Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Parola del Signore
Nella supplica ardita di Filippo – “Signore, mostraci il Padre” – riconosciamo la voce di tanti, la nostra voce. Vi intercettiamo l’anelito di Mosè: “Signore, mostrami la tua gloria” (Es 33, 18). Vi cogliamo il fremito di Israele: “La mia anima anela a te, o Dio… Quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 42). Vi rintracciamo l’eco della preghiera di ogni uomo: “Di te ha detto il mio cuore: Cercate il suo volto. Il tuo volto, Signore, io cerco”. Riascoltiamo la risposta di Gesù: “Filippo, chi ha visto me, ha visto il Padre”. Per capire il Padre, dobbiamo tenere lo sguardo fisso sul Figlio. Gesù è in persona il Figlio del Dio vivente. Dunque – sembra dire Gesù – guardami, Filippo: eccolo il Padre. È qui accanto a te, e ti sfiora e ti parla. E tu lo puoi vedere, toccare in me, ne puoi sentire il battito del cuore, come lo ha sentito Giovanni, il discepolo amato, poco fa. No, Filippo, non aspettarti una rivelazione grandiosa, come le antiche teofanie, tra fulmini e saette: ormai Dio non è più in mezzo a fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta. Filippo, eccolo il Padre: ha la mia faccia, la mia voce; ha il mio respiro, il mio cuore. Dio non e un sole pallido da cercare tra sperdute regioni astrali: è qui, a portata di mano, ha il passo dell’uomo per camminare con ogni uomo. Non temere, Filippo: Dio “non vuole essere tanto Signore, quanto Padre. Cerca la fede, non la morte. Ha sete della tua preghiera, non del tuo sangue. Viene placato non dalla morte, ma dall’amore” (S. Pietro Crisologo). Dio è Padre, è l’Abbà forte e tenero di Gesù di Nazaret, il nostro Babbo grande e vicino, a noi intimo, più del nostro intimo. “Padre” non è un titolo tra i vari possibili, che le nostre povere parole incerte gli possano attribuire; è il suo nome proprio. Egli è solamente, interamente, perennemente Padre. È solamente Padre: un padre umano è lui stesso figlio di qualcuno, mentre Dio Padre è il Genitore-ingenerato; la domanda “chi c’era prima di lui?” è una sgrammaticatura teologica. Egli è interamente Padre; un padre umano è anche sposo, fratello, amico. Lui. No: padre è la sua qualifica essenziale, integrale, esclusiva. È permanente: un padre umano lo diventa a un certo punto della sua vita. Dio non diventa, ma è Padre; lo è da sempre e per sempre. Hai ragione, Filippo: il Padre ci basta! Ma allora come fai a non fidarti? Come puoi pensare che esista qualcosa di più giusto e di più utile per te di accettare e di fare la sua volontà? Colui che sa far funzionare l’universo, non sarà forse in grado di far andare bene anche la tua vita?(laparola.it)
Pace e bene
Fra Giuseppe Maggiore