Intervista ad Angela Fogazza
Giuseppe Maurizio Piscopo
Angela Fogazza nasce a Palermo il 28 gennaio del 1955.
Durante il periodo universitario (quando già insegnava da tre anni) ha iniziato a recitare in una compagnia teatrale, facendo tournèe in Sicilia; contemporaneamente frequentava un corso semestrale di Operatore teatrale presso il Teatro Libero di Palermo, avendo la fortuna di imparare da maestri come Augusto Boal (creatore del “teatro dell’oppresso”) ed altri artisti internazionali. All’apprendimento delle tecniche teatrali, aggiungeva quelle di Danza: classica, moderna, contemporanea, flamenco. Non contenta di ciò, sperimentava l’uso della voce, durante corsi organizzati dalla Ricordi (1979) e con la frequenza del coro F. Listz come mezzosoprano. Andava così elaborando un “suo” metodo di didattica del Teatro, di tipo “multimediale”, cioè integrando lingue e linguaggi dell’Uomo, da applicare al contesto scolastico. Da queste riflessioni è nato un manuale teatrale per la scuola dell’obbligo “Teatro in classe” edito nel 1992. Intanto si moltiplicavano le chiamate dei presidi, dalle scuole primarie alle superiori, per averla come esperto esterno con spettacolo finale, attività che ha svolto fino a pochi anni fa. Dalla notevole quantità di testi teatrali prodotti, ne ha selezionati quattro, raccolti nel libro “Legalità in scena” (edito con HOMBRE nel 2006) aventi come filo conduttore la lotta alla mafia, vista con gli occhi dei bambini e dei ragazzi. I testi hanno avuto tanto successo da essere stati messi in scena da numerose scuole, anche presso l’aula bunker dell’Ucciardone… Non contenta di “produrre in proprio”, ha stimolato tutte le scuole cittadine a creare delle opere teatrali, secondo il genere del musical, avvalendosi del patrocinio gratuito dell’assessorato comunale alla Scuola. Ha organizzato così, per tre anni consecutivi (1999-2000-2001) la Rassegna teatrale “La Scuola in Musical”, ospitata dal teatro della Scuola “Luigi Capuana”. Intanto il suo impegno sul fronte della formazione dei Docenti si intensificava, al punto da progettare numerosi corsi di aggiornamento (circa 70) da sottoporre all’autorizzazione del MIUR. Avuto il consenso, dal 1997 ad oggi, come presidente dell’associazione HOMBRE, organizza alcuni corsi per docenti di ogni ordine e grado, sul Teatro, sulle Tecniche artistiche, sull’Ambiente, sull’Informatica; i prossimi, inizieranno a settembre 2018. Come docente della scuola primaria (è abilitata all’insegnamento di Lettere alla Scuola Media inferiore), ha aggiunto alla docenza di tutte le discipline previste, anche la lingua Inglese (dal 1992 ad oggi), arricchita dalle esperienze fatte durante i numerosi viaggi all’Estero e dal Progetto Comenius, che le ha permesso di conoscere altre realtà educative: Turchia, Polonia, Francia.
La maestra Angela Fogazza è stata la mia tutor all’inizio della carriera di Maestro al Rosolino Pilo. Abbiamo vissuto momenti splendidi di Teatro e Musica, ci siamo confrontati con l’obiettivo comune di far crescere i bambini in un mondo migliore fatto di fantasia e nuove scoperte con un grande rispetto del mondo.
Come eri da bambina? I ricordi della tua maestra, dei tuoi compagni, l’atmosfera che si viveva allora a Palermo…
Molto vivace, ribelle, ma al tempo stesso solitaria, immersa nelle mie fantasie. Maestre ne ho avuto tante, dalla seconda in poi ho frequentato un istituto di suore, ahimè. La mia introversione si è accentuata, il mio romanticismo non era capito, apparivo “strana” sia alle compagne che alle insegnanti. Avevo pochissima vita sociale, allora non usava andare nelle case delle compagne o partecipare a compleanni. In una Palermo ancora libera dal traffico e dai rumori, il mio giorno speciale era la domenica, quando i nonni mi portavano al Giardino Inglese o a Villa d’Orlèans, e lì potevo finalmente correre, cosa che mi era proibita per il resto della settimana.
Ricordi il primo giocattolo che hai avuto?
Forse non il primo, ma certo il più gradito! E ce l’ho ancora: un teatrino smontabile…me lo regalarono i miei genitori durante una malattia, perché mi distraessi un po’…e da lì è iniziato il mio amore per il teatro…acceso più che mai!
Quando hai deciso di fare la maestra e perché hai scelto questo difficile e appassionante mestiere?
