La recente tragedia di Genova ha riacceso il dibattito sulla sicurezza del viadotto Morandi di Agrigento, che a quello di Genova è legato dallo stesso progettista. Gli ingegneri di Agrigento intervengono con una nota che di seguito riportiamo integralmente.
“In merito agli ultimi aggiornamenti del dibattito intorno ai viadotti Akragas I e II, siamo costretti, nostro malgrado, a rinnovare un invito alla politica a non affrontare sull’onda dell’emozione questioni d’importanza collettiva come quelle della dotazione infrastrutturale del nostro territorio, della viabilità e della messa in sicurezza dell’esistente”.
Così intervengono in merito agli ultimi aggiornamenti che riguardano il futuro del viadotto “Morandi” di Agrigento il presidente dell’Ordine degli Ingegneri Alberto Avenia, il segretario del Consiglio provinciale Maria Micciché e il vicepresidente Epifanio Bellini.
“Quest’ordine – proseguono – solo pochi mesi fa aveva lanciato un appello alla Politica, affinché ascoltasse la voce delle professioni tecniche sul tema, essenziale per i prossimi decenni, del patrimonio pubblico che invecchia. La proposta è praticamente caduta nel vuoto e siamo ancora in attesa che venga convocata un’annunciata seduta di Commissione Ambiente all’Assemblea regionale siciliana (si sarebbe dovuta tenere a l26 luglio, è stata rinviata a data da destinarsi). Oggi ribadiamo quanto abbiamo sempre espresso: nessuna scelta venga presa senza valutare concretamente gli effetti che essa avrebbe sulla collettività. Lo stesso viadotto Akragas fu costruito in un momento di grande emergenza (siamo, infatti, nei giorni tragici della frana) e le scelte fatte non si sono dimostrate oggi lungimiranti da un punto di vista paesaggistico, di rispetto del patrimonio archeologico ma anche strettamente pratico. Sia chiaro a chi in queste ore continua a fare confusione, a volte artatamente, che le vicende di Genova e di Agrigento non sono collegabili usando come filo il mero riferimento al progettista.
Crediamo, piuttosto, che si stia per l’ennesima volta tentando di alzare una cortina che possa consentire a chi Amministra (a vario livello) di sfuggire ad un tema che questo Ordine ha più volte messo sul tavolo, senza successo: la necessità impellente dell’implementazione delle infrastrutture e dei servizi ad esse collegati nell’ambito di un più complessivo quadro di sviluppo del nostro territorio. Complementare a ciò – continuano Avenia, Micciché e Bellini – è chiaramente necessario preservare le infrastrutture esistenti attraverso un monitoraggio costante e puntuale del patrimonio più sensibile ( non già con mere ricognizioni visive, ma con l’utilizzo delle strumentazioni oggi disponibili) che consenta l’avvio di una vera stagione di interventi manutentivi in grado di adeguare opere progettate in tempi, e per tempi, diversi da quelli attuali alle mutate condizioni storiche e di esercizio. Discutere ancora oggi solo del demolire, o non demolire, un ponte ‘malato’ crediamo sia riduttivo rispetto al dovuto dibattito sul tema dell’effettiva dotazione infrastrutturale di un capoluogo di provincia e del patrimonio pubblico che invecchia, e rischia di non restituire ai cittadini né servizi né maggiore sicurezza. Territori come il nostro – concludono -, che hanno già subito eventi gravi come ad esempio il crollo del viadotto Petrulla, e si presentano in una condizione disastrosa dal punto di vista della dotazione infrastrutturale, non possono permettersi tutto questo”.