Pur nel massimo rispetto per la libertà di esprimere dissensi e critiche, anche aspre, dei quali è e resta garante pure quando ne è bersaglio, l’Ordine dei giornalisti di Sicilia respinge con decisione le ripetute aggressioni, ingiuste e inconcepibili, rivolte in particolare alla propria vicepresidente, per il corso di formazione di Agrigento, durante il quale è intervenuto, parlando nella qualità di ex detenuto, l’ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro.
Nessuno aveva contestato la “testimonianza” resa da Cuffaro a Palermo in aprile, che pure era stata ampiamente pubblicizzata nel sito e nella pagina Facebook dell’Ordine di Sicilia. Lo ha fatto ad Agrigento un solo collega, che ha lasciato la sala in segno di protesta. Gesto legittimo e rispettabile, ma che non può consentire di attaccare, con allusioni e sottintesi degni di miglior causa, gli altri giornalisti che sono rimasti ad ascoltare.
Né a Palermo né ad Agrigento l’ex senatore era relatore, né ufficiale né ufficioso; tanto meno era previsto nel programma, né come docente (nei nostri corsi non si “insegna” e non ci sono “professori”), né per tenere una qualsivoglia lezione di giornalismo ai giornalisti, cosa che non ha mai pensato di fare: piuttosto, cosa proposta dagli organizzatori e da noi accettata, ha fatto un intervento mirato ad arricchire il confronto, parlando della propria esperienza diretta e del rapporto tra carcere e informazione, nell’ambito di un corso sulla ex Carta di Milano.
Ci siamo presi la responsabilità di dire di sì ai promotori dell’incontro,ma ovviamente rispettiamo le opinioni contrarie. In ogni caso l’ex senatore non è stato affatto riabilitato né riscattato, come qualcuno vorrebbe far credere: l’Ordine dei giornalisti di Sicilia conserva la memoria dei propri morti ed è al fianco, concretamente e non sui social, dei colleghi, professionisti e pubblicisti, sottopagati e sfruttati. L’Ordine sta vicino nei fatti pure ai dipendenti delle aziende in crisi come ai precari e ai disoccupati, a coloro che sono vittime delle intimidazioni mafiose così come ai cronisti bersaglio di inchieste, querele e citazioni civili, né teme di agire – e agisce mettendoci la faccia, sempre nel concreto e non nella realtà virtuale – contro i potenti dell’informazione siciliana.
Abbiamo cioè sempre compiuto il nostro dovere professionale e istituzionale a testa alta, accettandoconsapevolmente di pagare prezzi molto alti sul piano personale: per questo motivo dovevamo ora una precisazione a tutti, ma soprattutto ai colleghi che non cercano per sé né attribuiscono ad altri, con disinvoltura e sicumera, patenti di legalità, a coloro che cioè credono sempre che questa professione abbia ancora qualcosa da dire.
Noi infatti ci crediamo più di loro, perché crediamo in loro.
Ordine Giornalisti di Sicilia