Silp Cgil
Questo appuntamento sui temi dell’immigrazione e dell’asilo, fortemente voluto dal Silp CGIL, arriva durante il semestre italiano di presidenza dell’Ue. Qualche giorno fa, al termine del primo vertice, Renzi ha dichiarato che “”Mare Nostrum continua perché siamo un popolo civile che non manda alla deriva i bambini … che la gestione politica di questo passaggio richiede una maggiore presenza in Libia e un maggiore investimento da parte dell’Europa da parte di Frontex ….””. Le medesime richieste le ha avanzate il titolare del Viminale Angelino Alfano martedì 8 luglio durante la riunione di tutti i Ministri dell’interno europei, chiedendo che Frontex sostituisca Mare Nostrum. La risposta immediata della Commissaria europea Cecilia Malmstrom è stata negativa: Frontex – ha dichiarato – è una piccola agenzia e non può subentrare” a Mare Nostrum, che è “vasta e costosa”. Poi ha aggiunto che sarà disponibile a sedersi con noi e Frontex per definire esattamente quale sia la stima di cosa potrebbe servire e una volta che sapremo in modo più preciso cosa serve, potremmo andare dagli stati membri. Allo stato considerato che sono solo 8 o 9 i Paesi che si prendono tutta la responsabilità vi è soltanto una esortazione verso gli altri Stati a fare di più in termini di accoglienza.
In sintesi: nulla di fatto. La necessità di agire in modo coordinato a livello europeo è continuamente sollevata, a parole. Ma a questo non seguono i fatti.
Nel frattempo la guardia costiera libica ha informato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) della morte di 12 persone, trovate su una barca al largo di Tripoli. Sono 3 cittadini siriani – una donna e i suoi due bambini – 3 eritrei e sei persone ancora da identificare.
Noi siamo consapevoli che essere alla guida della presidenza dell’Unione europea è un notevole impegno e bene ha fatto il Governo a porre le politiche dell’immigrazione al centro dell’agenda del semestre. Tuttavia siamo altrettanto consapevoli che fin quando la vita di queste persone, come ci ha ricordato Papa Francesco all’inizio del suo pontificato nella sua visita a Lampedusa, non verrà riconosciuta come meritevole di attenzione, la soluzione al problema immigrazione e asilo rimarrà un obiettivo difficile da centrare anche in questo semestre di presidenza. L’Europa non è costruita attorno ai bisogni degli uomini ma attorno alle regole della finanza e dell’economia e non è facile contrastare una certa “”globalizzazione dell’indifferenza””, che ha finito per negare un connotato della storia dell’Umanità ribadito anche dall’ONU: il diritto a Migrare.
Ciò che è chiaro invece è che occorre assolutamente cambiare passo ma in Italia finora ha prevalso il confronto polarizzato tra accoglienza e rifiuto ed il quadro legislativo europeo (Regolamento Dublino) e nazionale (L. Bossi – Fini) ha finito per marcare questo conflitto.
I numeri.
I dati come è noto ci dicono che nei primi sei mesi dell’anno sono già arrivati sulle coste siciliane oltre 60 mila profughi: 10 mila in più di quelli arrivati durante tutto il 2013… e le previsioni parlano che alla fine dell’anno si toccherà quota 100 mila arrivi. Le operazioni di soccorso ci costano 9 milioni di euro al mese, a fronte di 9,5 milioni che l’Europa destina all’Italia nell’arco di un anno.
Questi numeri vanno però contestualizzati. Soprattutto, bisogna capire chi sono davvero le persone che arrivano, cos’è Mare Nostrum e il lavoro delle forze di polizia impiegate nello scenario operativo e quali sono le strade da seguire.
Innanzitutto vorremmo ribadire che non si tratta di un’emergenza in termini numerici, ma di un’emergenza umanitaria operativa. L’arrivo di 60 mila persone via mare (tutte attraverso un punto d’entrata geografico molto limitato in tempi ravvicinati) rappresenta una sfida operativa e umanitaria soprattutto per le forze impegnate sul campo. In questo scenario la mancanza di un piano nazionale complica l’intervento e lascia le forze di polizia e gli altri operatori impegnati nei soccorsi a gestire da soli tutte le operazioni, dal trasbordo all’identificazione fino al trasferimento e alla vigilanza presso i centri di prima accoglienza da cui spesso si allontanano per eludere il fotosegnalamento.
