Non si sapeva allora e non si conosce ancora adesso (anche se si è sempre sospettato che fosse un impiegato del suo stesso ufficio) il nome di chi avvertì i nazisti sull’opera di Marrone, il quale il 31 dicembre del ’43 fu destinatario di una lettera riservata del podestà repubblichino di Varese Domenico Castelletti che lo informava dell’apertura di indagini a suo carico, al contempo sospendendolo dal servizio ed invitandolo a rimanere a disposizione delle autorità. Calogero Marrone, pur prevedendo le drammatiche conseguenze di quelle indagini, diede la sua parola d’onore al podestà, promettendogli che sarebbe rimasto a casa e non sarebbe fuggito, come ci si sarebbe normalmente aspettato da chiunque si fosse trovato nella sua posizione. Ebbe pure la possibilità di poter scappare in tempo quando il 4 gennaio del ‘44 ricevette l’accorata ed implorante visita di don Luigi Locatelli, canonico della Basilica di San Vittore, il quale lo informò che era stato firmato nei suoi confronti un ordine d’arresto. Ma Calogero Marrone, dopo un breve ed intenso colloquio sia col parroco che con la moglie, decise di non andarsene, poiché, oltre al valore che attribuiva alla sua parola data, temeva una vendetta dei fascisti nei confronti della sua famiglia. E amaramente puntuali, solo tre giorni dopo, il 7 gennaio, bussarono alla sua porta due ufficiali del Comando Tedesco della Polizia di Frontiera, i quali, armi alla mano e sulla base delle accuse a lui mosse di collaborazionismo con la Resistenza, favoreggiamento nella fuga di ebrei e violazione dei doveri d’ufficio, lo presero e lo portarono dapprima nel carcere di Varese, dove venne torturato, ed in seguito, dopo essere stato rinchiuso in vari istituti penitenziari ed aver subito un breve periodo di detenzione nel lager di Bolzano-Gries, fu definitivamente deportato nel tristemente noto campo di sterminio tedesco di Dachau, dove morì di tifo il 15 febbraio del 1945, “quando stava per sorgere il sole della libertà”.
Il 27 gennaio del 2003, in occasione della “Giornata della Memoria”, all’interno del Parco di monte Po a Catania sono state piantate tre querce ed una di esse è stata dedicata proprio a Calogero Marrone, del quale inoltre è in corso, presso l’apposita commissione del museo Yad Vashem di Gerusalemme, l’istruttoria per il riconoscimento di “Giusto fra le Nazioni”, titolo riservato esclusivamente a chi ha compiuto particolari azioni di soccorso ed aiuto a favore degli ebrei in fuga dal nazismo. Dunque, Calogero Marrone come Giorgio Perlasca, come Oskar Schindler.
Antonio Fragapane
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Calogero Marrone, un “giusto” dimenticato (parte seconda)
By vedisotto3 Minuti di lettura