Giuseppe Maurizio Piscopo
Ezio Noto è autore, musicista e compositore di Caltabellotta (Ag). Fondatore di due progetti musicali, Daniele Treves Band e Disìu, con diversi dischi all’attivo, ha collaborato con Edoardo De Angelis, Moni Ovadia, John Peter Sloan, Francesco Giunta, Nonò Salamone, Raimondo Moncada, Lucia Alessi, Vito Marciante, Cattivo Costume, Mario Ciola, Piero Carbone. È ideatore e direttore artistico di eventi come Caltabellotta Città Presepe e Dedalo Festival. Collabora con la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Palermo. Studiato e citato in alcune tesi di laurea. Diversi premi e riconoscimenti in carriera: Premio “La Magnifica identità Siciliana – Vincenzo Licata” nel novembre 2015, Premio “Arte e Cultura Siciliana – Ignazio Buttitta” nel dicembre 2016, Premio “La campana di Burgio” nell’agosto del 2017 e, per il volume “Mio padre non conosce la mia musica”, Premio Kaos “Salvatore Coppola” nel dicembre 2017.
Quando hai scoperto le tue qualità artistiche e musicali e quando imparato a suonare?
Inizio molto presto, da bambino intorno ai 5 anni, un regalo di nonno Nino, un organino Bontempi, comincio a scoprire pian piano un nuovo mondo, un’arte straordinaria, l’arte dei suoni. Comunque la musica è sempre una ricerca continua.
Come eri da bambino, puoi descriverti…
Sono sempre stato incuriosito dall’arte, dalla musica, dalle canzoni. Un bambino normale, folle come tutti i bimbi, follia data dall’incoscienza e dalla curiosità di scoprire.
Quale ricordo hai del maestro di scuola, dei compagni, dell’atmosfera di allora a Caltabellotta?
Ho avuto una maestra, una carissima maestra che ricordo sempre con affetto, la maestra Cusumano alle elementari a Caltabellotta. Poi in quinta elementare arriva un supplente, un giovane maestro alle prime armi Enzo Mulè, indirettamente, con il suo modo di essere alternativo nell’insegnamento, mi aiuta a capire che non serve seguire la massa e il conformismo e che è possibile provare ad essere se stessi e dare libero sfogo alle tendenze creative, senza per forza scimmiottare gli altri. Ricordo tutti i compagni di scuola, alcuni vivono ancora a Caltabellotta.
I bambini digitali sono felici, tu sei stato un bambino felice?
Io sono stato come molti bambini, triste e felice. E’ semplice rendere felice un bambino come lo è altrettanto semplice deluderlo e renderlo triste. I bambini di oggi sono come i bambini di allora, tristi e felici. Il problema che hanno molti bambini di oggi, a mio avviso, è quello di avere, rispetto alla mia generazione, minore rapporto con il reale ed essere troppo rapiti dal virtuale. Sono preoccupato da questo aspetto che toglie molto loro, avendo meno possibilità di uscire fuori all’aperto e godersi il sole, sporcarsi, correre.
Quale era l’atmosfera musicale che hai vissuto nella tua infanzia a Caltabellotta?
Tanta musica, tante foto, tante persone: Gaspare Pumilia, i fratelli Schittone Pino e Salvino, Angelo Rotolo, Pasquale Zito. Il 7° Parallelo: Paolo Campione, Pietro Grisafi, Paolo Gaglio, Vito Maggio, Giuseppe Randisi, il maestro Salvatore Arcabasso grande sax, Totò Randazzo e tantissimi altri. Era il tempo dei gruppi, allora si chiamavano complessi, formazioni musicali che suonavano nei matrimoni e feste private nei veglioni che si organizzavano nella splendida Villa Comunale di Caltabellotta e qualche volta in piazza nelle feste patronali. Adoravo ascoltare le loro esibizioni, mi incuriosivano tutti gli strumenti. La svolta per me è stata la collaborazione con Vito Marciante, mentre tutte queste formazione copiavano le canzoni degli altri, come si direbbe adesso, facevano le cover, con Vito si apre una strada nuova, una magnifica possibilità, che dopo è diventata una esigenza fondamentale per me, ho avuto la fortuna di iniziare a comporre canzoni e musica.
