Il Comune ha prodotto, al momento, la documentazione per dimostrare la sostenibilità della spesa per prorogare il contratto. Adesso, i precari vogliono ribaltare i termini della verifica romana dimostrando la loro utilità alla città.
E’ un ragionamento molto semplice. A Favara come altrove si muore ed è necessario e imprescindibile costruire le sezioni cimiteriali. Il Comune per la realizzazione delle strutture si avvale della manodopera Lsu risparmiando sui costi a beneficio della collettività. Con il ricorso al privato il costo dei loculi schizzerebbe in alto a danno dell’utenza. Non solo, il ricavato della vendita dei loculi copre la spesa relativa degli stipendi dei precari. Lo stesso discorso vale per il verde pubblico e la manutenzione dei locali e delle strade pubbliche.
Qualcuno potrà sostenere che sul cimitero, sul verde pubblico e sulla manutenzione non si sono visti risultati apprezzabili. Ed è vero. Cerchiamo di chiarire il particolare aspetto. Molti di questi 69 lavoratori, prima di diventare loro malgrado precari, erano alla dipendenze di grandi imprese di costruzione travolte dallo scandalo appalti, un solo esempio l’impresa dell’ingegnere Vita che operava a livello nazionale e internazionale. Voglio dire che sono operai specializzati. Gente che sa fare il proprio mestiere passata nella mani di dirigenti comunali e amministratori che spesso, troppo spesso non sono stati in grado di fare il loro mestiere. Da questi ultimi dovevano essere organizzati in forza produttiva, attraverso controlli e programmazione. Loro da soli hanno lavorato realizzando opere, come quelle del cimitero, a più basso costo rispetto al privato.
Ora, dicevamo, sulla bontà di un ragionamento che si basa sulla inevitabile e obbligatoria necessità di determinate opere e servizi e sul risparmio per l’Ente vogliono convincere la commissione Ministeriale a concedere l’autorizzazione alla proroga del loro contratto e mettere fine ad una situazione di incertezza che sta minando l’esistenza di questi padri e madri di famiglia.