Giuseppe Maurizio Piscopo
Torquato Tricomi nasce a Siracusa. Giovanissimo s’approccia al mondo musicale e all’età di nove anni già prende lezioni di violino al Conservatorio Vincenzo Bellini di Catania sotto la guida del maestro Carlo La Spina, primo violino al Teatro Massimo di Catania ed è tredicenne quando intraprende lo studio della chitarra con il maestro Lucio Spina. Nel 1967 è il fondatore e il leader dei gruppo “I ragazzi dal cuore d’oro”, dove si esibisce come cantante e chitarra solista, ottenendo i primi riconoscimenti di critica e pubblico. Nel 1970 vince il primo premio “Catania canta” nella categoria cantautori con il brano “Non penso che a te”. Negli anni ottanta si propone come arrangiatore e accompagna diversi cantanti nelle loro esibizioni. Negli anni novanta è il cofondatore del “Duo acustico Ars Nova” con il quale intraprende un percorso che abbraccia svariati generi. Nel 2006 la sua vita musicale ha una svolta quando conosce il barbiere-mandolinista Filippo Giacchi che gli fa intraprendere la “Musica dei saloni” e con il quale scrive diversi brani. Virtuoso della chitarra ritmica nel 2009 assieme al mandolinista Turi Pappalardo crea il “Duo da barba” e due anni più tardi vede la luce l’album musicale “Pelo e Contropelo”. Nello stesso anno pubblica “Dal rasoio al plettro” un opuscolo che riguarda i barbieri e la loro musica. Nel 2012 inizia a scrivere un nuovo libro che viene pubblicato nel dicembre del 2015 dal titolo “U tempu di farimi a varva” Barba capelli chitarra e mandolino, edito da “Akkuaria”. Appassionato delle nostre tradizioni popolari, attualmente oltre a esibirsi con il “Duo da Barba”, si dedica alla ricerca di antiche musiche dei saloni e sta lavorando alla registrazione di un nuovo album musicale.
Quando inizia la tua avventura con la musica?
Mio padre strimpellava la chitarra e organizzava serate di musica e balli a casa nostra, il bisnonno Baldassarre suonava il violino e alla mia mamma piaceva cantare. Da piccolino cinguettavo le canzoncine dello zecchino d’oro presentato dal mago Zurlì, al secolo Cino Tortorella recentemente scomparso e mi accompagnavo con la chitarra o col tamburello siciliano ma canticchiavo anche brani di grandi artisti come Domenico Modugno. “Mille violini suonati dal vento, tutti i colori dell’arcobaleno vanno a formare una pioggia d’argento … ricordo ancora le parole di questa canzone, eh si mi piaceva tanto cantare. Poi a nove anni mi dedicai al violino e a tredici alla chitarra. Ed è con questo strumento che all’età di quattordici anni ho messo su un gruppo Beat. La mia vera avventura musicale inizia a Roma nelle scalinate di Trinità dei Monti e prosegue con dei bravi musicisti. Ho fatto da apri-pista ad artisti come Bruno Martino, Peppino di Capri e Fred Bongusto. Le indimenticabili serate a Taormina e quelle passate al circolo ufficiali di Catania, così come una tournée in Liguria e una a Malta. Che tempi!
Come eri da bambino, com’è cambiata Catania da allora?
Da bambino ero discolo anzi diciamo pure molto monello, curioso e amante della natura. Botte da mia madre ne ho prese davvero tante. Posso dire di aver beccato anche la parte spettante ai miei fratelli. La mia fanciullezza è durata poco, sono cresciuto molto in fretta. Di Catania posso dire, da quando ho preso coscienza e conoscenza, che gli uomini che ci hanno governato sono stati quasi sempre scadenti, così come i servizi dei trasporti urbani, della manutenzione stradale, e del verde cittadino. Il lavoro era precario, spesso in nero, sottopagato. Non è cambiata molto, per certi versi siamo peggiorati. Il cambiamento e avvenuto per i locali da ballo, i ristoranti, le pizzerie, gli alberghi e le auto che circolano, una volta si potevano contare, oggi credo sia difficile darne il numero esatto. Comunque non credo che questo sia solo un problema di questa città. Ad eccezione degli anni 60 del secolo scorso del boom economico quando Catania era considerata la Milano del sud.
Io pensavo che tu fossi nato a Catania, invece sei venuto alla luce a Siracusa, quando ti sei trasferito a Catania?
La mia famiglia si trasferì in maniera stabile a Catania nel 1959. Mio padre aveva interessi economici a Siracusa e nel 1952 (anno della mia nascita) da Catania a Siracusa in macchina occorrevano dalle tre alle quattro ore di viaggio, ecco perché sono nato nella bella città aretusea, i miei non fecero in tempo a tornare a Catania. Mi sento catanese a tutti gli effetti, anche se quelle poche volte che torno a Siracusa c’è qualcosa dentro di me che ancora mi emoziona.
Prima cantavi brani di musica leggera, puoi raccontare di quegli anni?
