Giuseppe Maurizio Piscopo
Maria Grazia Lala, laureata in giurisprudenza, lavora per una grande azienda. Inizia a scrivere racconti per la diffusione della cultura della legalità e del riequilibrio delle disparità sociali pubblicati nel periodico d’informazione locale “Cittàmia”. Nel 2012 la casa editrice Pungitopo pubblica il breve romanzo, dal titolo: “Era un lunedì”. Sette giorni che raccontano una cruda realtà di un’Italia falcidiata dalla guerra e mortificata dalla discriminazione razziale. Il racconto ottiene la menzione speciale della giuria alla prima edizione del concorso “Premio Mazara Narrativa Opera Prima 2015”. A novembre 2016 si aggiudica il primo premio letterario di “Cunti e Triunfi” il concorso per la valorizzazione di storie e del territorio indetto dall’A.R.S. con l’opera inedita “sempredisabato” pubblicato lo scorso febbraio dalla Pungitopo. Il romanzo si è classificato secondo al concorso letterario: IX Premio Internazionale “Navarro” 2017. La premiazione si è svolta a Sambuca il 13 maggio scorso. Il 3 agosto ha presentato il libro nel chiostro al Convento di Cianciana , nell’ambito della settimana della cultura, alla presenza del sindaco Santo Alfano e dell’assessore alla cultura Marilisa Cammarata.
Quando nasce esattamente la tua passione per la scrittura?
La mia vera passione è la lettura. Ho iniziato da bambina con il libro “Cuore”… durante le permanenze forzate a casa per via di alcune febbri ricorrenti: sono stata, e sono una lettrice accanita. Con Cechov e Turgenev ho scoperto la Russia, con Pearl Buck la Cina, con Steinbeck l’America e con Marquez i paesi neolatini e recentemente con Khaled Hosseini il Medio Oriente. I loro romanzi, racconti, le storie dei vari personaggi mi hanno fatto conoscere tradizioni, panorami, terre differenti. Le sofferenze dei diseredati, delle classi sociali più povere, delle ingiustizie mi sono arrivate perché dolori, emozioni e sentimenti condivisibili, sono uguali ed eterni…ovunque. Per quanto mi riguarda scrivo solo per un recupero della memoria dei miei coetanei ; una generazione di passaggio tra la seconda guerra mondiale, vissuta dai propri genitori, ed il conflitto odierno, una guerra mondiale diversa e più pericolosa delle precedenti.
Cosa ricordi di quando eri bambina, il primo giorno di scuola, i compagni, la maestra, l’atmosfera che si viveva nel tuo paese natio?
Sono nata a Palermo e la prima infanzia l’ho vissuta in una enclave tra piazza Indipendenza, via Colonna Rotta , via Cappuccini, via Cipressi e via Danisinni; strade dell’antico cuore di Palermo, prima dell’ espianto degli abitanti nei nuovi quartieri di periferia. Le relazioni , le amicizie e una quotidianità simile alla vita che si svolgeva nel paese originario dei miei genitori. In tale rione popoloso e proletario l’unica scuola elementare era l’Istituto religioso delle suore missionarie d’Egitto… e considerando la storia e la leggenda del quartiere, nato durante il periodo della dominazione araba, la designazione dell’istituto non è così bizzarra. Purtroppo, sin dal primo anno di frequenza della scuola religiosa , non passò il messaggio caritatevole e misericordioso, bensì inconsapevolmente presi atto delle forti differenze di classi sociali e della diversità ed iniquo trattamento praticato ! La mia maestra “ Suor Caterina “ pur essendo comprensiva ahimè rispondeva alle direttive dell’istituto certamente non improntate alla piena democrazia.
Come hai vissuto il primo impatto con la città di Palermo? E’ vero che dalla città tutti fuggono e sono rimasti solo i “matti”?
No, non i matti… dopo la laurea, come tanti giovani, ho vissuto circa dieci anni fuori dalla Sicilia, per ragioni di lavoro e ricoprendo diversi incarichi nella Pubblica Amministrazione. Da bambina ho sofferto della lontananza di due miei fratelli maggiori che si sono stabiliti per lavoro in Emilia Romagna e sempre inconsapevolmente maturai l’idea che i giovani migliori vanno via…
Qualcuno ha detto che tu scrivi per diffondere la legalità per il riequilibrio delle disparità sociali. Vuoi spiegare meglio questo pensiero
Scrivo delle storie, memorie di situazioni inquinate da un smog pestifero e mortale. Sono storie del mio passato, di ragazzi che si preparavano all’esame di maturità nel ’71 all’indomani del movimento sessantottino, di una città devastata dall’approvazione di circa 1500 concessioni edilizie approvate in una sola notte del giugno del ‘71, dalla giunta comunale presieduta dall’allora sindaco Vito Ciancimino.
Che significato hanno i giorni per te, se nei titoli dei tuoi libri troviamo sempre: era di sabato, era di lunedi?