Ritornando ai numeri non si può parlare di “invasione”. 60 mila arrivi rappresentano un numero importante, ma certamente non eccezionale per un sistema paese di 60 milioni di abitanti anche rispetto a quanto accade in altri paesi europei: ad esempio la Germania nel 2013 ha registrato 126 mila richieste asilo e continua a rappresentare la meta più ambita dai richiedenti asilo, attratti dai benefit del robusto welfare teutonico, la Francia ha ricevuto 65 mila domande, come pure la Svezia e il Regno Unito che rispettivamente hanno avuto 54 mila e 30 mila richieste di protezione internazionale. In Italia nel 2013 le domande sono state 28 mila. Numeri che diventano più residuali se paragonati a quanto accade in paesi extra UE: ad esempio in Libano, paese di 4 milioni di abitanti, ospita 1 milioni di rifugiati siriani.
Va anche ricordato come per anni l’Italia abbia permesso l’ingresso per lavoro di oltre 170 mila persone all’anno nell’ambito dei flussi e dal 2009 il Governo ha autorizzato due sanatorie i cui richiedenti sono stati oltre 429 mila persone …. ma questa è un’altra storia..
– Chi arriva
I rifugiati e richiedenti asilo non possono essere confusi con il tema della migrazione economica in generale. Ma se è questa l’intenzione della norma, in concreto, l’Italia non può contare su un coordinamento basato sulla responsabilità e sostenuto da strumenti europei comuni.
Il primo dato allarmante è rappresentato dai bambini in aumento: i colleghi e poi le cronache ci descrivono l’odissea di bambini stretti l’uno all’altro su barconi in avaria e squassati dal mare in tempesta. In un recente recupero la fregata Grecale della Marina militare ha sbarcato al porto di Augusta 488 profughi tra cui 133 bambini siriani – i più piccoli di pochi anni, i più grandi adolescenti e 62 donne in fuga dalla Siria. Da lì in tre anni di guerra civile in 7 milioni sono dovuti fuggire e ora oltre un milione e mezzo di profughi sono ammassati al confine con il Libano in attesa di raggiungere l’Europa. Ma i minori non accompagnati arrivano anche da Egitto, Eritrea, Mali, Nigeria… e cercano di raggiungere i paesi scandinavi (in massima parte gli eritrei). Purtroppo il loro futuro è incerto: cercano di non farsi identificare perché hanno paura delle strette regole del trattato di Dublino che li consegna, in quanto rifugiati, al Paese d’ingresso. Il problema per molti è come arrivarci. Il presidente della commissione regionale antimafia Siciliana Nello Musumeci ha dichiarato che “”i ragazzi e le ragazze quasi tutti in età adolescenziale dopo aver vagato nei primi giorni nei centri abitati e nelle campagne, finiscono nelle mani di spregiudicati dediti allo sfruttamento della prostituzione, allo spaccio di droga o al lavoro stagionale nei campi agricoli, vittime del caporalato””.
I dati forniti dal Ministero dell’Interno ci dicono che al 31 marzo c’erano 5899 minori registrati nelle comunità in Italia, ma di questi circa 2000 erano già irreperibili e si profilano vari scenari di rischio, dai trafficanti umani ai gruppi di pedofili al traffico d’organi. E’ di questi giorni la notizia dei quotidiani che parla di controlli effettuati all’interno dei Centri che ospitano i minori non accompagnati riscontrando irregolarità tra il numero di ragazzi presenti e quello degli elenchi forniti.
In generale rispetto agli anni passati i flussi sono sempre più caratterizzati dalla presenza di Eritrei, Siriani e Somali, anche se i dati registrano che in Italia le richieste di protezione sono state presentate soprattutto da nigeriani (3580), pakistani (3310) e somali (2885). Assolutamente trascurabile è il dato dei siriani che preferisce raggiungere il nord Europa (dati 2013).