Ho cantato fino agli inizi degli anni 70 poi a causa di un incidente che ha compromesso le mie corde vocali dovetti smettere. Per me sono stati degli anni fantastici e irripetibili. Ero interprete nazional-popolare e cantavo solo brani italiani, ad eccezione di un paio in lingua inglese e uno con qualche verso in francese. D’altronde sono cresciuto con il “Festival di Sanremo”, “il Cantagiro”, con “Castrocaro Terme” e con “Un disco per l’estate, le cui finali si svolgevano a Saint-Vincent. A Sanremo negli 60 venivano gli artisti più prestigiosi esistenti al mondo e si esibivano esclusivamente in lingua italiana! Per carnevale poi era obbligo per noi musicisti suonare e cantare i brani che erano stati accolti con entusiasmo dal pubblico. Andavo a “Casa Ricordi”, che allora era in Via Etnea, a comprare gli spartiti. Era una festa! Sono cresciuto con i “Complessi” dei Rokes, dei Camaleonti dei New Dada di Maurizio con Salvatore Adamo , Roberto Carlos, Peppino Gagliardi, Lucio Battisti e tanti altri ancora. Come dimenticare la Hit parade condotta da Lellio Luttazzi? Per la festività dei “Morti” in Piazza Umberto si faceva un grande mercato “A fera de motti”. A quel tempo il Signor Giannotta , proprietario di un negozio di dischi e di strumenti musicali mi chiamava nel suo locale per suonare in modo che la gente venisse invogliata a comprare. La sera si andava tutti a mangiare la pizza da Rio al Corso Italia (accanto Villa Manganelli) oppure ad Aci Trezza alla Luna Rosa della Signora Rosa. Mi sembrava tutto bello, forse perché ero giovanissimo. Mi avevano dato il sopranome di “Faccia d’angelo” e le ragazzine mi giravano attorno. Ero conosciuto ed apprezzato e tutti i miei sogni sembravano potessero avverarsi. Beata gioventù! Passi in fretta e non torni più … così cantava Umberto Napolitano nel 1967.
In Sicilia non sono molti quelli che si dedicano alle musiche dei barbieri?
No, per la verità siamo in pochi. Qualcuno spaccia il “liscio”, cioè le musiche delle balere emiliane per la musica dei “saloni”: Brutta cosa. “La nuova Compagnia del canto popolare di Favara”, che ha alle spalle un’attività di otto lustri è quella che dà maggiore notorietà a questa musica e poi ci siamo Io e Turi Pappalardo del “Duo da Barba” che facciamo la nostra parte con discreto successo. Spero ci siano in futuro giovani musicisti a portare avanti questa bellissima tradizione.
Puoi raccontare della tua esperienza con il barbiere Filippo Giacchi?
Ho conosciuto Filippo tramite mio cognato nel 2008. Era seduto nella sua bottega di barbiere a Licodia Eubea, in provincia di Catania, e suonava il mandolino. Gli chiesi che musica stesse facendo, perché per me erano sonorità sconosciute. “E’ una mazurca, mi rispose tranquillo, ma il titolo non lo so”. Tolsi dalla custodia la mia chitarra, e mentre suonava mi dettava a voce gli accordi. Andammo avanti per più di un’ora. Senza rendermi conto la bottega si riempì di gente che a ogni fine del brano applaudiva e ci incitava a riprendere di nuovo. Una esperienza fantastica! Lui era felicissimo, ma durò poco perché io gli dissi che dovevo rientrare a Catania. Gli promisi che sarei ritornato, e così fu. Avendo mia sorella in quella zona una villa che abitava per sei -sette mesi l’anno potei frequentarlo con una certa assiduità. Posso dire, che fu per entrambi una grande gioia suonare e comporre nuovi brani. Filippo mi parlò delle serenate e dei “Festini”. A lui devo tanto perché mi ha fatto conoscere e amare un mondo a me sconosciuto. Ancora oggi lo vado a trovare ed è sempre grande la gioia di ritrovarci.
Due libri “Dal rasoio al plettro”, “U tempu di farimi a varva” e un cd con Turi Pappalardo. Che cosa ti hanno portato questi libri?
Scrivere un libro o registrare un cd è qualcosa di magico. Puoi trasmettere agli altri le tue idee e far conoscere parte della tua sensibilità, diciamo che ti fai conoscere e soprattutto conosci tanta nuova gente. Il mio ultimo libro “U tempu di farimi a varva” è stato presentato al Festival del libro di Torino e di Milano, a Spoleto, a Roma e a Taormina. Mi ha dato la possibilità di incontrare tanta gente e vivere momenti importanti della mia vita con persone che mi sono state vicine come l’ortopedico – scrittore Alessandro Russo, che ormai fa parte dei miei più cari amici. Un libro o un cd musicale sono cose che rimarranno. Sarà un motivo in più per essere ricordato.
Come reagisce il pubblico ai concerti del duo da barba?
Dal 2009 data della fondazione, abbiamo fatto circa 150 interventi musicali, ottenendo ottimi risultati di pubblico e critica. Questo ci ha dato la voglia e la forza di continuare, spesso il pubblico batte le mani a tempo con le tarantelle, sempre apprezzate e coinvolgenti, e ascoltano in religioso silenzio le struggenti mazurche. Alla fine di ogni concerto in molti vengono a congratularsi con noi. Con grande gioia vedo tanti giovani fra il pubblico coinvolti piacevolmente. Questo mi fa ben sperare per il futuro.
Il mandolino ha un futuro tra i giovani?
Penso di si. A Palermo al Conservatorio Vincenzo Bellini si studia con grandi risultati e poi ci sono delle note orchestre a plettro, vedi quella della città di Taormina. Ultimamente ho notato che fra i giovani c’è un certo interesse per il mandolino classico e per le musiche country. Spero ce ne siano interessati anche per la musica dei “Saloni”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Fare progetti è importante: Sono più o meno come i sogni. Ci sono quelli che vanno in porto e quelli che non si avverano. Nel mio futuro c’è la registrazione di un nuovo cd musicale, a cui già sto lavorando. Un altro progetto è quello di fare una tournee in America e portare ai nostri connazionali un tocco di sicilianità. Adesso ti svelo un sogno: Mi piacerebbe far parte del cast di un film girato sulla “Barberia”. Spero e desidero tanto che ciò possa avverarsi. L’uomo non deve smettere mai di sognare, altrimenti la nostra vita si intristisce.