Tu sei un musicista, un compositore Che cos’è per te la Musica?
Difficile dare una definizione sinteticamente, dico che la musica è aria, arte impalpabile, vola leggera e penetra gli animi. Per me è un riparo, è luce, un linguaggio, una lavagna su cui appuntare il mio tempo al cospetto delle cose, dei fatti, della natura, degli esseri viventi che lo vivono, le mie sensazioni, le mie emozioni.
Che cos’è la band Disiu? Quale significato ha per te la parola Disiu?
Disìu è un disco prima di tutto, uscito nel 2013, è anche un progetto che definisco aperto, nel quale all’interno viaggiano, vanno, tornano, cantano, suonano, musicisti, poeti, attori straordinari di diverse regioni di Italia che arricchiscono me e la mia musica. Tutto è mosso dal desiderio da non confondere con bramosia. Quando non desideri si rischia il ristagno, l’oblio. Tantissime collaborazioni con Disìu.
L’importanza del dialetto in Sicilia… Quante corde perde al giorno la nostra lingua?
Il dialetto è una delle cose che ci identifica, ci dona una identità, e ci aiuta a capire chi siamo e da dove veniamo, ci collega alle nostre radici. Lo reputo importante principalmente per questo, un albero senza radici non regge, al primo soffio di vento viene spazzato via. A scuola ai miei tempi era quasi bandito, adesso mi invitano per suonarne e parlarne, sono fiducioso.
Il dialetto negli ultimi 20 anni della nostra storia…
Reputo di fondamentale importanza quello che negli ultimi venti anni hanno saputo fare tantissimi studiosi e cultori. Un fatto importante è rappresentato da tanti artisti che con lavori discografici, canzoni e altro hanno saputo mantenere e tramandare. Consiglio un lavoro straordinario, il saggio del Prof. Roberto Sottile docente di linguistica italiana alla facoltà di lettere di Palermo che si intitola appunto: “Il dialetto nella canzone italiana degli ultimi venti anni” Aracne edizioni, dove sono contenute anche alcune mie canzoni e la mia autobiografia linguistica.
Il tuo libro: Mio padre non conosce la mia musica Medinova Editore, ne vuoi parlare ?
Volentieri, una cosa per me impensabile fino a qualche mese fa, io scrittore. Tutto nasce dalla conoscenza di Antonio Liotta fondatore e Presidente di Medinova, gli raccontavo alcune cose che stavano accadendo a me e alle mie canzoni. Arrivati ad un certo punto del mio racconto mi disse “perchè non ne facciamo un libro?” Pensavo fosse complicatissimo e invece in pochissimo tempo sono riuscito a scriverlo. Prefazione di Roberto Sottile, copertina di Giovanni Proietto fotografata da Angelo Pitrone. Una storia che coinvolge centinaia di persone, fatti e ricordi.
Tintinnabula è un disco progetto dedicato alle campane di Burgio, che cos’è questo progetto?