E’ una strana storia: insegnare non era nei miei programmi, avrei voluto frequentare il Liceo artistico (dipingevo tutti i momenti che potevo), mi costrinsero ad iscrivermi all’Istituto Magistrale, come si chiamava allora. Le mie capacità artistiche le impiegavo per aiutare mia madre maestra, nel realizzare cartelloni, pupazzetti, casette di cartone e tante altre “diavolerie” tipiche della scuola primaria…ed intanto, finito il liceo, mi iscrissi a Lettere al Magistero. Non ero brava in Latino e così al suo posto, nel piano di studi inserii Pedagogia scritta e orale. Un giorno mia madre mi fa: – Angela, è stato bandito il Concorso Magistrale, visto che devi sostenere lo scritto di Pedagogia, ti faccio seguire da un professore e ti servirà anche per lo scritto del Concorso…Come dire di no? Conclusione: ho superato entrambe le prove, addirittura il mio tema del Concorso è stato valutato 38/40, voto ottenuto solo da cinque persone su tremila concorrenti! A questo punto, non avevo scelta: continuare…Votazione massima anche agli orali, vincita della cattedra, mi vedo catapultata in una scuola di frontiera, Via del Vespro, zona Policlinico…e senza un giorno di esperienza alle spalle! Dopo i primi momenti di panico, ho capito che ero capace di conquistarli, di capirli, di amarli…
Nella tua grande esperienza, trovi che i bambini siano cambiati, da quando hai iniziato ad oggi?
Apparentemente sono molto cambiati, sicuramente in peggio e sicuramente per colpa degli adulti! Ai bambini è stata tolta una serie di cose, molto importanti: il tempo innanzitutto: tempo “vuoto”, da gestire in autonomia, da soli o con i coetanei…e non per far parte necessariamente di squadre di calcetto, pallavolo, canottaggio, equitazione, ecc… ecc; bensì tempo per pensare, fantasticare, creare giochi e giocattoli con materiali poveri, per avere (perché no?) un amico immaginario, per scrivere un diario segreto, per immaginare tanti “futuri” possibili. Altra cosa di cui li abbiamo privati: le regole. Regole ferme, sicure, costanti, rassicuranti. Senza violenza, né fisica né verbale, semplicemente fermezza ed autorità…un’autorità che i genitori hanno perduto (non tutti, fortunatamente); un’autorità che è stata sostituita da deformanti atteggiamenti amicali, nel terrore che i figli divengano ostili, reattivi, magari in pubblico, costringendo i genitori a “fare qualcosa” per farli smettere, per non farli gridare, dimenarsi, distruggere quello che li circonda…scene a cui assistiamo giornalmente. Altra cosa di cui li abbiamo defraudati: la poesia, la fantasia, i sentimenti, la tenerezza…tutto quel magico mondo infantile che la società dell’efficienza, del profitto, del consumismo non tollera, non considera “utile”, non “serve” a qualcosa…
Sono felici i bambini di oggi?
Quando insegnavo vicino al Policlinico, avevo il forte istinto di strappare i miei alunni alle loro famiglie, salvarli dal degrado, dalla violenza domestica e del quartiere, costringerli a seguirmi, quasi come il pifferaio di Hamelin, in un mondo più bello, più giusto…ma capivo che anche quella sarebbe stata una violenza ed allora, creavo io in classe, un mondo magico, surreale, bizzarro, fantasmagorico…non importava se i genitori capissero o meno, io per quattro ore al giorno, imponevo la “mia” legge, quello era il “mio” regno e tutti adoravano questa regina un po’ bislacca…perché con me erano felici! Poi, ho insegnato nei “quartieri bene”…ed è stato sempre più difficile salvarli dagli adulti…Sono felici i bambini, oggi? Malgrado gli adulti, la società del benessere, la competizione implacabile, le pressioni dei genitori, il loro cattivo esempio, i bambini trovano miracolosamente spazi di felicità, creano quasi dei ghetti segreti in cui si ritrovano, parlano, attuano strategie, inventano, costruiscono staccionate… Se li si ascolta, senza essere scoperti, si può captare un mondo incredibile e lontanissimo da noi…auguro loro di riuscirvi ancora per molto!
Come le vedi le maestre di oggi?
Soprattutto stanche! Ancora per poco, non disamorate del loro lavoro…compresse tra la burocrazia invadente e il sempre più problematico rapporto con i genitori.
E i maestri?
Vorrei ce ne fossero tanti, decine, centinaia di maestri! La società è varia e nella scuola deve esserci quello che c’è fuori dalle sue mura: ricordo un collega gay dichiarato, amatissimo dai suoi alunni, i quali, malgrado un quartiere maschilista ed arcaico, era rispettato e quasi difeso dai suoi piccoli. Vorrei che tra i docenti non si parlasse solo di ricette e malattie, o figli e detersivi, ma anche di politica, di campagne umanitarie, di diritti civili, di stili di vita, di strategie di lotta al consumismo, allo spreco, all’omofobia e al razzismo…
Quali libri sono stati fondamentali per te?
