Pino Sciumé
Nuova legge elettorale, Musumeci: “è una minaccia in stile mafioso, un incaprettamento in piena regola. Dimenticano la regola fissa iniziata con il referendum di Segni: chi fa le leggi per sé alla fine perde le elezioni”
I partiti tradizionali non esistono più da tempo. La c.d. seconda repubblica ha decretato la fine di un’epoca per certi versi affascinante che includeva anche un pizzico di idealismo e di attaccamento ai propri colori, la cui appartenenza veniva poi presentata agli elettori come difesa di valori sociali che ognuno descriveva con un’enfasi direttamente proporzionale al grado di oratoria che usciva dalle trombe posizionate ai lati del palco comiziale.
In questi ultimi anni la gente si è allontanata dai partiti, colpevoli di non rendersi conto di una società che stava cambiando. La caduta del muro di Berlino segnò in Italia la cinquantennale sfida DC/PCI e successivamente Tangentopoli eliminò, a torto o ragione (sarà la storia a dirlo) quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale. Il quasi sconosciuto, si fa per dire, Silvio Berlusconi vince le elezioni del ’94 con un partito messo su nel giro di qualche mese, alleandosi al Nord con la nascente Lega di Bossi e al Sud sdoganando la destra del MSI trasformatasi in Alleanza Nazionale.
La DC si riciclò in mille rivoli, Il PCI cambiò i propri connotati divenendo PDS, DS, PD, ma insieme riuscirono a contrastare Forza Italia spartendosi un ventennio di governo con risultati affatto brillanti. I partiti ormai non riuscivano a controllare stabilmente l’elettorato.
A rompere le uova nel paniere fu nientemeno che un uomo proveniente dal mondo dello spettacolo, addirittura un comico, quel Beppe Grillo che cominciò a parlare di casta, rivolgendosi direttamente al popolo che lo ascoltava, quello che divenne il suo popolo, che cominciò a chiedersi: però! E nelle elezioni politiche del 2013 il suo Movimento 5 Stelle risultò il primo partito in Parlamento. L’anno prima in Sicilia la stessa cosa. Ma alleanze con nessuno e quando sei solo puoi governare col 51%. Poteva succedere solo alle lezioni comunali, tant’è che a Giugno i 5 stelle conquistano addirittura la Capitale, Torino e, dalle nostre parti, Favara e Porto Empedocle.
Ma ecco che in Sicilia, da sempre laboratorio politico, PD in testa, pensano di arrestare l’inarrestabile con che cosa? Non certo cacciando i 5 Stelle, non si può, ma con un tentativo di quelli alla Ulisse col cavallo di Troia. Cambiando la legge elettorale. I 5 Stelle hanno vinto nei ballottaggi? Bene, eliminiamoli. Dato che “loro” non cercano alleanze, stabiliamo che chi arriva al 40% diventa subito sindaco e la coalizione che lo sostiene ottiene il premo di maggioranza, tanto “noi” ci apparentiamo. Non solo, già che ci siamo, rimettiamo l’effetto trascinamento, così nei nostri listoni chi ha il voto di preferenza e dimentica di apporre un segnale sul sindaco, il voto va… al sindaco che magari non vuole.
La “nuova legge elettorale” è servita. Cari 5 stelle, Crocetta o non Crocetta, “noi” i vostri vaffa neanche ci sfiorano, tanto abbiamo i sederi di pietra.
Ci piace però terminare con la dichiarazione di Nello Musumeci, una lezione da vero politico di razza.
“Attenti: l’obiettivo della maggioranza dell’Ars non sono i Cinque Stelle – ha detto in Aula Nello Musumeci -. Il vero obiettivo sono tutti quei sindaci, amministratori e uomini politici che hanno consenso a prescindere dai partiti e che questi vogliono normalizzare, obbligare alle alleanze e poi ricattare con l’abbassamento del quorum sulla sfiducia: insomma, è una minaccia in stile mafioso, un incaprettamento in piena regola. Dimenticano la regola fissa iniziata con il referendum di Segni: chi fa le leggi per sé alla fine perde le elezioni…”.