Come sarà successo a molti di voi da un po’ di tempo a questa parte, anch’io mi sono ritrovato nella inedita situazione di conoscere, dialogare, comunicare e infine apprezzare persone a me completamente sconosciute, poi divenute nel tempo amici, e non solo di click! Complice l’ormai celeberrimo social network Facebook, quasi un anno fa mi sono imbattuto in un nome nostrano, un agrigentino che in seguito ho scoperto non vivere più da anni ad Agrigento e col quale è subito iniziato uno scambio di idee, informazioni e impressioni sì telematico ma allo stesso tempo reale. Lui è Pippo Russo, professore all’Università di Firenze e, come egli stesso si definisce, “scrittore, sociologo, giornalista, visitatore di vite altrui”. Lo abbiamo incontrato (sempre virtualmente ovviamente) e ci siamo fatti raccontare un po’ della sua vita, del suo lavoro e delle sue future attività. Ecco cosa ci ha riferito.
Buongiorno professore, i lettori agrigentini saranno sicuramente interessati alla sua storia. Dunque, da Agrigento si è trasferito a Firenze, dove insegna presso l’Università della città: è stato un bel passo. Quale è stato il percorso che l’ha portata nella città dei Medici?
Sono a Firenze dal 1997 perché vinsi una borsa di dottorato in Sociologia Politica. E lì sono rimasto a vivere con mia grande soddisfazione, perché è una città che ho amato profondamente da subito.
A Firenze, oltre all’insegnamento si dedica anche alla scrittura di romanzi: in particolare, mi viene in mente il personaggio di Nedo Ludi, al quale lei sembra molto legato ed al quale si sta nuovamente dedicando. Ce ne vuole parlare?
Nedo Ludi è un personaggio immaginario, ma la sua vicenda è calata nella realtà del calcio italiano e dell’Italia nel periodo compreso fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Un periodo di grandi mutamenti, in cui si celebrava uno scontro fra Vecchio e Nuovo che assumeva i toni della Grande Promessa d’Innovazione. Ciò che poi, purtroppo, si sarebbe rivelato un Grande Inganno. Un pezzo di questo scontro fra Vecchio e Nuovo avveniva nel calcio, col confronto fra il gioco “a uomo” e quello “a zona”. È in questo contesto che si sviluppa la storia di Nedo Ludi, uno stopper dell’Empoli che si trova tagliato fuori dall’arrivo di un nuovo allenatore che impone alla squadra il gioco a zona. E, come è noto, il ruolo di stopper è il primo a essere “darwinianamente espulso” dall’avvento della zona. A partire da questa situazione Nedo inventa una congiura degli stopper contro il calcio a zona, facendo leva soprattutto su un destino che gli viene dal nome e dal cognome. Nedo Ludi è infatti l’italianizzazione di Ned Ludd, il mitico operaio tessile inglese che un giorno di fine Settecento distrusse due macchine industriali perché esse toglievano il lavoro all’uomo, e dalla cui leggenda nacquero i movimenti luddisti. Tutto quanto viene ricondotto dentro una rilettura della storia d’Italia, e di quella fase cruciale di passaggio. Ciò che fa di “Il mio nome è Nedo Ludi” un romanzo storico, e che ne ha fatto un libro di culto. In questi quattro anni ho toccato con mano l’affetto dei lettori per Nedo e la sua storia. È stato questo affetto a farmi decidere di scrivere un sequel del romanzo, cosa che fino a luglio dell’anno scorso pensavo di non dover far mai. Ma poi, quando ho inaugurato il “Nedo Ludi Fans Club” su Facebook, e ho visto quale valanga di iscritti si fosse registrata (adesso si va verso i 1.300), ho capito che dovevo farlo.
continua…
Antonio Fragapane
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