Alcuni libri hanno sostenuto il mio lavoro di maestra, altri addirittura la mia stessa esistenza…ne elenco alcuni senza un ordine preciso: il “De tranquillitate animi” di Seneca, “L’amante” di Duras, “L’amico ritrovato” di Ulhman, “L’amante di Lady Chatterley” di Lawrence, ”I ragazzi della via Paal” di Molnar, “La grammatica della fantasia” di Rodari, “Il crogiuolo” di A. Miller, “La fattoria degli animali” di Orwell, “Siddhartha” di Hesse, “Lezioni americane” di Calvino, “L’età forte” di S. De Beauvoir.
Qual è sinceramente la tua idea della buona scuola?
La mia generazione di docenti ha avuto la fortuna di vivere i giorni gloriosi della sperimentazione, dell’impegno sociale, della creatività pervasiva di tutte le discipline, del confronto, dei dibattiti (veri), della collaborazione, prima della creazione dei “moduli”, artificiosa ed oppressiva, tranne una minima percentuale di situazioni “felici”…La mia idea di “buona scuola” somiglia molto al sogno steineriano: esperienze a tutto campo, creatività trasversale a tutte le discipline, manualità, spazi in cui muoversi agilmente, orti, giardini, sale per la danza, le attività motorie, sale per la pittura, per la musica, …senza privare però gli alunni di solide basi cognitive, con uno sguardo che parta dal proprio territorio (lingua, tradizioni, canti, danze, etc.) e spazi fino a contenere il mondo intero.
Che cosa non ha fatto la scuola per i bambini?
Non ha sfruttato appieno la loro creatività ed inventiva, relegandole a quegli spazi considerati “artistici”, senza pensare che tutto può essere permeato di creatività, a cominciare dalle materie scientifiche fino a quelle spiccatamente artistiche come la musica, la danza, le arti visive, il teatro!
Il teatro e la scuola sono tue grandi passioni. Ne vogliamo parlare?
Scuola e teatro sono per me un binomio inscindibile, insieme sono il mio stile personale, potrei dire la cifra distintiva del mio stare a scuola. Non ho mai considerato l’attività teatrale, la “scenetta di Natale” o lo “spettacolo di fine anno scolastico”. Da quel magico momento in cui ebbi tra le mani quel teatrino smontabile, tutto è cambiato: non ero più sola! La mia mente cominciò ad inventare di tutto: personaggi, storie, situazioni, intrecci, burle, equivoci, paradossi, tragedie, inganni, innamoramenti, travestimenti, congiure, uccisioni, resurrezioni, misfatti, re e reami, sonni e risvegli, ricerche e scoperte, battaglie e duelli, animali fantastici e creature magiche…tutta la realtà che mi passava sotto gli occhi veniva trasformata e portata “sulla scena”. Così per anni e anni, fino a quando entrai in una classe…decine di occhi mi guardavano curiosi, aspettavano in silenzio una mia mossa, una mia frase, mi scrutavano per capire se ero un’intrusa o una di loro…nascondendo la mia paura, dissi le paroline magiche: “Facciamo che tu eri un cavaliere e tu un orco cattivo…Le facce dei bambini si illuminarono contemporaneamente e tutti insieme, nel giro di dieci minuti, abbiamo inventato una storia, messa subito in scena, in una ordinata baraonda, indimenticabile…il resto è storia, come si suol dire!
Come ti senti nel tuo ultimo anno di scuola?
Ambivalente, come è prevedibile. Da un lato, mi sono un po’ stufata di contrastare con genitori ottusi, con burocrazia inutile e fastidiosa, con impegni aggiuntivi e stancanti; dall’altro, penso che perderò quei momenti esaltanti in classe, quando si ha l’impressione di dirigere un’orchestra, tutti gli strumentisti sono un corpo solo e il direttore fa suonare tutti, al momento giusto e con il massimo dell’armonia e della bellezza. E tutti sono felici, perché sanno che hanno dato il massimo, e hanno creato qualcosa di nuovo, che prima non c’era e che nessuno potrà mai togliergli, una cosa che non si vede e che non si tocca, ma che c’è stata e che rimarrà nei loro cuori…Ecco, questi momenti mi mancheranno…e in quarantadue anni sono stati molti, eccome!E visto che odio le feste di pensionamento, in cui la “festeggiata” riceve un regalo collettivo (e so quanto scoccia a qualche collega “sganciare” la quota!) e, in pochi minuti deve dire qualcosa (che nessuno ascolta)…ma che cosa dire? Come si fa a riassumere in pochi istanti, tutta una vita? Non si può…E allora, io farò a modo mio: ho incaricato una persona a me vicina di organizzare una FESTA ROCK, invitando gli ex alunni, tutti quelli che si può…alcuni canteranno, altri suoneranno, altri reciteranno, altri ancora mi regaleranno altro, secondo i propri talenti…questa sì che sarà una vera festa! Non un addio, ma vedere i semi gettati, diventati frutti maturi!
