“Basta con le chiacchiere da bar, vieni anche tu il 26 alle ore 18.30 nell’aula consiliare a supportare la mozione di sfiducia a Manganella”. Il particolare invito “preso in prestito” da facebook è di Giuseppe Lentini di Riformisti socialisti.
E di chiacchierare si è chiacchierato e pure troppo. Chiacchierare sta, ovviamente, a lamentarsi per una situazione politica che è approdata per la prima volta, con la legge elettorale dell’elezione diretta del sindaco, alla mozione di sfiducia. In passato non sono mai arrivati oltre allo sventolare la sfiducia, mai a presentarla e discuterla in Consiglio comunale.
Ora, gli attori della politica sono due: l’amministrazione formata dal sindaco, dalla Giunta e dal Consiglio comunale e i cittadini.
Non c’è dubbio che il primo attore, la politica, ha già studiato la parte che deve recitare. Una potrebbe essere l’assenza. I dodici consiglieri che formano la maggioranza potrebbero non presentarsi e rendere perfettamente inutile il dibattito su una mozione che necessita l’approvazione di venti consiglieri su trenta.
L’altra ipotesi è quella del restare in aula e votare contro la proposta di sfiduciare Manganella. Anche in questo caso a vincere sarà chi sostiene il sindaco. In dodici voterebbero “no”, qualche altro per non dispiacere a Manganella, potrebbe astenersi o non presentarsi in aula, in modo da avvicinare quanto possibile il bilanciamento tra i “si” e i “no” e salvare l’immagine del sindaco.
Queste potrebbero essere le recite della politica, assente in popolo, che si lamenta e non muove un dito.
Diversamente, se la gente decidesse di partecipare in massa per assistere ai lavori del Consiglio comunale, cambierebbe inevitabilmente lo scenario, ché una cosa è la folla passiva che se ne fotte e un’altra è il popolo interessato che vuole partecipare più che alla sfiducia ad una resa dei conti e, se vogliamo, al vero conto consuntivo di questi tre anni di governo cittadino.
Le scuse del momento valgono zero. “Non ci vado perché so come finirà”, “non partecipo perché sto meglio se non li vedo”, “a Favara non cambierà mai nulla” e altro ancora che ha fatto in modo di rendere estremamente facile alla politica di scaricare sulla gente, tanto non parla e non ci sta a guardare.
Varrebbe la pena, invece, provare il metodo “Abate”, quello che durante un incontro con la città promosso dal sindaco, portò Totò Abate alla fine del discorso di Manganella e altri, di alzarsi e chiedere gridando dal fondo della sala del Collare, “ma, iu stasira a me mà chi ci cuntu?” ed è stato il migliore intervento della serata. Allo stesso modo noi cosa racconteremo domani ai nostri familiari e, in particolare, ai nostri figli a fronte del disinteresse che dimostriamo, oggi, sulla cosa pubblica.
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