Il Barone Mendola pensò alle orfane, agli anziani e ai bisognosi quando a sue spese edificò l’opera pia Boccone del povero, alla fine del 1800.
Recentemente la congregazione delle suore ha abbandonato i locali e il commissario straordinario non avendo trovato un’altra congregazione religiosa che si facesse carico della struttura ha dichiarato estinta l’opera pia, che diventerà, a breve, proprietà del Comune.
I particolari della vicenda sono raccontati in un altro articolo dal bravo Giuseppe Moscato, mentre c’è un aspetto “curioso” sul quale tornare. E in particolare: è finito il bisogno? Se così fosse, il primo ad essere felice sarebbe lo stesso barone Antonio Mendola, grande benefattore. Purtroppo, il bisogno, la povertà e il disagio sono ancora presenti, ciò che sembrerebbe essere mutata è la solidarietà. Mi spiego meglio. In passato i benefattori donavano senza nulla pretendere, oggi, nella stragrande maggioranza di casi, la “beneficienza” è un business. I centri, le case di accoglienza, sono aziende e in quanto tali devono raggiungere il profitto. Strano a dirsi, ma gestiscono la solidarietà con il denaro pubblico, con il denaro degli altri e devono pure guadagnarci.
Ora, sconosco le reali ragioni dell’abbandono da parte della congregazione religiosa ma sono pronto a scommettere che quella economica non sia da escludere. Forse è la principale.
L’attività chiude ma non per mancanza di “clienti”. Questi ultimi non mancano mai e la solidarietà troverebbe sempre spazio.
Anna Alba, sindaca di Favara, cercherà, così mi ha detto, di rispettare le volontà del benefattore Barone, destinando parte dei locali a scopi sociali. Menomale, perché di bisogno ce n’è tanto ed è sempre con gli stessi colori, ciò che è cambiata sono alcune forme di solidarietà diventata business. Chiaramente, senza fare di tutte le erbe un fascio perché, ringraziando Dio, resiste ancora il donare se stessi.