Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò». Parola del Signore
In questa memoria degli apostoli Filippo e Giacomo la chiesa ci invita a sostare sulle parole rivolte da Gesù a Filippo nel vangelo secondo Giovanni, parole in cui Gesù rivela se stesso ancora una volta, come molte altre nel corso di questo evangelo, nel suo rapporto con il Padre; ma con una sfumatura ulteriore rispetto alle altre volte. Gesù, infatti, qui non rivela solo che il Padre offre testimonianza di lui), ma annuncia anche che egli dà testimonianza del Padre e lo rivela nella sua persona a noi uomini.
Sì, dice “chi ha visto me ha visto il Padre”: nell’umanità di Gesù, di questo Gesù di Nazareth che ha predicato per le strade di Israele, che ha incontrato e amato coloro che ha incontrato, che si è fatto prossimo a tutti e si è lasciato coinvolgere nell’amore per ciascuno, nell’umanità di questo Gesù narrato dai vangeli si può scorgere già il volto di quel Dio che altrimenti resta nascosto ai nostri occhi e che nessuno sulla terra può vedere faccia a faccia.
Giovanni lo annuncia già all’inizio del suo evangelo: Gesù è stato l’esegesi, il racconto, l’interpretazione autentica, la narrazione e la spiegazione di Dio presso gli uomini, il Figlio, che è rivolto verso il seno del Padre, Dio, lo ha narrato e spiegato.
Per il cristiano il volto di Dio è ormai, definitivamente, quello narrato, manifestato da Gesù, dal Figlio, il quale è anche la via per tornare al Padre.
Il mistero del volto di Dio, volto che il credente sempre cerca e che sempre è chiamato a cercare, senza mai avere la certezza di averlo definitivamente trovato e posseduto, è rivelato dal Figlio, dall’Inviato del Padre stesso, da quel Gesù che nel vangelo secondo Giovanni si fa prossimo alla samaritana, al paralitico, alle folle affamate, al cieco nato, all’amico Lazzaro che è morto, da quel Gesù il cui volto ci sfugge, poiché nulla ce ne è pervenuto se non la narrazione che ne fanno i quattro, diversi, evangeli e la testimonianza di chi in lui ha creduto.
Se Gesù è la narrazione del volto del Padre, noi siamo in ricerca anche della narrazione del volto di Gesù, di quel Gesù che non ha lasciato nulla di scritto, ma che solo, di fronte al mistero di una donna accusata di peccato, ha scritto per terra.
Questa povertà dovrebbe togliere al cristiano ogni arroganza e ogni autosufficienza: non solo noi non possiamo mettere la nostra mano su Dio, non solo noi non vediamo e non possediamo il volto di Dio, ma anche il volto di colui che ci ha rivelato Dio, che ci ha rivelato il Padre, ci sfugge e non è conoscibile se non attraverso l’ascolto e l’accoglienza delle sue parole: “Se rimanete nella mia parola siete veramente miei discepoli”) e la testimonianza che di lui danno coloro che ci hanno preceduti e che in lui hanno creduto .
Così anche Filippo è chiamato, e con lui ciascuno di noi, a interrogarsi sulla qualità del suo rapporto con Gesù, e a fare sua la domanda che Gesù stesso rivolge ai suoi primi discepoli: “che cose cercate” seguendo me?(monasterodibose.it)
Pace e bene
Fra Giuseppe Maggiore