Giuseppe Maurizio Piscopo. Tano Gullo è un affascinante giornalista della nostra terra, una delle firme più prestigiose del giornale La Repubblica. Conosce molti segreti della Sicilia contadina, popolare e colta. Ha letto moltissimi libri, ha viaggiato tanto. Ha realizzato diverse inchieste per la Rai e per 4 anni ha diretto Telecolor e Videotre. Nella sua scrittura originale e creativa, c’è un mondo che scompare lentamente e che riemerge grazie alla sua arte e alla sua fantasia. E’ uno dei giornalisti più noti e amati dai siciliani e non solo. In questa intervista traspare tutta la sua simpatia ed il suo impegno civile per una Sicilia senza catene. Quando hai iniziato a scrivere? |
Da bambino, come tutti. Se ti riferisci al giornalismo, diciamo che ho cominciato al “L’Ora” dopo essermi laureato in Sociologia a Trento.
Qual è stata la molla che ti ha fatto scrivere il primo articolo, lo ricordi? |
La curiosità e la voglia di raccontare i guai della Sicilia.
Quali sono i tuoi ricordi della scuola elementare nella provincia di Palermo del maestro, dei tuoi compagni? |
Certo che me li ricordo, maestre stupende e compagnetti deliziosi. Con molti di loro mi ritrovo ogni tanto a parlare di come è cambiata questa terra dagli anni della scuola. Ma sempre inferno e paradiso.
Ricordi il tuo primo giorno di scuola? |
Sì, tanta emozione e la consapevolezza che era finito il tempo pieno del gioco.
Secondo te i bambini di oggi sono felici? |
Meno di quelli dei poveri ma dignitosi anni Sessanta.
Tu sei stato un bambino felice? |
Moltissimo, tutto un paese, Aliminusa, come territorio di scorribande. Pochi giocattoli, ma tanti giochi.
Ricordi il primo giocattolo che hai ricevuto? |
Un cavallo a dondolo sul quale trascorrevo intere giornate. E un fiume di lacrime per convincere i miei genitori a comprarmelo.
Da bambino hai mai pensato che un giorno avresti fatto il giornalista di successo?
No. |
Hai mai lavorato per il Giornale di Sicilia? |
No
E per la Tv? |
Sì, diverse collaborazioni Rai e un’inchiesta sulle donne in Sicilia.
Il tuo percorso giornalistico, il tuo grande contributo al giornale L’Ora che ha fatto la storia dei siciliani. Chi era il direttore, come hai vissuto quegli anni “pesanti” della mattanza di Palermo? |
Formidabili quegli anni con Vittorio Nisticò direttore e compagni di lavoro eccezionali. Tanti maestri all’inizio e tanti allievi dopo. Gli anni della mattanza con paura e coraggio.
Come sei arrivato al giornale Repubblica, ricordi il primo giorno di questa esperienza? |
Padre Ennio Pintacuda teneva nella sua rubrica “Capire la società” ha recensito la mia tesi -una ricerca sul capo Palermo – e il direttore mi ha chiamato. Il primo giorno spaesato e incredulo di iniziare quell’avventura.
Nei tuoi articoli non c’è solo la scrittura, c’è la creatività, la fantasia, il sogno dei siciliani. Come riesci a trovare certi argomenti e a raccontarli nel tuo raffinatissimo modo che lascia sempre il segno? |
Guardandomi intorno e leggendo tanti libri.
Non si uccidono i dialetti. Che cos’è per te il dialetto? |
Uno dei pilastri della vita, quando si smarrisce la lingua dei padri, come canta il grande poeta Ignazio Buttitta, un popolo diventa povero e servo.
Perché sui giornali mancano le inchieste di una volta? |
Perchè mancano i giornalisti e gli editori di una volta.
Qualcuno sostiene che i giornalisti raccontano la “mezza messa”, che certe notizie sono trattate con i “guanti” e quindi viene fuori una mezza verità. Qual è la tua opinione in proposito? |
I giornalisti sono come ogni altra categoria di persone, brave, meno brave, onesti, poco onesti e così via. Sono un lembo di specchio della società.
Puoi commentare queste due riflessioni trascritte da Salvatore Ferlita su Repubblica a proposito di una intervista di Franco Loi per la radio svizzera a Leonardo Sciascia, un’intervista testamentaria:“I delinquenti si trovano dalla parte della legge, la mafia è stata la sola rivoluzione borghese che è stata fatta in Sicilia… Che ne pensi? Molti delinquenti si trovano dalla parte della legge. |
Molti mafiosi sono dalla parte della “legge”. In quanto alla mafia è stata ed è tante cose. Tutte negative.
Cosa occorre fare per cambiare la mentalità dei siciliani? |
A volte mi viene da pensare a quella irredimibilità sciasciana.
Cosa succederà con Palermo Capitale nel capoluogo della Sicilia, come vivranno i palermitani questa esperienza? |
Tante chiacchiere, come sempre.
Che cosa rappresentano i barbieri siciliani nel tuo immaginario? |
Un luogo di incontro, con scherzi, mandolinate e saggezza. Uno dei mie grandi amici oggi è il barbiere Franco Alfonso di via Catania, che ha scritto un libro dal titolo: “Barbieri si nasce” che è epopea e vangelo del mestiere di barbiere. Uno, che contrariamente alla maggior parte dei suoi colleghi, se lo chiami acconciatore o coiffeur, ti dà una testata.
La mafia e le nuove generazioni… |
Meno sentire mafioso ma ancora tanto bullismo.
Non ti dico una bugia. Ho conservato e incorniciato alcuni tuoi articoli che sono molto illuminanti, qualcuno l’ho commentato a scuola con i bambini di quinta elementare. Da noi nella nostra scuola sei molto amato. |
Troppo buoni.
Perché gli uomini sono così violenti con le donne dicono di amarle e poi le ammazzano. Cosa non hanno capito gli uomini delle donne? |
Sulle donne siamo molto “spratici”. E non chiamerei uomini coloro che usano violenza sulle donne. E nemmeno bestie, perchè gli animali hanno più rispetto.
La bellezza salverà il mondo? |
Quale bellezza visto che ormai la stiamo distruggendo tutta.
Qual è l’attualità del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa da cogliere ai giorni nostri? |
Saggio antropologico, sempre attualissimo, la sua intrinseca bellezza letteraria.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro |
Vivere con gli occhi aperti.
(Foto di Igor Petyx)