Un disco, un libro, un sogno che si realizza. Su richiesta del lungimirante Sindaco di Burgio Vito Ferrantelli, penso e realizzo una vera e propria opera multimediale ispirata dal tempo e dalla operosa cittadina di Burgio che oltre alla tradizione della ceramica, detiene una fonderia di campane attiva dal 1500 una delle pochissime in Italia, La Fonderia Virgadamo di Luigi Mulè Cascio. Con la collaborazione di “Disco33” di Francesco Barbata, “Le Culture Diverse”di Cristina Marchione, Medinova di Antonio Liotta e di tanti artisti, realizziamo, registrandola dal vivo il 6 agosto 2017 “Tintinnabula”. Subito dopo, racconto come nasce l’idea e raccogliendo le sensazioni di tutti gli artisti partecipanti, la prefazione di Vito Ferrantelli e la nota dell’editore Antonio Liotta, con foto di Angelo Pitrone, Francesca Riggi, Anna Rizzuti, Patrizia Noto, Nicola Pollina e Nino Di Maio nasce anche un meraviglioso libro, entrambi presentati ufficialmente il 23 dicembre 2017 nella Chiesa madre di Burgio. Nel disco 17 movimenti di emozione pura, si interfacciano sulla mia musica artisti superlativi: Edoardo De Angelis, Nonò Salamone, Francesco Giunta, Gaetano Aronica, Ornella Giusto, Giuseppe Veneziano, Cattivo Costume, Marco Caterina, Totò Randazzo, Gianni Amore, Valeria Cimò, Danila Massimi, Adotey Akueson, Antonio Smiriglia, Nicola Pollina, Giusy Schilirò, Giò Vescovi, Libero Reina, Pasquale Augello, Pino Tortorici. La copertina realizzata dal vivo dal pittore Giovanni Proietto e la imponente scultura “Dedalo” di Salvatore Rizzuti che ci guardava volando. Raimondo Moncada, Lucia Alessi, Anna Burgio, Ennio Salomone, Mel Vizzi, Fabio Guglielmino, Melchiorre Titone, Leonardo Raso e tanti altri, in modi diversi hanno dato un contributo notevole all’evento.
Cosa rappresenta per te il suono delle campane?
Le campane segnano con il loro suono i tempi dei luoghi. Le gioie, i dolori, gli avvertimenti, gli avvenimenti, la vita. Le campane sono la vita. Dove suonano le campane ci sono uomini, donne, bambini, verde curato, terra che produce frutti migliori. Non sono andati via a cercare il pane. La fonderia di Campane di Burgio resiste in attività in Sicilia, una delle poche in Italia ed è attiva dal 1500. In oltre 500 anni di vita artistica, il suono delle campane di Burgio, quanti cuori e quante anime ha accompagnato nelle loro vite in diversi posti del mondo? Questo suono familiare è la base di partenza del progetto. La mia idea di idealmente farle “suonare tutte” quella notte, è un omaggio alla città di Burgio ai piccoli centri e a questa arte, la speranza che continuino a suonare per sempre. Quella sera e tutte le volte che si vorrà, attraverso il lavoro discografico che ha partorito questo progetto, vibreranno quei bronzi ancora, unendo le vite degli uomini e delle donne, viaggiando oltre il tempo e lo spazio.
Hai raccontato i piccoli borghi, dove c’è poca gente ed io racconto la fuga delle città… Dove sta la felicità secondo te nei borghi o nelle grandi città?
La felicità sta nell’individuo e nella voglia di esserci e realizzare sogni, è importante la città quanto i piccoli centri che non devono morire e chiudere.
Hai ricevuto molti premi: Buttitta, l’ultimo solo in ordine di tempo il Premio Kaos sulla editoria e la legalità. Ne vuoi parlare?
Sono cose che mi riempiono di gioia e ringrazio tutti quelli che hanno voluto regalarmi queste belle emozioni. A me servono come incoraggiamento e per andare sempre avanti, il fatto che quello che faccio non passa inosservato mi gratifica e stimola.
Perché gli uomini di oggi sono così violenti con le donne che dicono a parole di amare?
L’amore è un’altra cosa, chi ti ama non ti picchia, ti accarezza. Una società malata che esaspera la voglia di possesso. Uomini piccoli che guidati da una insana morbosità legata al possesso, pensano di poter dominare e comandare con la violenza esseri umani e sentimenti.
La bellezza salverà il mondo… Puoi commentare questa frase di un celebre scrittore russo?
Sicuramente la bellezza aiuta a conoscere e vivere meglio, nessuno dovrebbe privarsene.
