La scomparsa di Gessica Lattuga ha attirato, inevitabilmente, l’interesse della stampa nazionale. Quest’ultima ha utilizzato dei metodi di fare informazione talvolta costruttivi, talvolta inutili, da gossip puro, spietato e strumentale; come ha fatto, in parte, “Quarto Grado.
La parte sana della città, invece, si è attivata generosamente per far ritornare a casa la nostra giovane compaesana. Ma si sa, quando arriva l’occhio della telecamera tutto viene messo in discussione spesso con risultati gattopardeschi: ci si propone di cambiare tutto per non cambiare niente. Detto questo, non dobbiamo metterci le zucchine sugli occhi e vogliamo essere estremamente realisti a costo di essere impopolari:
Favara è il paese dell’evasione fiscale, dell’abusivismo edilizio, del piano regolatore andato a farsi benedire, della mafia e della sua fitta rete di fiancheggiatori, il paese dove si paga l’acqua più cara d’Italia a scapito di un servizio da terzo mondo, dove le periferie sono piene di rifiuti (in contrada Lucia, nei pressi della miniera Ciavolotta, è uno scempio totale!) e dove la politica non riesce mai ad essere d’accordo per migliorare la qualità della vita dei favaresi. È il paese degli onorevoli che, dopo essere stati eletti, scompaiono, dei politici professionisti dei comunicati stampa e della intellighenzia che non interviene, che non si schiera e che non prende parte.
Aggiungiamo che, le immagini proiettate dalla trasmissione “Quarto Grado” per quanto strumentali e finalizzate all’audience siano state, hanno mostrato degrado sociale, igienico e sanitario purtroppo assolutamente vere e con cui bisogna fare i conti. Sappiamo tutti che in quelle catapecchie del centro storico ci sono delle discariche abusive, spesso di eternit, materiale altamente cancerogeno. Sappiamo tutti che tra le vie del vecchio cuore pulsante della città si annidano delle siringhe sporche di sangue; sappiamo tutti che quelle case sono popolate o occupate da migranti e da una sparuta parte di cittadni considerati i “paria” della nostra società, gli ultimi, che spesso tutti, indistintamente, ignoriamo o facciamo finta di ignorare. Si dice: “Cosi di linticchieddri” come a voler demarcare la differenza tra noi, favaresi in giacca e cravatta, e loro, appunto linticchieddri socialmente inrecuperabili.
È necessaria un’autocritica radicale. Amiche ed amici, vogliamo dirci, chiaramente, che che ci sono una, dieci cento “Gessica” che vivono in questo contesto degradato? Ci siamo dimenticati che nel gennaio del 2010 crollò la casa (si fa per dire!) della famiglia Bellavia e morirono due sorelline ? Siamo tutti d’accordo che, dobbiamo chiedere aiuto alle istituzioni e allo Stato per mettere in sicurezza strutturale e sociale le centinaia e centinaia di persone che vivono in questa condizione?
Questi sono gli interrogativi che dobbiamo porci.
Ciononostante, riteniamo giusto che da favaresi, in questo momento di esposizione mediatica sicuramente anche strumentale, dobbiamo rimarcare le virtuosità del nostro territorio, anche con opportuni incontri come quello che si svolgerà sabato, e con l’orgoglio di chi questo paese lo vuole davvero cambiare. Tuttavia, bisogna evidenziare che nella nostra comunità ci sono delle forti diseguaglianze, come se la città andasse a due velocità: una che va avanti, progredisce e si emancipa e un’altra che va indietro e arranca, pericolosamente.
Bisogna remare tutti dalla stessa parte.
Pasquale Cucchiara
Presidente Circolo Culturale LiberArci