A questo punto però la Tabbuso si ritrova suo malgrado a vivere in una condizione sportiva surreale, decisamente all’italiana: a causa del divieto tutto nostrano che impedisce alle donne di poter boxare ufficialmente su un ring, per poter gareggiare è costretta a tesserarsi per una federazione straniera, e lei sceglie quella tedesca. Il suo potrebbe essere considerato il primo caso di “guantoni” in fuga. E la questione farebbe anche sorridere se non ci fosse stato un evento che ha sportivamente ridicolizzato il nostro paese. Era il 1997 e al Palalido di Milano era stato organizzato l’incontro valevole per il titolo europeo dei pesi mosca. L’italiana Maria Rosa Tabbuso contro l’inglese Michelle Sutcliffe. Tutto era pronto, le atlete erano già sul ring ma all’improvviso accade l’inimmaginabile: venne comunicato agli increduli presenti che l’incontro non sarebbe stato più disputato perché il Ministero della Sanità e il Coni avevano espresso parere contrario. Troppo pericoloso, quindi tutti a casa, organizzatori, atlete e spettatori compresi.
Bisognerà attendere il 2001 per vedere abolito l’anacronistico divieto e il 2002 per poterla nuovamente ammirare nel suo habitat naturale, il ring. E la lunga attesa è stata decisamente ripagata. Il 29 novembre di quell’anno, infatti, a Grosseto Maria Rosa vince il titolo continentale EBU “Supermosca” sconfiggendo in un incontro memorabile l’ungherese Viktoria Milo. Titolo che difende egregiamente e con forza l’anno successivo, sempre a Grosseto e sempre contro un’ungherese, Reka Krempf. La Tabbuso è rimasta iridata europea fino al 2010, quando ha rinunciato al titolo per poter coronare il suo sogno: disputare il mondiale. E sulla sua appassionante storia – insieme a quella del pugile di origine rom Michele di Rocco – è stato anche girato un documentario, Oltre il ring, presentato nel 2009 con grande successo di pubblico e di critica al Festival Internazionale del cinema sportivo di Milano, tanto da aggiudicarsi la “Menzione d’onore” della giuria: la nostra protagonista sembra destinata a vincere, qualunque cosa faccia.
A breve Maria Rosa diventerà anche istruttrice di boxe in due palestre romane e, ovviamente, continuerà come sempre a curare le sue clienti e a combattere sul ring. Oggi (suo terzo record) risulta essere l’unica “pugilessa” italiana professionista che a quarantaquattro anni è ancora in piena attività agonistica. Lei, disarmante, dice che tutto quello che fa non lo avverte come un sacrificio ma al contrario la passione che ci mette la esalta a fare ancora e sempre meglio. Hanno proprio ragione i tecnici della boxe europea: la Tabbuso non ha punti deboli. O forse si. Infatti, solo quando si parla della sua amatissima Sicilia la campionessa si scioglie, tra ricordi passati e speranze di poter ritornare in futuro a vivere sull’isola. Qui raggiunge l’adorato padre anche cinque o sei volte l’anno, apprezza – da ottima forchetta – le prelibatezze di casa nostra, incontra i tanti amici e corre ogni giorno, attraversando più volte le varie contrade sabettesi. La tenace coiffeur dai pugni proibiti e dal k.o. facile ha probabilmente un inaspettato punto debole, che di sicuro non faremo mai conoscere né ai tecnici né alle sue prossime avversarie.
Antonio Fragapane
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Maria Rosa Tabbuso, la pioniera del ring (parte seconda)
By vedisotto3 Minuti di lettura