“Ogn’anno,il due novembre, c’é l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll’adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero”. Ho preso in prestito i versi dell’eccezionale lirica “A livella” di Antonio “Totò” De Curtis poiché ci coinvolge tutti. A che proposito vi state chiedendo? Ve lo dico subito, intanto leggiamo la seconda strofa. “Ogn’anno,puntualmente,in questo giorno, di questa triste e mesta ricorrenza, anch’io ci vado,e con dei fiori adorno il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza”. Ecco i protagonisti di questo editoriale sono i fiori.
Come ho scritto nel titolo “I fiori non vivono in eterno” anche quelli che vengono portati “a zì Vincenza” il giorno 2 novembre. Dopo qualche giorno, una settimana o poco più, in relazione del tipo di fiori, debbono essere tolti dai vasi e depositati nei contenitori della spazzatura poiché “I fiori non vivono in eterno”. Portando i fiori e depositandole sulle tombe dei nostri cari non ci siamo tolti il pensiero. La nostra azione deve concludersi dopo alcuni giorni riportando dei fiori freschi oppure andando a togliere quelli vecchi che già puzzano, cadono a terra e sporcano il cimitero. E’ un dovere al quale dobbiamo adempiere noi cittadini-utenti nonché parenti o amici del “caro estinto” poiché gli addetti del cimitero hanno il compito certo di pulire i viali o svuotare i cassonetti, ma anche noi abbiano il compito di togliere i fiori dalle tombe prima che cadono a terra e creino degrado e sporcizia. Almeno per rispetto dei nostri cari defunti e per senso civico.