Venerdì 6 Aprile, presso gli spazi espositivi di Villa Aurea, nel cuore della Valle dei templi, si inaugura la mostra “Tracce nel tempo. Percorsi di fusione tra culture preispaniche e culture mediterranee”, iniziativa del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi dedicata all’opera dell’artista messicano Juan Esperanza, curata da Rita Ferlisi.
Juan Esperanza è nato a Città del Messico nel 1959, dove ha compiuto gli studi accademici presso l’Accademia Nazionale di pittura, scultura e grafica “La Esmeralda”, e ha lavorato per diversi anni per l’Istituto di Antropologia e Storia del Messico (INAH), come disegnatore e rilevatore nelle più importanti zone archeologiche del Messico come Chichen Itza, Montealbàn e in altri progetti archeologici, rafforzando ancora di più il legame con le culture di origine. Il trasferimento in Europa nel 1983, con il definitivo trasferimento in Sicilia nel 1990, innesca l’incontro diretto con le culture mediterranee, mentre la sua multiforme ricerca artistica abbraccia varie forme espressive, dalla pittura alla scultura, al disegno, all’istallazione.
Nel 2017 l’artista ha realizzato l’installazione Reperti, nel corso di una residenza presso il Museo Archeologico Regionale Pietro Griffo di Agrigento.
Il ciclo di lavori proposto in questa mostra è volto a creare una suggestione di rimandi a figure mitologiche trasversali a tutte le culture e religiosità, che sottolineano la dimensione sotterranea e la fatale attrazione verso la morte delle complesse e ricchissime culture mesoamericane, riscontrabile anche nell’aspetto dionisiaco della cultura occidentale: le opere infatti esprimono e rappresentano suggestive interpretazioni dei rituali e della mitologia precolombiana: La Dea Tlazoltéotl , il Serpente Piumato Quetzalcoal, il terribile Tzompantli, teoria di crani legata ai sacrifici umani che nella riproposizione di Esperanza non perde la sua dirompente emozionalità orrorifica pur elevandosi a motivo cromatico e decorativo, l’enigmatico Chac Mool, l’uomo – dio in posizione distesa con la testa rivolta al lato desto, destinato ad accogliere le offerte per i sacrifici, o forse a contenere acqua e a fare da specchio per la meditazione.