“Agrigento è la capitale della disoccupazione giovanile e matura, è la capitale del lavoro nero, dell’emigrazione delle imprese e dei giovani. E’ la capitale dei politici che dovrebbero porsi il problema di come uscire dal tunnel e, invece, aspettano il vento della ripresa economica che attraversi lo stretto di Gibilterra o il canale di Suez”. Il fiume in piena è di Piero Mangione, segretario provinciale Cgil Spi, che commenta la festa di domani, nell’agrigentino, dedicata al lavoro e ai lavoratori.
“Nel nostro territorio – continua Mangione – si rivive il deserto dei tartari che morirono di vecchiaia aspettando un nemico mai arrivato. Nel nostro caso di aiuti mai arrivati per la ripresa che non c’è.
L’economia soffre il male della burocrazia e della mafia, mentre il popolo costruisce il suo destino con il voto”. E’ un pessimismo senza vie di fuga, ma è l’esatto quadro dell’attuale situazione, che si ripete nei decenni con diversi aspetti ed unico risultato quello di una popolazione condannata alla povertà per assenza di una valida guida politica. Chi ci salverà?
“Faccio affidamento – continua Mangione – agli uomini di cultura e ad un loro possibile coinvolgimento. Dobbiamo rinnovarci e prendere coscienza che il destino di un popolo è nelle stesse mani del popolo. In questo senso, la chiesa di Papa Francesco porterà sicuramente novità positive, ma è un processo lento a fronte di gravissime emergenze. Domani, intanto, festeggeranno il Primo Maggio i circa 122mila lavoratori regolari tra autonomi e dipendenti a fronte di una popolazione di 445mila abitanti. Sono cifre che la dicono lunga sulle dimensioni del lavoro nero, che si stima intorno alle 50mila unità, di disoccupati in cerca di lavoro e di altri che hanno perso la speranza e si sono arresi. Credimi non abbiamo nulla da festeggiare”.
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