzi termini e sotterfugi Franco Piro mi comunica , con tono e animo sconvolto, che Peppino Impastato era stato assassinato.
Non un tentennamento , non un pallido dubbio ci colse: per i compagni di D.P. Impastato era stato assassinato. La stampa nazionale era presa nel commentare il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani e aggiungevano, facendo di tutte le erbe un fascio , che a Cinisi un terrorista di nome Impastato stava preparando un attentato sul tratto ferroviario Palermo-Trapani e la bomba lo aveva investito assieme ai binari. Quella sera del 9 maggio 1978 a Favara sfilava un lungo corteo. Avanti si erano posizionati i partiti dell’Arco Costituzionale, dietro ma lungo per almeno 2/3 dell’intero corteo sfilavano i compagni di Democrazia Proletaria che chiedevano giustizia e vendetta per Peppino Impastato.
In piazza Cavour ci fu il comizio conclusivo della manifestazione e l’allora On. La Russa ras locale della D.C. , Filippo Lentini del P.S.I. e il P.C.I. di allora negarono la parola al rappresentante locale di Democrazia Proletaria.
Non ci fecero neanche salire sul balcone del Comune di Favara, noi per loro eravamo i fiancheggiatori degli assassini di Aldo Moro. Facemmo spallucce e ci ritirammo comunque soddisfatti , perché avevamo toccato con mano che l’opinione pubblica, la stragrande maggioranza della gente era con noi e soprattutto era convinta che Peppino Impastato non era un terrorista ma era stato assassinato dalla mafia. Con il cuore spezzato e senza arretrare ci un centimetro andammo avanti nella campagna elettorale. Non nascondiamo che qualche attimo di paura lo abbiamo provato anche noi, ma forti di quell’atmosfera rivoluzionaria che si respirava in tutta ITALIA siamo andati avanti più decisi che mai.
Durante la campagna elettorale i compagni universitari della facoltà di ingegneria portarono a Favara il loro Chiarissimo Prof. di Scienze delle Costruzioni il Prof. Vincenzo Ruisi un’avanguardia intellettuale che gestiva e gestisce tuttora la Scuola e il Sapere in maniera alternativa, diversamente dal rapporto baronale dei vecchi docenti presessantottini. Comiziammo in piazza , parlammo di Cinisi, Radio Aut,di Peppino Impastato, dell’attacco che forze reazionarie stavano portando contro le avanguardie Siciliane.
Le elezioni del 20 e 21 maggio si conclusero con Impastato eletto consigliere post-mortem e a Favara con una mini lista di 10 candidati su 32 raccogliemmo 463 voti uno in meno per raggiungere il quorum e conseguire l’elezione di un consigliere. 35 anni fa nella primavera del ’78 è avvenuto tutto questo, cio’ nonostante non siamo andati a casa, nell’estate giunsero da Cinisi un complesso musicale creato dai compagni di Peppino.
Ricordo che la ballata che cantarono si concludeva: una data un ni scurdamu chidda di lu 9 maggiu .
Bisognava a quel punto togliere l’infamia su Impastato di terrorista sprovveduto.
C’è voluta tutta la pazienza, competenza e scienza del Dott. Prof. IDEALE DEL CARPIO medico legale del Policlinico di Palermo per sbugiardare la versione ufficiale delle forze dell’ordine sulla morte di Peppino. Impastato è stato ucciso due volte, una prima volta nel casolare antistante la ferrovia ed una seconda volta sui binari della Palermo-Trapani. Infine c’è voluta la determinazione di Umberto Santino storico e militante palermitano il quale giorno dopo giorno, passo dopo passo , nonostante le infamie le calunnie e i depistaggi messi in atto dai Servizi Segreti di quell’epoca , è riuscito a dimostrare che un gruppo mafioso la sera o la notte del 8 maggio lo prelevò da casa lo uccisero in un casolare e per simulare l’attacco terroristico lo fecero brillare sui binari della Palermo-Trapani.
Gli anni che seguirono ci videro presenti con pulmans carichi di compagni diretti da Favara a Cinisi per gridare giustizia e ricordare Impastato. Badalamenti boia era lo slogan più ricorrente ed era emozionante l’abbraccio ideale che il popolo Comunista di Democrazia Proletaria rivolgeva a Felicia Bartolotta , madre di Peppino e Giovanni. Ricordo in uno di questi anniversari durante il comizio conclusivo la dichiarazione del Leader di D.P. Mario Capanna che aveva apostrofato il boss don Toro seduto, così lo chiamava Peppino: Badalamenti tu e i tuoi scagnozzi siete bravi negli agguati, ricordati che sei e resterai sempre una minchietta piena d’acqua. 35 anni dopo siamo ancora qua e questa volta con il bravissimo Luigi Lo Cascio e con il regista dott. Marco Tullio Giordana che hanno fatto rivivere sullo schermo le vicende umane e politiche di un giovane che si era ribellato alla società e prima ancora alla mafiosità della sua famiglia.
La sentenza di morte su Peppino Impastato da parte della mafia era stata emessa molti anni prima del 1978.
Lo teneva in vita il padre, il quale volando negli USA aveva avuto assicurazioni che al proprio figlio Peppino non sarebbe successo niente. Di ritorno a Palermo nelle sedi opportune di Cosa Nostra tuonò che fino a quando era in vita lui il suo Peppino era intoccabile.
Più Peppino incalzava con denuncie pubbliche la Mafia più affrettava l’esecuzione del suo verdetto, per cui in un fantomatico e alquanto misterioso incidente automobilistico perse la vita il padre e da quel momento è scattato il conto alla rovescia. Io deliberatamente , non ho visto mai il film Cento Passi, conservo la cassetta , donatami dai miei figli ma oggi sono contento di poter presentare chi magistralmente ha fatto rivivere sullo schermo Peppino Impastato, un rivoluzionario del nostro tempo.
A memoria per non dimenticare: