Gaetano Scorsone
Come la storia insegna ci sono limiti che non bisogna mai oltrepassare, soprattutto quando questi delimitano condizioni di sofferenza, di disagio, di mancato ascolto, di umiliazione, di garanzia, di dignità e di rispetto.
La rivolta del Lunedì dell’Angelo (Vespri Siciliani, Palermo 1282), la rivolta del pane di manzoniana memoria ( Milano 1628), la protesta dello stomaco ( Milano 1898) sono solo alcuni esempi che dimostrano quanto tragiche siano le conseguenze dell’indifferenza e delle mancate risposte a problematiche sociali relative a beni e/o valori fondamentali per il sereno svolgersi della quotidianità del popolo.
Mentre nel passato ad essere rivendicate maggiormente sono state le risorse alimentari, con le trasformazioni industriali, lo sviluppo tecnologico e la crescente domanda di energia l’attenzione si è sempre più concentrata sull’acqua tanto da richiamare attorno a sé interessi che si stimano essere ben superiori a quelli legati al prezioso petrolio.
Da qui la diffusione a livello mondiale di politiche volte alla privatizzazione di un bene – l’acqua – riconosciuto vitale per l’umanità con la conseguenziale assegnazione gestionale ad aziende, consorzi, organismi ovviamente privati per poter monopolizzare al meglio il nuovo interessante business. Spesso, però, la bramosia del profitto è così forte da far perdere il senso della misura e dell’equilibrio, tanto da non far notare il superamento di quei limiti resi inviolabili da principi e valori universali.
Ed è quello che è accaduto venerdì 1 giugno nella nostra comunità cittadina, in via Italia, al civico 20. Una giornata che si presentava come tante altre per mia madre, fatta di terapie per gli acciacchi dell’età, di preghiere, di ricordi e di vari contatti telefonici attraverso i quali alimentare un benefico flusso affettivo con i figli al lavoro, i nipoti impegnati nello studio e le persone care di una vita con i quali riempire i vuoti prodotti dal nostalgico scorrere di un tempo che risulta più dilatato quando si vive da soli.
Questo sino a quando il suono del campanello annuncia la visita di una squadra di Girgenti Acque mobilitata per l’installazione di un contatore all’utenza idrica. Immaginatevi un’anziana quasi ottantenne, sola, che non ha mai gestito problematiche burocratiche di sorta per essersi donata completamente al servizio della famiglia, chiamata a fronteggiare una terminologia che di per sé soggeziona, provocando uno stato di disagio e di passività, come si sia potuta sentire.
La sua più che legittima richiesta è stata quella volta a far sospendere ogni tipo di operazione per rimandare il tutto alla presenza dei suoi figli che meglio di lei avrebbero potuto concorrere alla gestione dell’intervento. Davanti ad una richiesta del genere e per il fatto di non aver comunicato prima la visita, e visto che si trattava non di una famiglia ma di un’anziana sola, si doveva sospendere ogni tipo di operazione e fissare un appuntamento con i familiari resi consapevoli attraverso un concordato sopraluogo, un’opportuna presa visione di clausole e procedure varie per una pacifica sottoscrizione dei rispettivi diritti/doveri.
Invece le operazioni di montaggio erano state sicuramente iniziate già prima di aver bussato tant’è che il tempo di scendere le scale (mia madre abita al 1° piano a cui si accede con una sola rampa di pochi gradini) e a mia madre si comunicava il completamento della messa in opera del dispositivo.
Alle conseguenti dimostranze anche di vicini di casa e di passanti che nel frattempo si erano raccolti – e che ringrazio per il sostegno offerto a mia madre –
Alla richiesta di chiarimenti mia madre si è sentita rispondere che quei fogli lasciati lì, in quell’impropria buca delle lettere, alla mercé di tutti e di tutto, costituivano copia del contratto di riferimento per l’operazione portata a termine. Questi i fatti.
Premesso che lo scrivente non ha pregiudiziali di sorta circa l’installazione di misuratori nell’utenza idrica della propria madre, al di là di quanto possa essere previsto da disposizioni contrattuali il caso segnalato mostra non pochi elementi di dubbia professionalità e, comunque, di deprecabile insensibilità alle istanze di una utente che, trovandosi in una momentanea posizione di debolezza chiede la garanzia della presenza dei suoi familiari per l’ulteriore sviluppo ed il positivo compimento della programmata operazione.
Invece di applicare la virtù dell’ascolto e seguire la via del buon senso e del rispetto dell’inviolabile valore della dignità della persona, premesse queste che sono codificate in ben più nobili ed autorevoli “contratti” e/o codici , si è assistito , invece, ad una violazione delle garanzie del cittadino-utente che viene, così, maltrattato da una burocrazia incapace di costruire ponti di condivisa trasparenza e di partecipe conoscenza, impegnata com’è a scavare pericolosi solchi fra sé ed il variegato universo dei suoi interlocutori, determinando l’esasperazione degli animi e l’istigazione a comportamenti contrari al mantenimento delle irrinunciabili condizioni di ordine pubblico e di civile espressione di cittadinanza consapevole.
Lo spirito che anima questa segnalazione è quello che, da un lato, scaturisce dalla ferma condanna della violenza psicologica, del condizionamento e dell’imposizione di atti e procedure operate nell’ambito della gestione di quell’importantissima risorsa che è l’acqua, dall’altro dal tentativo di portare l’azienda Girgenti Acque S.p.A. a rivedere la sua strategia comunicativa, a ridimensionare le pulsioni speculative, a riconsiderare la sua mission ed a ripassare il bon ton attraverso cui si esprime lo stile di un marchio, la garanzia di un logo, la credibilità di una precisa identità.
Stamattina ho depositato presso la locale Tenenza dei Carabinieri un esposto denuncia su quanto accaduto perché si possano valutare, nelle sue diverse sfaccettature, gli eventuali estremi di reati e/o di abusi sconfinanti al di là delle fondamentali garanzie di ogni persona.
Auspico che segnalazioni del genere attivino maggiori controlli per favorire la giusta ed auspicata applicazione di un codice comportamentale orientato al buon espletamento di quello che deve essere inteso e svolto come un servizio alle comunità capace di rispondere alle esigenze delle famiglie e di scongiurare scenari come quello determinatosi in Bolivia, nel gennaio del 2000, nella città di Cochabamba. La Storia offre sempre il suo prezioso insegnamento. . . sta agli uomini ed alle aziende farne tesoro per arricchire il cammino dell’umanità di maggiori occasioni di Pace, Giustizia e Solidarietà contro ogni forma di conflitto, di violenza e di sopraffazione.