Ho visto piangere un’anziana donna e supplicare aiuto per la sua famiglia. Non era una mestierante della povertà, anzi potrebbe essere per il suo modo garbato e dignitoso, la madre o la sorella di ognuno di noi.
In piazza doveva necessariamente passarci per andare a casa, c’erano alcuni consiglieri comunali e ne ha approfittato per “supplicare” aiuto. Ciò che vi racconto l’ho rubato orecchiando, mi ha incuriosito l’onestà dipinta nel volto di una madre disperata.
Chiedeva più che un aiuto, un suggerimento ché lei era disponibile a metterci il poco che ha per superare le difficoltà.
Parlava e non recitava di un marito che da dodici anni non lavora per una malattia e che solo da due anni gli è stata riconosciuta l’invalidità e un sostegno economico di 250 euro al mese. Parlava e non recitava di un figlio di venti anni disoccupato che si rifiuta di uscire con gli amici per la sua povertà.
Sembrava che avesse accettato la sua condizione di vita, ma non quella del figlio, ché le scoppiava il cuore solo a citarlo. La famiglia vive da dodici anni assediata dalla povertà. Non hanno mai chiesto aiuto. Lei si è occupata del marito e del figlio amministrando i pochi soldi risparmiati da una vita. La sua storia è identica a quella di centinaia di famiglie di altri nostri concittadini precipitati nel disagio economico.
A mettere alla luce il dramma volutamente nascosto dalle stesse vittime sono stati, indirettamente, l’Aipa e Girgenti acque con le loro recenti azioni per recuperare i crediti. Solo adesso si è saputo che in circa quattromila utenze non hanno pagato per anni. “Non ho strappato le bollette, le ho messe da parte per pagarle appena mi sarebbe stato possibile farlo. Speravo in tempi migliori, invece, le cose sono andate di male in peggio. Cosa dovevo decidere tra l’acquistare le medicine per il diabete di mio marito o pagare le bollette?”
Il suo più recente problema è una rata di 75 euro con scadenza a maggio scorso, frutto della rateizzazione ottenuta da Girgenti acque, che non può pagare. “Adesso mi taglieranno un’altra volta l’acqua, mentre mi dicono che mi pignoreranno la casa per i debiti che ho con l’Aipa”.
Fermiamoci che non voglio commuovere alcuno. Fermiamoci, porco Giuda, a riflettere sui nostri diritti di cittadini e sul diritto alla solidarietà. Fermiamoci a verificare l’attività delle istituzioni, prima tra tutte il Comune, in favore della fascia debole della società.
Possiamo continuare a tenere la testa nella sabbia per non vedere?
Il Comune continua a fare debiti per pagare altri debiti a fronte dell’impoverimento della popolazione costretta alla miseria. Fermiamoci per ragionare, così come fa la protagonista della nostra storia, sulla migliore soluzione per affrontare la prima emergenza di Favara che è la povertà. Ciò che si deve fare facciamolo tutti. Iniziamo a chiedere un maggiore impegno della politica e un diverso modo di amministrare la città.
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1 commento
leggere queste parole fa stare male. a questa donna, se mi sta leggendo o a chi la conosce, consiglierei di chiedere un po’ di aiuto alla san vincenzo, senza timore. Non risolverà tutti i suoi problemi, ma darà un po’ di sollievo e conforto nella massima discrezione, in punta di piedi.
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Caro Piero, la storia ha un lieto fine, che pubblicherò domani, posso anticipare la notizia della soluzione positiva del suo problema.
Con stima
franco