Per quanto riguarda il primo breve racconto ,” Era un Lunedì”, un omaggio a Ninetta, mia madre, giovane donna che da un paese dell’entroterra siciliano, dopo il matrimonio si trova catapultata a Roma e, appunto un lunedì di giugno, ascolta la dichiarazione di guerra pronunciata da Mussolini. Il racconto descrive la storia quotidiana di Ninetta: sette giorni di sei anni dal 10 giugno del ’40, al 2 giugno del 46, data del referendum tra monarchia e repubblica, dove per la prima volta le donne furono chiamate alle urne. Per il titolo del secondo romanzo ho avuto diverse idee: Sezione E , in riferimento alla mia classe del liceo, Arance Amare, in riferimento alla storia del padre di una compagna , condannato per associazione a delinquere di tipo mafioso; infine il titolo definitivo: “ Sempre di sabato”, perché racconto storie di adolescenti che si affacciano alla vita pieni di aspettative e speranze. Ognuno di noi conserva l’emozione dell’attesa del proprio futuro. Sappiamo che poi tutto cambierà, in maniera imprevedibile o secondo un destino prestabilito, ma la potenza di quel ricordo e di quei legami di amicizia rimangono intatti.
La Tv in bianco a nero voleva riunire i dialetti in una sola lingua. Mi viene in mente il Maestro Alberto Manzi del programma: “Non è mai troppo tardi”…
La nostra generazione è cresciuta con la televisione; una TV con un solo canale, con trasmissioni ad orari contenuti, solo nel pomeriggio (Tv dei ragazzi) e la famosa trasmissione seguita da tutti: “Non è mai troppo tardi”. Il maestro Manzi con la sua umanità e bravura con la matita ci regalava la comprensione delle parole. Il maestro ha avuto il merito di avere contribuito a risolvere la piaga dell’analfabetismo, diffusa tra le persone più anziane, mentre ai bambini ha dato l’immagine di una didattica, e di un insegnamento all’avanguardia.
Nel tuo libro si parla pure della Radio, di Enzo Tortora con il suo programma : “Il Gambero”, che cosa ha rappresentato la radio per te?
La radio, con una storia più antica, è e rimane un mezzo sempre moderno e attuale. Sempre un passo avanti alla tv, sia come programmazione, sia come anticipazione di idee, sia come facilità di fruizione. Le rivoluzioni di costume sono passate dalla radio…Pensiamo a trasmissioni come “Alto Gradimento” , o “Gran Varietà” e poi, vuoi mettere la libertà che ti lascia la radio: ascoltare una voce, una storia, la musica. Sei tu il regista, il fotografo, il produttore delle immagini!
Nei tuoi libri traspare la paura dei siciliani per il futuro. E’ così?
La paura o il problema, secondo me, relativo non solo per i siciliani, è la sfiducia delle possibilità di un futuro, in modo particolare per le giovani generazioni …oggi si parla di fuga di cervelli… cui si aggiunge la convinzione dell’impossibilità del loro rientro .
Puoi commentare e spiegare questa tua espressione: “E’ stato il mare a restituirmi brandelli di ricordi”…
La frase è di Primo Levi che si chiede anche come mai la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità! In realtà oggi più che mai ci chiediamo a cosa serve la memoria? Sicuramente la memoria serve ad affrontare il futuro ; l’uomo contro le iniquità e ingiustizie possiede solo lo strumento della memoria “collettiva”, per contrastare lo strumento più potente del potere che è l’oblio o la manipolazione della memoria…
Come hai vissuto il sacco di Palermo, tu che ami il bello, l’arte e i monumenti e le ville distrutte in una sola notte?
Come chi si trova nell’occhio del ciclone, in quel momento, non vede ciò che lo sconquasso produce intorno. Così le conseguenze delle barbare concessioni edilizie del ’71 si sono viste negli anni successivi: giardini di agrumeti della conca d’oro cementificati, ville liberty distrutte, palazzine abbattute, uno scempio perpetrato non più rimediabile.
Gaetano Celauro noto giornalista siciliano ha scritto che nei tuoi libri c’è il vissuto di una generazione, le attese e le speranze che talvolta si sono spente. Sei d’accordo su questa descrizione?
Gaetano Celauro , che ringrazio tantissimo per le recensioni dei miei due racconti e delle quali sono molto orgogliosa in “Sempre di sabato” in generale ha colto il senso dell’attesa dei giovani. Le vite si sviluppano in percorsi differenti che consentono ad alcuni di realizzare le aspettative, per altri no e così le loro speranze si spengono.
Il passato riaffiora sempre?
Si, la memoria non è il ricordo è quel filo che lega il passato al presente e condiziona il futuro.
Che cos’è per te la bellezza?
Una armonia, l’ispirazione di serenità, conoscenza delle diversità e l’assenza di ogni forma violenza.
Che cosa non hanno ancora capito gli uomini delle donne?
Sai, credo che la comprensione sia verso l’altro essere umano senza differenza tra uomo e donna..
Che cosa stai preparando o scrivendo in questo momento?
Ho iniziato un racconto ambientato negli anni ’50 prima del boom economico… è un’idea…
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non ho mai fatto progetti a lungo termine in un articolo di un mensile di psicologia, uno studioso spiegava che per non deprimersi occorre pensare a un arco temporale abbastanza limitato, questo consiglio era rivolto soprattutto agli adulti…