La sede dell’associazione “Amici della Terza età – Auser Ribera” ospiterà il Centro studi “Giuseppe Ganduscio”, che sarà realizzato per ricordare la figura del pacifista riberese, vissuto nella “città delle arance”, dov’era nato nel 1925 e a Firenze, dove è morto nel 1963 all’età di 38 anni. L’iniziativa promossa dall’associazione di volontariato riberese, che quest’anno tocca il traguardo dei trenta anni di vita, sarà presentata alla città il prossimo martedì 10 febbraio alle ore 17 nel corso di un apposito incontro nel corso del quale la presidente dell’associazione professoressa Giovanna Valenti e il giornalista Totò Castelli, che si soffermerà sulla figura del pacifista riberese, illustreranno le motivazioni che hanno portato al varo dell’iniziativa. Questa punta a promuovere la “cultura della pace” e a raccogliere in maniera organica e continuativa pubblicazioni, esecuzioni musicali, immagini fotografiche, documenti, opere letterarie legate a Ganduscio e raccolte nel corso degli anni con la realizzazione tra l’altro di un premio nazionale per la pace organizzato nel ricordo dell’illustre figlio delle terra riberese, conosciuto anche per l’impegno sociale, per la passione per la ricerca di canti popolari, per la musica (era soprannominato “Beethoven”), per l’impegno profuso nel periodo dell’occupazione delle terre incolte nel territorio riberese.
Ganduscio è ricordato anche per essere autore dei testi di alcuni canti (“Basilicò”, “La siminzina”, “Guarda chi vita fa lu zappaturi”, canti di carcerati) eseguiti dalla “cantatrice del Sud” licatese Rosa Balistreri: questa che in un’intervista aTeletorre Ribera nel 1983 ha ricordato tra l’altro come il dramma, la storia, lo sfruttamento, il potere soprattutto nel meridione “tutte ‘ste cose, che le avevo vissute anch’io, le sapevo così, ma tramite lui le ho capite, le ho approfondite, ‘ste cose: quindi parecchi canti, discorsi li ho appresi anche da lui, la maggior parte da lui. …Le cose più drammatiche più belle me le ha insegnate Giuseppe”.Giuseppe Ganduscio è nato a Ribera il 6 gennaio 1925, e fin dalla giovinezza è stato portato all’osservazione della amara realtà contadina che gli stava attorno, facendo maturare in lui una coscienza sociale. “Molti giovani in quegli anni, e altri ancora in seguito – si legge nella pubblicazione “Giuseppe Ganduscio, una vita per la pace”, edtta dal comune di Ribera negli anni ’90 – devono a lui una coscienza di sè stessi, una maturità, la loro stessa posizione nella vita”. La condanna del fascismo e della guerra cosi come della violenza e dell’ingiustizia sociale hanno caratterizzato contraddistinguono la sua azione facendolo diventare leader fra i compaesani, soprattutto fra i giovani. Nel ’45-46 la lotta politica e la occupazione delle terre lo hanno a protagonista e guida. “Nel ’47 – si legge ancora nella pubblicazione del comune – va a Firenze per continuare gli studi e conoscere altre persone, altro ambiente. La sua èuna scelta ideale, Firenze rappresenta per lui un faro di civiltà”. Di lui si ricorda la partecipazione alle attività del Centro studi messo su a Partinico da Danilo Dolci, dal quale però si distacca, non condividendo alcune impostazioni del lavoro portato avanti dal sociologo, e soprattutto l’impegno per il varo dei primo movimenti pacifisti in Italia. Attratto dalle idee di Aldo Capitini, ravvisando nella lotta per la pace lo strumento più valido per il raggiungimento dei suoi ideali politici e sociali, incomincia con luiun’attiva e proficua collaborazione. Nel ’62 è a Firenze per la fondazione della Consulta italiana per la pace ed entra a far parte del Comitato dirigente.
A Palermo da vita alla Consulta palermitana per la pace cui dedica la maggior parte del suo tempo. Decide nel contempo, essendo dotato di una bellissima voce, di incidere e diffondere i canti popolari siciliani, sconosciuti quasi completamente, e sui quali da tempo lavorava per un approfondimento della conoscenza etnologico-sociale della sua terra. Nel dicembre 1962 è colpito da un male incurabile che lo porterà alla morte a Firenze il 7 settembre 1963. Cosciente della gravita mortale di esso, non desiste dalla sua attività. Nel giugno ’63, otto giorni prima di mettersi definitivamente a letto, partecipa a Roma alla Marcia della Pace e poi alla riunione della Consulta in cui parla con slancio e spontaneità commoventi. Quando il male avanzante e le cure dolorosissime lo costringono all’immobilità, dedica sino all’ultimo i suoi giorni a raccogliere, ordinare e sviluppare le idee e gli appunti che negli anni precedenti aveva elaborato in vista di un libro sul Meridione. Nel cimitero comunale di Ribera, dove è sepolto, campeggia una significativa scritta: “Voi che passate non piangete i miei giovani anni, i festosi pensieri, le speranze. Se mia breve giornata ho qui finita amor di libertà mi accese come torcia, come stella che radia, balena…”