Prima le promesse, poi il loro fallimento, adesso gli è rimasto un solo articolo da vendere: la speranza.
Il sindaco è venuto in Consiglio a parlare del solo possibile ricorso alla speranza riferendosi al Piano decennale di riequilibrio finanziario dell’Ente. Deluso è rimasto chi si aspettava un intervento di un certo livello, almeno in questo drammatico momento, sulla soluzione individuata, affidata, ieri sera, solamente alla fredda lettura della proposta da parte della responsabile del settore finanze del Comune. Manganella ha preferito trovare le giustificazioni nei minori trasferimenti statali e sui debiti ereditati dalle amministrazioni che lo hanno preceduto. Ne ha parlato ai consiglieri e ai cittadini numerosi all’interno dell’aula Falcone Borsellino. Un pubblico disincantato, ché è finito il tempo delle siringhe, dei profilattici, dei libri e dei giocattoli. Erano altri tempi, lo Stato stampava debiti, i cittadini non erano gravati dalle tasse, c’erano i lavori pubblici che occupavano i lavoratori e potevano starci le fette di prosciutto davanti agli occhi. Oggi non ci sono più i soldi per acquistare il prosciutto e la gente ci vede benissimo. Le proteste, le manifestazioni dei sindaci non incantano più alcuno. Sono un paradosso, come potrebbe essere paradossale una protesta organizzata dei debitori di una banca per ottenere qualche sconto sul debito contratto.
C’erano 30 giorni di tempo dalla relazione della dirigente comunale per organizzare la seduta comunale, ieri al trentesimo giorno hanno dovuto rinviare i lavori a mercoledì prossimo per avere maggiore conoscenza sugli atti. Un’esigenza avvertita principalmente dal Collegio dei revisori del conto.
Il 31 Dicembre è stato approvato il Bilancio e non c’era l’allarme di oggi. A Febbraio la dottoressa Russello ha parlato di dissesto, per un minore introito che ha provocato una scopertura sulla spesa corrente di circa 930mila euro, adesso a distanza di pochi giorni, la scopertura sarebbe diventata di 181mila euro.
Con questi chiari di Luna hanno affrontato il dibattito. Dentro l’aula, dicevamo, numerosa la presenza dei precari e delle insegnanti dei due asili nido al momento chiusi e dal futuro incerto. Non c’erano i 35mila favaresi che, comunque, seguono l’evolversi dei fatti.
Diversi gli interventi della maggioranza a favore del Piano decennale di riequilibrio e dell’opposizione che prima di esprimersi sul voto vuole vederci chiaro. Nel mezzo del dibattito è stato trovato il tempo di scendere nello scontro personale tra il sindaco e alcuni consiglieri, che il presidente Leonardo Pitruzzella ha immediatamente bloccato, richiamando il sindaco al un maggiore rispetto per il civico consesso. Si doveva parlare di cifre per valutare i sacrifici che dovranno fare i favaresi, di debiti che già si pagano come quello con l’Ato Gesa ripianato dalla Regione che ogni anno trattiene le quote con un minore trasferimento finanziario, ché i tagli non si fanno come si vuol far credere.
Unico più volte applaudito dai presenti è stato il consigliere Antonio Palumbo.
“Non strumentalizziamo – ha detto il consigliere di Rifondazione comunista – sugli asili nido e sui precari, perché c’è qualcuno che vuole usarli come ostaggio, così come è stato fatto il 31 Dicembre in occasione del Bilancio. Allora come adesso il loro problema non è stato risolto. A Dicembre tutto andava bene, due mesi dopo siamo falliti. Parlate di piano decennale, mentre non siete stati capaci di realizzare le misure correttive per ben tre volte chieste dalla Corte dei conti e approvate dal Consiglio comunale. Parlate di un piano che per essere approvato dallo Stato dovrà essere credibile e per esserlo il Comune dovrà imporre tasse superiori al tetto massimo. La questione vera è che il sindaco è un caparbio. Il piano di riequilibrio gli torna utile per prendere il tempo necessario per il bando di gara del servizio di igiene ambientale dalla durata di sette anni, per la realizzazione della metanizzazione e per esternalizzare di nuovo il servizio riscossioni, al quale pensa fin dal primo giorno del licenziamento dell’Aipa”.
La seduta, dicevamo, è stata aggiornata a mercoledì prossimo.
2 commenti
L’art. 36 del D.Lgs. 165/2001 da ultimo modificato dall’art.4 del D.L. 101/2013, stabilisce, al comma 2, che le Pubbliche amministrazioni possono avvalersi di forme contrattuali flessibili di assunzione esclusivamente per rispondere ad esigenze di carattere temporaneo o eccezionale. L’aggiunta dell’avverbio “esclusivamente” rappresenta un ulteriore ostacolo posto dal legislatore all’instaurazione di rapporti di lavoro “flessibili” non conformi alla norma. Il successivo comma 5 ter estende l’applicazione alle Pubbliche amministrazioni del D.Lgs. 368/2001, fermo restando l’obbligo, per l’intera P.A. di utilizzare, per le esigenze connesse con il loro fabbisogno ordinario, contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Peraltro, come si avrà modo di argomentare nel seguito, per i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato posti in essere, anche in modo non conforme alla legge, opera il divieto della loro trasformazione a tempo indeterminato. Infatti il comma 5 quater nell’indicare che i rapporti di lavoro a tempo determinato posti in essere in violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 165 del 2001 sono nulli e determinano responsabilità erariale, prevede una serie di sanzioni nei confronti dei dirigenti responsabili dell’irregolare utilizzo del lavoro flessibile, stabilendo nei loro confronti l’applicazione dell’art. 21 (cioè mancato raggiungimento degli obiettivi con conseguente mancata erogazione della retribuzione di risultato, mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale e, nei casi più gravi previa contestazione disciplinare nel rispetto del principio del contraddittorio) revoca dello stesso incarico e collocamento del dirigente “ a disposizione”) del medesimo decreto legislativo.
I responsabili del disastro al comune di Favara sono quelli che hanno firmare un contratto illegittimo ai poveri precari che ora ne piangono le conseguenze. Voi non pubblicherete questo commento perchè il vostro sito è complice dei colpevoli delle giunte dei festini e delle strade private asfaltate con i soldi del comune.
Carissimo Capopopolo, per noi la parola SPERANZA la intentiamo quando va via dal quel palazzo. Al contrario di quello che dice Renzi, non siamo per nulla sereni fin quando vi decidete ad ammettere i vostri fallimenti e togliere il disturdo. Le rammentiamo ancora una volta che non è mai troppo tardi per togliersi dalle scatole. con stima FAVARA LIBERA