Dal Vangelo secondo Giovanni Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù. Parola del Signore
Questa pagina, lascia stupiti e commossi. Lo sguardo indugia su Maria di Magdala, una pubblica peccatrice che insegna la scienza del dono perfetto. Entra senza esitazione nella sala del convito, incurante degli sguardi maliziosi di quanti vorrebbero scacciarla e si inginocchia davanti a Gesù, in lacrime. Le sue sono lacrime d’amore, che dicono tutto il rammarico, il pentimento di una vita; e dicono, soprattutto, il desiderio di un dono senza riserve a Colui che l’ha attratta a sé con ineffabile misericordia. Porta un vaso d’alabastro, ripieno di un profumo delicatissimo. Con il gesto di chi non può che donare tutto, dopo l’esperienza di un incontro singolare, manda in frantumi il vaso, troppo prezioso per chi ha il cuore attaccato alle cose e al denaro, troppo povero per lei, e vorrebbe un dono perfetto per il suo Signore. Pare di avvertire il colpo secco di un oggetto che va in frantumi, simbolo delle troppe cose inutili, che costellano la vita e a cui ci attacchiamo talora quasi con voracità. Questa donna innamorata sconvolge i giudizi di chi non capisce che il dono del cuore non ha prezzo; e ciò che appare irragionevole alla miopia di chi fa solo calcoli umani diviene un modo di dichiarare un amore senza riserve. La casa, tutta penetrata dall’intensità del profumo, può essere per noi simbolo del “luogo” dove abitiamo, dove viviamo i nostri impegni, dove incontriamo i fratelli; luogo in cui versare questo profumo d’amore, espressione di prossimità, di carità autentica: imparata ai piedi del Signore, assaporata in ginocchio davanti a lui, che perdona e difende i deboli e i poveri, e dichiara di essere venuto non per i sani ma per i peccatori. Questo vangelo insegna ad andare al di là dei limiti, sempre troppo angusti, di un dovere “formale”, per spenderci senza riserve, al di là di chi vorrebbe appellarsi alla legge, proprio mentre la viola. La difesa di Gesù nei confronti di questa donna, che non misura con il metro dell’economia il suo dono, diventa proposta persuasiva per noi: perché in questo tempo, dove prevale il profitto e l’efficienza a qualunque prezzo, possiamo imparare un’impareggiabile lezione di gratuità. E ci lasciamo persuadere che non si perde quanto si dona se il profumo dell’amore sopravanza il fetore del male e del peccato e se le lacrime della conversione irrorano di bontà la nostra storia. (laparola.it)
Fra Giuseppe Maggiore