Stamattina si è svolta una conferenza stampa presso la sede dell’ordine degli ingegneri di Agrigento per discutere del destino del ponte Morandi. Il tema è tornato al centro del dibattito dopo il recente crollo del ponte di Genova.
“Le drammatiche immagini provenienti da Genova- scrivono gli ingegneri- hanno, senza dubbio, scosso le coscienze e alimentato le fantasie, ma, preme evidenziarlo subito, tecnicamente, il viadotto crollato e quello agrigentino hanno in comune unicamente il genio dell’ing. Riccardo Morandi. Sono strutture realizzate con schemi statici differenti che probabilmente risentono però di problemi similari: l’invecchiamento e una insufficiente manutenzione.
Circa il viadotto Akragas 1, sebbene da un lato si possono condividere le osservazioni di merito circa lo stato di conservazione del manufatto, al netto di alcune pseudo verità scientifiche dall’altro non si possono condividere facili conclusioni circa l’inutilità o le precarietà dell’opera.
L’ipotesi di demolizione avanzata da taluni, ad oggi non ci sembra sia fondata su basi razionali e su adeguate considerazioni tecniche, economiche e sociali, per non parlare delle valutazioni sul valore anche culturale dell’opera.
È qui il caso di chiedersi: si sono adeguatamente valutate le conseguenze di una demolizione in termini di costo di demolizione, di smaltimento dei materiali e dell’impatto dello stesso sul territorio? Si sono stimati i costi di costruzione di una strada alternativa e della reale e concreta possibilità di realizzazione, tenuto conto dei vincoli gravanti sull’area? Si è valutato l’impatto in termini di qualità dei collegamenti sulla popolazione che un eventuale eliminazione del viadotto produrrebbe?
L’Ordine degli Ingegneri, vuole contribuire al dibattito aperto sul futuro dei viadotti Akragas, ma lo vuole fare sulla scorta di valutazioni tecnicamente rigorose, che coinvolgano certamente aspetti inerenti la sicurezza statica, la pubblica incolumità ma che non prescindano da valutazioni di carattere strategico, culturale, economico e sociale, ritenendo che solo una sintesi di questi aspetti potrà condurre ad una soluzione condivisa.
Questo Ordine sente il dovere morale e civico, pertanto, di dover tornare a ribadire, sotto il profilo squisitamente tecnico, che, ad oggi: IL VIADOTTO AKRAGAS E’INSOSTITUIBILE!
non esistendo alcuna concreta ipotesi alternativa. Il rischio che si intravede nell’immediato è che l’opera rimanga chiusa a tempo indeterminato, abbandonata a sé stessa, facendo ripiombare la viabilità cittadina e provinciale ad oltre 50 anni fa, ma con i flussi di traffico di oggi – già pesantemente in crisi per le concomitanti criticità -. Può un Paese tecnologicamente avanzato come il nostro arrendersi di fronte alle problematiche tecniche di una manutenzione, per quanto complessa, o deve forse accettare la sfida di innalzare il livello dei servizi?
Alla luce di tali considerazioni questo Ordine ritiene, quindi, di dover consigliare, senza polemica, alla politica di fermarsi a riflettere se la pericolosa china che sembra abbia frettolosamente intrapreso sia realmente ciò di cui il territorio abbia bisogno. Sia chiaro che gli Ingegneri non sono pregiudizialmente contrario ad una ipotesi di demolizione se le condizioni di sicurezza del ponte non potranno essere garantite ai cittadini – nessun valore è barattabile dinnanzi alle vite umane – ma ad oggi non vi è alcuno studio che vada in questa direzione. Anzi, ribadiamo che l’esistenza di una progettualità esecutiva di recupero realizzata da Anas testimonia il contrario.
Importante è, certamente, ragionare delle “condizioni di salute”dei viadotti Akragas, come tassello di un puzzle più vasto che coinvolge tutte le opere infrastrutturali e il patrimonio delle Pubbliche Amministrazioni, (si pensi per esempio agli edifici scolastici), di cui devono essere garantiti sicurezza e fruibilità.
Circa la questione relativa all’impatto ambientale, recentemente tornata di strettissima attualità, osserviamo che ogni infrastruttura impatta sul territorio, seppure in diverso modo, e che pur non essendovi la sensibilità al tema che oggi noi possediamo all’epoca di realizzazione dei viadotti, questo si caratterizza per un utilizzo essenziale delle forme strutturali non solo rispetto ai viadotti attuali ma anche a quelli coevi alla realizzazione dell’opera, distinguendosi da queste per il minore impatto ambientale e paesaggistico, segno ulteriore del genio del Morandi e di una sua precisa scelta in questa direzione. Il tutto in un’area di sicuro valore archeologico, ma nella quale insistono civili abitazioni e opere pubbliche.
Interesse primario degli Ingegneri è, in conclusione, garantire che si tengano in opportuno conto le valutazioni ed evidenze tecniche prima di assumere una scelta tanto impattante sull’interesse collettivo, per le quali saremo giudicati dalle generazioni future assumendoci la responsabilità di avere saputo guardare al futuro o di averne avuto paura”.