Marcello Rizzo
Il corso Vittorio Emanuele e la via Roma a Favara sono ormai due gusci vuoti.
Mancano decine e decine di attività commerciali e artigianali, mentre buona parte dei negozi si sono via, via trasferiti sulla circonvallazione.
L’altra settimana con un amico, muniti della nostra macchina del tempo, siamo passati davanti a uno dei negozi storici di via Roma, giusto per un bagno di nostalgia.…
“Durante la primavera dell’ ‘81 a Radio Favara 101 dovevamo realizzare la pubblicità dei fratelli Sferlazza Confezioni di via Roma.
Confesso che io e Sergio Castellana ce la facemmo sotto per lo shock. Questi atelier solevano farsi confezionare gli stacchetti pubblicitari da agenzie specializzate di cui si servivano negozi del calibro di Milia Spose di Canicattì. Molte emittenti corteggiavano la ditta Sferlazza da tempo, e altre avrebbero fatto carte false pur di accaparrarsi il prestigioso cliente, ma senza fortuna. Oltretutto, i due fratelli non ritenevano necessario reclamizzare i propri prodotti considerata la vasta clientela ventennale che vantavano grazie al passaparola.
Ma Lillo Lentini perché era “il più migliore da ogni”, secondo voi? Perché era un genio!
Era risaputo che Rosario Sferlazza aveva rifiutato già diversi provini da parte di altre emittenti. Tirimino andò così a trovarlo nel suo atelier di via Roma con il registratore e la sua immancabile agenda, dossier, scatola nera, farcita di fogli sotto il braccio, proponendogli di ascoltare un nostro provino; se non l’avessero gradito, avrebbe offerto personalmente una bottiglia di Champagne allo staff, di converso, se fosse piaciuto, avrebbero dovuto sottoscrivere un contratto per almeno due anni. Rosario Sferlazza accettò la scommessa.
Io e Sergio Castellana decidemmo di inscenare una rapina: vetri infranti, effrazione, furto e fuga. Ma tra gli effetti speciali che Lillo ci faceva arrivare da Milano non c’erano vetri infranti, ahimè.
E così, dopo avere girato Favara e dintorni, trovammo sette lastre di cristallo presso una campana per la raccolta del vetro in contrada Cicchillo e le recuperammo. Le adagiammo contro il muro della saletta di registrazione e iniziammo a frantumarle sistematicamente, una alla volta, con un sasso che scagliavamo da un metro di distanza, con il microfono posizionato nelle immediate vicinanze e i visi coperti dalle nostre giacche. Alla fine scegliemmo l’effetto migliore, più adatto e congeniale al nostro scopo.
Quella pubblicità, sulle prime non fu apprezzata da Lillo Lentini, sul cui viso leggemmo un’espressione desolata, confusa e delusa. Ma, dopo averla ascoltata per la terza volta, comprese, gli s’illuminarono gli occhi e rise. Ma non fu apprezzata neanche da Rosario Sferlazza quando andammo al suo negozio con il registratore portatile e l’ascoltò.
In un periodo in cui gli stacchetti pubblicitari duravano dai due ai cinque minuti, con un vero e proprio elenco della mercanzia pubblicizzata, la nostra réclame dovette apparire troppo miserella e avulsa.
Quel rumore di vetri infranti, l’effetto della seta che strusciava sui vetri rotti, mentre delle mani vi frugavano furtivamente, lo scalpiccio di passi in corsa in via Roma, il riverbero della chitarra solista di David Gilmore dei Pink Floid, nel ritornello di “Money”, infine il vocione di Sergio Castellana, più basso di un’ottava, che recitava: “Fratelli Sferlazza… irresistibile eleganza!”; il ghiaccio e il fuoco, shock e meraviglia, incertezza e infine consapevolezza.
Il messaggio racchiudeva un contenuto subliminale che ti avrebbe perseguitato tutto il giorno: “Abiti talmente belli… da rubarli…”.
Al terzo passaggio, Rosario Sferlazza finalmente comprese e sorrise. Sorrisero anche tre clienti che si trovarono nel prestigioso atelier, ma secondo me e Sergio non capirono un cazzo.
Lo stacchetto era brevissimo, trenta secondi, solo quattro parole, ma ti arrivava al cervello come un dardo, un attimo dopo.
Rosario Sferlazza firmò il contratto. La bottiglia la bevemmo sì, tutti insieme in segreteria la sera con Lillo Lentini e gli altri membri dell’associazione parrocchiale, ma di spumante Intorcia.
Sarà stato un caso, ma dopo un po’ di tempo seppi che i fratelli Sferlazza si fecero installare un sofisticato e costoso sistema di allarme”.
Dal libro “Centouno Ricordi”.