E’ stata denominata “Catene spezzate” l’operazione dei Carabinieri della Compagnia di Licata e del Comando provinciale di Agrigento che ha portato alla chiusura di una struttura di accoglienza per minori di Licata la “SUAMI – Società cooperativa sociale ONLUS”, l’arresto di una assistente sociale che operava nella stessa struttura, il divieto di dimora in provincia di Agrigento per altri tre dipendenti ed il divieto di esercitare la direzione della Cooperativa all’amministratore della stessa. Indagati a vario titolo anche altre tre persone. L’ ordinanza cautelare è stata disposto dal GIP presso il Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Alessandro Macaluso, del dipartimento reati sessuali e contro la famiglia diretto dal Procuratore della Repubblica Renato di Natale e dall’aggiunto Ignazio Fonzo, che hanno coordinato le indagini.
Agli arresti domiciliari è finita Caterina Federico, licatese di 33 anni, assistente sociale e responsabile di fatto della gestione della sede licatese della Suami. Divieti di dimora sono stati imposti nei confronti di Angelo Federico, 30 anni di Licata; Domenico Savio Federico e Giovanni Cammilleri entrambi di 25 anni di Licata, operatori della struttura d’accoglienza. Interdizione dall’esercitare l’ufficio direttivo della Onlus Suami è stata disposta per il favarese, Salvatore Lupo di 40 anni, presidente del consiglio comunale di Favara. La Onlus Suami è stata sottoposta a sequestro preventivo.
Gravissime le accuse per l’assistente sociale e gli operatori, accusati a vario titolo di maltrattamenti di natura fisica e psicologica tali da cagionare alle persone a loro affidate per ragioni di educazione, istruzione, cura e vigilanza, con l’aggravante che sono minorenni e disabili, gravi sofferenze ed umiliazioni.
“Senza alcuno scrupolo per la condizione di fragilità psico-fisica dei minori con deficit mentali e degli altri ospiti disabili – affermano gli investigatori – ricorrevano sistematicamente all’inflizione di punizioni come il digiuno, il divieto di contatti telefonici con i familiari, la reclusione all’interno delle stanze da letto. Un minore, addirittura, era sottoposto quotidianamente a gravose limitazioni della propria libertà personale tenuto il giorno e la notte legato con catene in ferro alla struttura metallica del proprio letto”. Sono state inoltre riscontrate precarie condizioni igienico sanitarie all’interno della struttura utilizzando acque contaminate da batteri coliformi, venivano distribuiti per il consumo alimenti in cattivo stato di conservazione e scaduti”.
A Salvatore Lupo gli viene contestato il fatto che il qualità di amministratore unico della SUAMI non impediva che i suoi dipendenti sottoponessero i minori ai maltrattamenti di natura fisica e psicologica. Le indagini di Polizia, su direttive della Procura della Repubblica, tuttora proseguono al fine di accertare eventuali altre corresponsabilità e vengono svolte dalla Compagnia dei Carabinieri di Licata, alle dipendenze del Cap. Marco Currao.
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Si è dimesso, spero.