Sei il punto di riferimento della Cultura Caltabellotta: La Città Presepe, Il Dedalo Festival due progetti musicali, concerti, incontri con i musicisti siciliani… Ne vuoi parlare?
Non è così. Il mio paese è distratto, non ha molta memoria storica, dimentica in fretta, svolta immediatamente verso derive nazional popolari trite e ritrite, massificate e di dubbio gusto estetico, perdendo di vista quello che è il successo culturale che hanno avuto in passato diverse iniziative.
Dimentica che gli artefici di quelle primavere sono ancora in vita e potrebbero dare importanti contributi. I risultati sono dati prima di tutto dalla originalità delle idee al servizio di un paradiso di bellezza paesaggistica, storica e monumentale. Rimango sempre disponibile e a titolo gratuito come sempre, e aspetto tempi migliori.
Quante chiese vi sono a Caltabellotta. Qual è il fascino di questo storico paese?
Sono tantissime le chiese di Caltabellotta, prima sede Vescovile della Sicilia, tutte meravigliose e situate in posti particolari. La Cattedrale, San Pellegrino, la Chiesetta della Pietà e tantissime altre, alcune attive, altre abbandonate, qualcuna che negli anni è diventata altro, altre abbattute purtroppo. Caltabellotta ha una storia millenaria e le tracce sono ancora visibili.
La maggioranza dei siciliani non ha mai visitato Caltabellotta, città d’Arte, cosa si può fare per rilanciarla?
Serve investire in Cultura e in eventi che qualificano e che siano unici. Quando abbiamo realizzato per la prima volta Caltabellotta Città Presepe nel 1994, rappresentava un evento unico. La rinascita culturale, sociale economica che metteva in mostra la bellezza di un territorio. Andrebbe valorizzato e fatto conoscere ancora di più il Museo Civico che contiene le opere di Salvatore Rizzuti, donate dall’artista alla città, meraviglie e capolavori.
Cosa pensi del fatto che nelle case dei siciliani, ci sono tv a 50 pollici in quasi tutte le stanze e mancano i libri?
Tutto dipende dall’utilizzo che ne facciamo degli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione. Tutto ha una sua valenza e una sua importanza. La televisione non potrà mai sostituire un buon libro e viceversa. Il tipo di utilizzo che ne facciamo determina la differenza. Questo vale anche per internet, i social e altro.
Puoi parlare della tua collaborazione con l’Università di Palermo?
La devo a Salvatore Coppola, compianto Editore di Trapani che ha regalato un mio disco al Prof. Ruffino che a sua volta mi ha messo in contatto con il prof. Roberto Sottile. Da quel momento sono iniziate le collaborazioni, le lezioni concerto, la tesi di laurea di una studentessa di Mazara del Vallo sulla lingua utilizzata nelle mie canzoni.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Intanto la promozione e la presentazione dei 2 libri e il disco nuovissimi: “Mio padre non conosce la mia musica” e “Tintinnabula” disco e libro. Dopo la doverosa prima a Burgio questi lavori saranno presentati in diversi luoghi e varcheranno i confini regionali, un importante appuntamento sarà quello con Medinova dal 10 al 14 maggio 2018 al Salone Internazionale del libro di Torino. La collaborazione con le mie musiche con John Peter Sloan per la serie televisiva “Smith di Sicilia” e per altri spettacoli con l’attore Giovanni Libeccio. Ho iniziato a scrivere una nuova opera che si realizzerà la prossima estate in uno dei siti archeologici più belli del mondo. Un disco nuovo già in lavorazione da tempo che all’interno avrà in 2 canzoni “Ninnella” e “Sciroccu di l’arma” la collaborazione con poeti che adoro quali Mario Ciola e Piero Carbone, Disco33 con l’insostituibile Francesco Barbata e diversi musicisti straordinari. Uscirà anche un videoclip la prossima estate che aprirà la strada al disco, grazie alla collaborazione con il Videomaker e regista riberese che opera a Firenze Peppe Catalanotto.