Pino Sciumè
Dovrebbe arrivare oggi la pronuncia della Corte Costituzionale per l’ammissibilità del referendum sull’abrogazione della c.d. legge Fornero. Per intenderci quella legge escogitata dalla mente sopraffina (tanto per usare un eufemismo) del professore Mario Monti chiamato dall’ormai ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel novembre del 2011, a sostituire l’estromesso governo Berlusconi con metodi che la storia giudicherà più o meno legittimi dal punto vista democratico e repubblicano.
Di certo possiamo constatare le terribili conseguenze che quel provvedimento, peraltro votato dai più grandi partiti, ha provocato nell’immediato a centinaia di migliaia di lavoratori che dalla sera alla mattina si sono visti allontanare il loro sacrosanto diritto di godersi l’agognata pensione dopo una vita di lavoro, di stenti, di sacrifici e soprattutto dopo aver versato nelle casse dello Stato elevatissimi contributi previdenziali.
Come si fa a non ricordare la ministra nella sceneggiata dell’annuncio dato alla nazione, ammannito di lacrime e singhiozzi (finti) e la battutina sulle spalle del suo maestro? Da oggi in poi, piagnucolò, andrete in pensione un pochino più tardi… fatevi forza, lavorerete per altri sette anni! L’Italia sta affondando, Ma col vostro sacrificio arriveremo ad attraccare trionfalmente la nave in un porto sicuro!
Ancora adesso una vastissima platea di lavoratori, in un’età compresa tra i 58 e i 63 anni, piangono lacrime di sangue (vere) per una pensione rinviata d’imperio e quasi sine die con la beffa di non sapere che superati i 35 anni di contributi, l’assegno pensionistico rimane quasi sempre lo stesso. Ma quella beffa era stata preparata molto tempo prima perché il provvedimento non fu presentato come una semplice legge del Parlamento, bensì come legge di risanamento del bilancio dello Stato per blindare di proposito la macelleria sociale studiata a tavolino. Spieghiamo con un esempio. Chi ricorda gli anni del catechismo saprà che un peccato per essere definito mortale doveva avere, tra l’altro, una caratteristica molto precisa: il deliberato consenso. Ebbene, l’art. 75 della Costituzione vieta che le leggi tributarie e di bilancio vengano sottoposte al referendum abrogativo. Ecco perché in questi giorni l’ineffabile e serenissima signora Fornero si dice certa che la “sua” legge verrà salvata dalla Consulta.
Naturalmente non la pensa così la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani, i promotori del referendum che hanno avuto il coraggio di raccogliere oltre 550 mila firme (la Lega Nord di Salvini), la CGIL, la UIL, l’UGL, e quasi tutti i partiti, compresi coloro che hanno fatto sgorgare le lacrime della Fornero.
Nel lontano 1968, l’allora ministro socialista Brodolini fece introdurre la pensione di anzianità, che la ministra ha cancellato optando per la sola pensione di vecchiaia, e la Corte non intervenne sulla incostituzionalità di quella conquista sociale ottenuta dal mondo del lavoro. Gli 80 miliardi che sono stati consolidati nel bilancio dello Stato, si vadano a cercare nelle tasche piene e non in quelle miseramente vuote di chi ha lavorato con dignità per condurre una vita appena compatibile con il resto dei giorni che ci separano dal riposo eterno