Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Parola del Signore
Il Signore oggi ci dice che siamo sale e luce. Come possiamo essere sale e luce? La risposta ci viene sempre dalla sua Parola “Dividi il pane con l’affamato, introduci in casa i miseri, i senza tetto, vesti chi è nudo, senza trascurare i tuoi parenti. In questo modo la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà… Se togli di mezzo al polo l’oppressione, il puntare il dito, il parlare empio, se apri il tuo cuore all’affamato, se sazi l’afflitto di cuore… brillerà tra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il pomeriggio”.(Is58,7-10)
Il Signore oggi ci ricorda che siamo luce e sale. Può suonare anche strana questa affermazione… che ci vuole dire Gesù.
Essere luce e sale significa amare in maniera concreta il prossimo senza se e senza ma. La bontà, la carità, la condivisione realizzano la vita, danno gioia al cuore, sono la cosa più giusta e più necessaria per il prossimo, per quanti hanno bisogno, danno gloria a Dio, aiutano a credere in Dio. Molte sono le testimonianze di persone buone, che vivono la condivisione e la carità cristiana. Queste persone buone davvero dimostrano di credere in Dio, testimoniano che la loro preghiera che nasce dall’ascolto della Parola è vera e sincera, che l’amore è la cosa più grande, perché è la vita di Dio ed è il senso dell’esistenza di ogni uomo. Personalmente non credo nelle chiese piene di gente, non si può e non si deve misurare la fede dal numero dei partecipanti a Messa o alle catechesi qualora si fanno. Una Parrocchia è viva se il parroco e i laici sono impegnati nell’accoglienza, nella solidarietà, nella capacità di farsi prossimo e di saper vivere il territorio come testimoni dell’amore di Cristo. Sono le opere che diventano luce, e noi siamo luce se facciamo le opere. “Mostrami le tue opere”, dirà S. Giacomo.
Attenzione però perché anche compiendo le opere possiamo perdere di vista la vera fonte di Luce, noi lo sappiamo, non brilliamo di luce propria siamo riflesso della luce vera che è Cristo. Le opere dobbiamo compierle, non per una nostra soddisfazione, ma semplicemente per amore. Le opere dobbiamo farle “perché gli altri abbiamo a rendere gloria al Padre che è nei cieli”.
C’è il rischio di essere sale che perde il sapore. Non è raro trovarsi di fronte a forme di autoreferenzialità, di compiacimento della esperienza religiosa, della partecipazione rituale come appagante di noi stessi. Il sale “che perde il sapore” esprime nitidamente la contraddittorietà di una vita cristiana incapace di testimonianza. Puoi andare ogni giorno a messa, dire rosari, stare ore e ore in ginocchio ma se non poni veri gesti di misericordia, se non manifesti il tuo essere cristiano lì dove ti trovi, sarai un bel contenitore di sale ma semplicemente vuoto.
Nell’esortazione Apostolica Evangeli Gaudium di Papa Francesco c’è un versetto che fa a caso nostro “In alcuni si nota una cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa (…) In tutti i casi, è priva del sigillo di Cristo incarnato, crocifisso e risuscitato, si rinchiude in gruppi di èlite, non va realmente in cerca dei lontani né delle immense moltitudini assetate di Cristo. Non c’è più fervore evangelico, ma il godimento spurio di un autocompiacimento egocentrico” (EG 9)
Come possiamo essere Sale e Luce se siamo “cristiani” di sagrestia? Se adempiere al precetto ci basta? Belle saliere ma vuote, incapaci di vivere ciò che preghiamo e celebriamo. Il sale e la luce non risiedono nelle doti personali di ciascuno ma nella Parola di Dio che abita nel cuore dei discepoli. Di qui viene il coraggio di mettersi in missione (questo vuol dire porsi sul candelabro). Da qui ci viene la sensibilità di stare con gli ultimi e gli emarginati. La nostra debolezza non deve spaventarci. E vero quanto dice Paolo: siamo vasi di creta in cui Dio ha posto un tesoro prezioso da mostrare e da spendere.
Pace e bene
Fra Giuseppe Maggiore