Che cosa non hanno capito gli uomini delle donne, prima dicono di amarle e poi le ammazzano…
Comincerei col dissentire dall’uso della parola “amore”: in quelle coppie c’è un equivoco di fondo, ciò che li ha spinti l’uno verso l’altro non è stato amore, forse passione, curiosità, conformismo, necessità. Sicuramente mancanza di conoscenza di se stessi e dell’altra persona. Mi si potrà dire: non ci si conosce mai abbastanza; vero! Ma non c’è stato, credo neanche il desiderio di andare in profondità, rischiando anche una delusione, un rifiuto, un cambiamento. Quindi si arriva così al matrimonio o alla convivenza. Attorno la parentela, la società approva: cosa c’è di più bello del formarsi di una nuova coppia? E magari, della nascita dei figli? E qui, problemi che si sommano a problemi…Uno dei due o entrambi cominciano a sentirsi stretti nei ruoli, uno dei due o entrambi sognano di “evadere”, tradimenti veri o “immaginati” spingono soprattutto l’uomo a difendere, davanti a se stesso e alla società, la propria immagine, il modello di maschio che ha interiorizzato fin da piccolo. E qual è questo modello? Quello di un uomo che “protegge” la “sua” donna, che le nega qualsiasi autonomia di pensiero e di azione, che non ammette di essere contraddetto, allontanato, lasciato, tradito. La situazione è per lui insostenibile, non ha gli strumenti culturali per capire, accettare. E quindi deve “cancellare” ciò che gli crea questa sofferenza, psicologica e sociale. E uccide.
Palermo capitale della Cultura: che cosa bisogna fare per cambiare la mentalità dei palermitani?
Tomasi di Lampedusa affermava che i siciliani (e quindi i palermitani) non vogliono cambiare, pensano di essere già perfetti…Palermo è uno scrigno pieno di gioielli e monete d’oro…il massimo dello snobismo dei palermitani è esserne consapevoli ed infischiarsene allo stesso tempo. Si beano dei complimenti che ricevono dai turisti, stranieri e non, ma non fanno nulla per trarre benessere da un simile tesoro. Ascoltavo un commento di un turista del nord Italia, sintesi perfetta di questo disagio: – Ci sono tantissimi eventi in città, uno più interessante dell’altro, ma è quasi impossibile raggiungere i luoghi ove si verificano, non sappiamo che mezzo prendere, nessuno offre informazioni, spesso si viene trattati con scortesia e indifferenza! Senza poi parlare dell’incuria e dei rifiuti ovunque…Certo, arriveranno cospicui finanziamenti, assisteremo a spettacoli, eventi, happening, etc. ma, finito il 2018, la mentalità resterà quella del “non cogliere e non fare cogliere”.
Che cos’è per te la bellezza?
Molti pensano che la Bellezza – nome astratto che necessita di riferimenti concreti – si traduca in un quadro, in una scultura, in una musica, in una danza…in uno o tanti dei prodotti dell’umanità. Io penso che la Bellezza sia più uno stato d’animo, quello che ti consente di osservare la realtà intorno a te, naturale e artificiale, e scoprirne, anche solo per un attimo, l’intrinseca armonia.
La bellezza salverà il mondo, puoi commentare questa frase di un celebre scrittore russo?
Ho sempre dubitato di questo concetto. I miei studi di Antropologia culturale mi hanno indotto a pensare che questo concetto – la bellezza –non è uguale per tutti i popoli della Terra…e quindi, come si può salvare il mondo, se non tutti i suoi abitanti concordano sul medesimo punto? Meglio dire che le bellezze del mondo salveranno gli uomini…i quali credo, ne abbiano estremo bisogno!
Che cos’è per te la felicità?
A rischio di apparire banale, penso che la felicità consista nell’amare e nell’essere ricambiati di uguale amore.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro e cosa ti aspetti dal 2018?
Mi aspetto molto dal nuovo anno: innanzitutto una conclusione serena e felice di questo ultimo anno scolastico; poi, una gioiosa festa di pensionamento; un bel viaggio con i miei cari, non importa dove; ed infine, ancor di più organizzare eventi culturali con l’associazione di cui sono presidente…e naturalmente auguro a me stessa e ai miei cari di godere di buona salute, premessa indispensabile per il buon vivere.