Su uno stesso barcone, oltre ai richiedenti asilo, ci sono altri gruppi vulnerabili: donne incinte o vittime di tratta. Non abbiamo riscontrato la presenza di pericolosi terroristi come a spot la Lega continua a paventare.
– Mare Nostrum e Forze dell’ordine.
Mare Nostrum va senz’altro nella giusta direzione e affronta in modo efficace un’emergenza umanitaria ma deve essere affiancata anche da altre soluzioni. Infatti se da una parte salva migliaia di vite umane, ha finito per moltiplicare il numero di persone che, costrette unicamente a rivolgersi ai trafficanti di morte, si avventurano su imbarcazioni fatiscenti con costi e rischi elevatissimi per raggiungere l’Europa. Infatti il punto non è tanto quanto ci costi l’operazione in sé (e una volta tanto potremmo dire che sono soldi spesi bene perché salvano migliaia di vite umane), piuttosto quanto sia alto il numero di persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo in questi anni (700 morti solo nel 2013) e che continuerebbero a morire senza Mare Nostrum.
Su questo versante l’arresto dei giorni scorsi da parte della Polizia di scafisti accusati di aver trasferito migliaia di profughi è per noi del Silp la dimostrazione evidente dell’importante e continuo lavoro svolto dalle forze dell’ordine. Il sequestro di ingenti somme a carico degli arrestati provano che l’operazione Mare Nostrum sta dando risultati apprezzabili anche nel contrasto all’immigrazione clandestina. Ma non si può chiedere alle forze dell’ordine di fare sempre di più con minori risorse. Per quel che concerne l’immigrazione è tempo che si definiscano le competenze e gli spazi operativi in particolare per la Polizia di Stato su cui grava il maggior peso sia degli sbarchi che della gestione burocratica dell’immigrazione. La Polizia deve potersi occupare di servizi più tipici, invece la parte preponderante dei servizi connessi all’immigrazione è la gestione delle pratiche amministrative.
Come categoria l’8 luglio a Milano abbiamo portato il nostro grido di allarme e di dolore perché quotidianamente, in ogni angolo del Paese, le donne e gli uomini del comparto Sicurezza vengono bistrattati. Tuttavia, senza alcun riconoscimento da parte del Governo, continuano con grande responsabilità a servire il Paese garantendo la sicurezza con vere e proprie alchimie attesi i devastanti tagli che hanno colpito il settore e che hanno completamente annullato ogni possibilità di continuare a lavorare delegittimando la dignità, professionale ed umana, di tutti gli operatori. D’altra parte lo vediamo anche qui a Porto Empedocle, ad Augusta a Pozzallo il personale di Polizia spesso è costretto a eseguire le operazioni di trasbordo e identificazione in condizioni precarie a causa della mancanza o inadeguatezza del materiale sanitario per la prevenzione dei rischi biologici; a volte, a seconda della struttura, non vi sono servizi igienici per gli operatori ovvero si è costretti a condividere quelli mobili all’esterno utilizzati da centinaia di migranti senza un lavabo dove lavarsi adeguatamente le mani come prescrivono le stesse circolari diramate dal Ministero dell’Interno per la prevenzione dei rischi, ma come, semplicemente, indica il buon senso. Senza voler innescare ulteriori allarmismi occorre dare risposte ai colleghi che di fronte a questo scenario sempre più complesso insistentemente chiedono accertamenti sanitari più accurati e misure di profilassi per gli appartenenti alle forze dell’ordine.
Non ci risulta affatto che i colleghi assegnati a mansioni a “”rischio”” siano preventivamente monitorati. Queste rassicurazioni sono smentite dai casi di TBC accertati in senso a Questure siciliane. Inoltre da quando è iniziata l’operazione mare nostrum le Questure e Prefetture competenti per gli sbarchi non sono state potenziate, anche per quanto riguarda l’ordine pubblico che ne deriva. Così il personale si fa carico dell’accoglienza, dell’accompagnamento e della gestione dei migranti, anche con insormontabili difficoltà. Le condizioni per le colleghe e i colleghi sono state e permangono tuttora inaccettabili di fronte a una consistente mole di lavoro che se non ripartita in più adeguati carichi di lavoro risulta insostenibile. Tutto ciò a fronte dei regolari tagli di straordinario, che però si è costretti ugualmente a lavorare per completare le operazioni intraprese… (i segretari locali mi segnalano di turni di servizio anche di 18 ore), o alla mancata fruizione del diritto al riposo settimanale per non parlare del recupero psico-fisico… argomenti scomodi.
