Il vocabolario Treccani definisce “legalità” l’essere conforme alla legge e a quello che questa prescrive. Va da sé che quindi un comportamento è legale quando rispetta le norme imposte dalla legge e illegale quando non lo fa, per cui incorre nelle sanzioni previste dalla legge. Legalità: una parola spesso sulla bocca di tutti senza che in effetti ci si interroghi abbastanza sul suo significato. A seconda di chi la cita, infatti, questa assume sfumature diverse.
Ci piacerebbe pensare che una certa tendenza alla legalità sia propria di tutti noi, ma così non è. La natura umana ci porta a volte ad istituire un codice proprio che non sempre combacia con quello proposto dalla società in cui si vive. Per cui un comportamento diventa illegale quando infrange le norme imposte dalla società in cui si trova la persona che lo mette in atto. Queste norme possono essere ritenute universali, ma spesso non lo sono. Esistono, infatti, comportamenti che in un certo Paese sono sanzionati fino anche all’estreme conseguenze, e che in altri Paesi non verrebbero nemmeno notati. Senza contare il fatto che la legge può essere letta e riletta da chi la pratica e la studia, magistrati e avvocati per esempio, ed essere interpretata in maniera differente.
“La legalità – afferma un documento della CEI del 1991 – è insieme rispetto e pratica delle leggi”. Non solo rispetto di norme imposte dall’alto, ma pratica quotidiana di regole condivise. “Così intesa – continua il documento – la legalità è un’esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune”. Legalità è anche uguaglianza dei diritti e dei doveri, dei cittadini di fronte alla legge. Se manca l’uguaglianza si mina il legame sociale e si accentuano le distanze culturali ed economiche. È l’uguaglianza il fondamento della legge, non viceversa.