Marocchini, tunisini, senegalesi, le maggiori presenze di migranti nell’agrigentino, li conosco quasi ad uno ad uno, da almeno trenta anni.
Si sono organizzati con gli autobus e ieri hanno partecipato alla marcia della pace più numerosi degli autoctoni.
“Sono stata vittima di bullismo a causa del velo che porto come copricapo, ma non mi sono scoraggiata e grazie all’aiuto degli insegnanti, ho vinto. Porto il velo nel rispetto della mia fede e sono italiana. Sono orgogliosa di essere musulmana, allo stesso modo sono orgogliosa di essere italiana”. Questa è la testimonianza di una ragazza marocchina che la dice lunga sul cambiamento che è avvenuto già. A noi spetta prenderne semplicemente atto. La terza generazione dei primi migranti che hanno scelto di restare nel nostro territorio è italiana. Italiani di fede musulmana, con o senza il velo sulla testa, che lavorano, sono obbligati a dimostrare di avere un reddito da lavoro per mantenere il permesso di soggiorno, pagano le tasse e sono una risorsa umana preziosa.
L’imam, il rappresentante dei senegalesi, il presidente dell’associazione marocchini, il viceconsole del Marocco hanno sottolineato, la grande voglia della loro gente ad essere considerata italiana e di vivere in pace nel loro nuovo Paese. Frequentano le nostre scuole, alcuni di loro si sono laureati, la stragrande maggioranza cerca di integrarsi accontentandosi del poco, al quale noi da tempo abbiamo rinunciato.
Sono venuti a Favara per manifestare contro il terrorismo islamico, lo hanno apertamente condannato e ci hanno fatto sapere, dopo circa trenta anni di silenzio, che si sentono italiani.
Ricordo gli ostacoli e le opposizioni di qualche anno fa alla celebrazione del doppio rito funebre per i migranti vittime nel Canale di Sicilia, oggi la marcia della pace ci dice che ne abbiamo fatto di strada, di ottima strada.