Poi c’è il capitolo dei migranti che riescono a non farsi identificare eludendo il regolamento Dublino III per poter richiedere asilo nei paesi del nord Europa: fuggono dalle strutture di accoglienza e arrivano ad affittare autobus per Roma o Milano sostenendo ulteriori e gravi costi. Per i tantissimi che raggiungono ad esempio la Capitale, non potendo utilizzare canali ufficiali trovano unica accoglienza presso i propri connazionali che risiedono in palazzi occupati come l’ormai noto “”Selam Palace”” che versano in condizioni fatiscenti senza alcun requisito sanitario, igienico o fognario. Ovviamente i nuovi arrivati non sono visitati da un medico, né sono dati loro nuovi vestiti e così capita non di rado di trovare persone ancora coperte dalla salsedine e con i vestiti e la pelle macchiata e bruciata dalla benzina delle barche e anche scalzi. A volte addirittura sono interi gruppi com’è capitato per 121 profughi provenienti da Taranto che sono giunti alla stazione di Roma totalmente disorientati e in condizioni drammatiche che la Questura ha assistito. Alcuni di loro dopo qualche giorno riesce a riprendere il viaggio, ma la maggior parte è così debilitata che non riesce a ripartire subito. Molti hanno finito i soldi e devono metterne da parte altri o ricorrono ad amici e parenti che li mettono in contatto con i connazionali che vogliono raggiungere in Europa. Generalmente su 50 persone che arrivano a settimana, solo 20 se ne vanno mentre gli altri vanno a ingrossare il numero degli stanziali in palazzi già allo stremo. Di tanto in tanto taluni si spostano e vanno a occupare altri palazzi con importanti ripercussioni per l’ordine e la sicurezza pubblica di Roma come di altri grandi centri e, ovviamente, degli operatori della sicurezza.
I numeri delle persone accolte che sono resi noti annualmente ci dicono come i progetti incidano positivamente o meno sulla vita dei migranti e sulla società intera. Investire in una prima accoglienza significa, infatti, ridurre i rischi che, in una fase successiva, impediscano di precipitare in una situazione di irregolarità. E’ nella primissima fase che ci si gioca la partita anche e soprattutto sul piano sociale. In altre parole l’accoglienza è utile anche per poter investire sul futuro, altrimenti non si giustificherebbe la quota di welfare che altri stati destinano a ciò.
Allora quale alternativa dare a chi s’imbarca: fino ad oggi il nostro intervento lungo il percorso migratorio attraverso le cd. politiche di sostegno a favore dei migranti è consistito esclusivamente nell’offerta di incentivi per combattere l’immigrazione irregolare e il nostro aiuto è stato sempre più condizionato alla loro firma di accordi di riammissione dei migranti giunti irregolarmente. Pressapoco funziona così anche per gli accordi per i rimpatri assistiti che funzionano solo con Tunisia, Egitto e Nigeria.
L’alternativa a chi si imbarca è permettere di fare domanda d’asilo nei luoghi di transito, la Libia per i tanti africani o il Libano e la Giordania per i 3 milioni di rifugiati siriani. Su questo punto può intervenire l’Europa presso le ambasciate o gli organismi internazionali per accogliere e vagliare le domande di asilo, in modo che “chi ha bisogno di protezione vada nei vari Paesi in modo legale senza rischiare la pelle in mare “. Un modo efficace, non solo per evitare di rendere indispensabile l’esistenza dei trafficanti, unico modo per i migranti di raggiungere l’Europa, ma si potrebbe verificare sin dai confini chi può raggiungere il nostro Paese evitando nel frattempo di mettere a rischio la sicurezza dei nostri operatori in uno scenario veramente fluido e incontrollabile.
Per cambiare passo – Conclusioni e proposte.
Ricapitolando chiediamo al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in qualità di Presidente di turno dell’UE, di proporre: 1) l’apertura immediata di canali umanitari anche con il coinvolgimento di organismi internazionali; 2) costruire un nuovo patto tra gli Stati membri con l’obiettivo della rivisitazione della convenzione Dublino III che blocca i rifugiati nel primo Paese dove approdano; 3) implementare subito un Piano Nazionale per l’Accoglienza, attraverso un coinvolgimento non solo degli enti locali e delle regioni, ma anche delle associazioni e degli enti di tutela; 4) Avere una politica estera che integri efficacemente la gestione dell’immigrazione nei piani di cooperazione con i paesi terzi.
Il cambiamento, a nostro parere, parte da un governo del fenomeno che deve uscire dall’ottica emergenziale che non risponde ai bisogni di accoglienza dei richiedenti asilo né tantomeno degli operatori delle forze di polizia che dovrebbero identificare e/o “”trattenere”” coloro che in massima parte vivono l’Italia come un luogo di approdo e di transito alla volta dei paesi del nord Europa. D’altra parte il fenomeno è previsto e prevedibile e costantemente monitorato dalle organizzazioni internazionali attive nel campo dell’asilo e della protezione.
Per quanto riguarda l’accoglienza infine, il nuovo patto in Europa saprà rispondere alla sfida se proiettato sull’integrazione prevedendo un percorso lineare tra la prima accoglienza, seconda accoglienza, autonomia lavorativa e alloggiativa. L’esperienza positiva da cui partire e quella del sistema SPRAR, nel quale oggi sono coinvolti i comuni e le Regioni.
E’ positiva la scelta del Governo di estendere la capienza a 20 mila posti (dichiarazioni del Pref. Morcone – Capo del Dipartimento Libertà Civili), ma occorre dare ossigeno al sistema coinvolgendo molti altri enti locali e attuando una pianificazione adeguata e soprattutto una copertura finanziaria certa. Allo stato ancora tanti servizi di sostegno per i migranti sono lasciati al prezioso lavoro della Caritas, del sindacato o dell’associazionismo che si trovano a sopperire la superficialità e l’approssimazione delle soluzioni proposte a livello centrale.
La condizione per agire efficacemente è l’unificazione dei vari sistemi che abbiamo e che spesso non comunicano neanche tra di loro. Analogamente attraverso gli strumenti europei già in essere come l’Agenzia Frontex si potrebbero proporre protocolli di mediazione per facilitare l’iter della domanda di protezione internazionale e velocizzare la verifica delle condizioni soggettive per esercitare il diritto all’unità familiare in ambito europeo.
Come Segreteria Nazionale siamo pertanto grati alle strutture della CGIL regionale e del SILP per aver organizzato questo evento che ha lo scopo trattare fenomeni così delicati e complessi, troppo spesso oggetto di strumentalizzazione che lascia il dibattito a convenienze elettorali. Il governo dell’immigrazione deve basarsi invece sulla constatazione che la migrazione genera numerosi benefici per un paese come il nostro, con un’economia stagnante, una demografia debole, una bassa mobilità e restio a confrontarsi con altre culture nonostante sia immerso in dinamici processi di globalizzazione. E’ ovvio che l’incontro e il confronto tra cittadini e migranti, con esperienze personali, condizioni di vita e radici culturali diverse fa sorgere inevitabilmente delle criticità. Ma i vantaggi e gli svantaggi delle migrazioni vanno governati per aumentare i primi e attenuare i secondi assicurando che la migrazione sia un gioco a somma positiva tenendo conto della pluralità degli attori coinvolti: i migranti (rifugiati e richiedenti asilo, familiari, lavoratori, studenti ecc.), le istituzioni sia pubbliche che private chiamate a interagire con i migranti e tutto il corpo sociale. Occorre considerare che il fenomeno è assolutamente trasversale e non interessa un solo comparto della società. In ogni caso ogni azione di governo dell’immigrazione deve ispirarsi a obiettivi di lungo periodo sottraendosi a considerazioni congiunturali, consapevoli che le scelte che si faranno nel futuro riguarderanno tutti noi.”
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Migranti: Silp Cgil – Relazione al convegno di Agrigento “Sicuramente accoglienza”
By vedisotto16 Minuti di lettura
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