Giuseppe Maurizio Piscopo
Ciro Spataro è nato a Marineo nel 1950 dove tuttora vive ed opera , è stato docente di Lettere presso la scuola media. Negli anni 70, insieme ai giovani del Circolo Culturale Cattolico di Marineo, ha fondato il Premio di Poesia Città di Marineo, giunto alla XLIII edizione,di cui tuttora è membro della Giuria. E’ stato tra i vincitori, nel 1974, del Premio di Poesia “Città di Sciacca”, per la sezione in dialetto, con la lirica “Passamu la vita”. E’ coautore di diverse pubblicazioni, tra le quali i moti dei fasci dei lavoratori ed il massacro di Marineo con Antonino Di Sclafani e San Ciro, da Alessandria d’Egitto a Marineo con Nuccio Benanti. Ha pubblicato una ricerca storica dal titolo Garibaldi a Marineo- con il diario di Antonino Salerno, editore Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici. Ha una lunga esperienza come amministratore comunale essendo stato eletto per diverse volte Sindaco di Marineo. Durante la sua sindacatura fra le varie attività culturali intraprese, ha promosso in Sicilia nel 1984 il primo gemellaggio europeo con la cittadina francese di Sainte Sigolene.
Come si vive oggi in un paese come Marineo?
Marineo, pur con tutte le emergenze sociali che assillano la comunità, rappresenta una delle realtà più interessanti nel panorama siciliano, basti pensare al fatto che ha saputo conservare negli anni tutti gli elementi distintivi della sua identità. Un patrimonio culturale storico che si è andato sempre più valorizzando, nel rapporto di collaborazione fra Comune e Sovrintendenza ai Beni Culturali, attorno al Castello Beccadelli del 1500 con il Museo Archeologico della valle dell’Eleuterio, quello etnoantropologico, e alle varie iniziative che si realizzano nel corso dell’anno. In tal senso a Marineo si svolgono numerose manifestazioni ed eventi quali il gemellaggio europeo Marineo – SainteSigolene, l’Infiorata del Corpus Domini, la festa di San Ciro con la Cunnutta e la Dimostranza, il Premio Internazionale di poesia, la Gran Fondo di Mountain Bike, Il presepe Vivente, che hanno una notevole attrattiva turistica.
Perché è diventato sempre più difficile fare il sindaco in Sicilia?
Ho svolto il mandato di sindaco per più di un decennio e mi sono accorto come spesso, negli ultimi anni, lo Stato e la Regione non sono riusciti ad affrontare le problematiche degli enti locali, scaricando le loro difficoltà proprio sui comuni, riducendo i trasferimenti, soprattutto il fondo degli investimenti, e di conseguenza determinando un progressivo aumento delle aliquote dei tributi locali. Di fronte a tale situazione i sindaci vivono in grande difficoltà, essendo chiamati a rispondere del cento per cento dei problemi economici e sociali in relazione alle numerose competenze che la legge affida loro. Una fase veramente drammatica ove si pensi all’aumento della disoccupazione giovanile ed alla diminuzione delle capacità dei Comuni di offrire servizi alle loro comunità.
Noi abbiamo in comune una grande passione per le nostre tradizioni ed antiche radici, si stanno perdendo?
Sono convinto che bisogna recuperare il valore della memoria perché solo chi conserva la propria identità culturale è in grado di affrontare il mondo globalizzato. Abbiamo dei giacimenti inesplorati in Sicilia che sono i beni immateriali, fatti di tradizioni, cunti, canti, proverbi, riti, mestieri, che hanno segnato la vita dei nostri paesi in modo indelebile . Purtroppo in questo particolare periodo storico siamo quasi abbacinati dal fenomeno web che ci allontana dalle nostre autentiche radici.
C’è una legge regionale sulla riscoperta ed il recupero del dialetto, perché rimane una legge disattesa?
Dopo i tanti annunci degli anni passati pare che si introduca veramente nei programmi didattici lo studio della Storia della Sicilia e del suo dialetto, anche se un’ora settimanale appare troppo limitativa per far prendere coscienza ai ragazzi, in maniera sistematica, della ricchezza del nostro patrimonio linguistico, devo precisare come la parlata siciliana non deve essere considerata come dialetto ma lingua a pieno titolo, dotata di un proprio vocabolario e di una propria grammatica per cui rimane centrale il problema della formazione dei docenti.
Puoi raccontarmi la storia di Carmelo Clemente, quel giovane socialista costretto a lasciare Marineo. Perché è dovuto partire dalla Sicilia?
Mi ha attratto la passione civile di un giovane che a soli 17 anni, a causa delle sue idee socialiste fu costretto ad abbandonare la casa dei suoi genitori nel 1920 e cercare la propria realizzazione a diretto contatto con i protagonisti della Resistenza prima a Palermo, poi a Milano e Torino con Antonio Gramsci ed infine alla Concentrazione antifascista a Parigi.
Eppure a Milano era diventato uno dei protagonisti della liberazione nazionale?
A Milano divenne uno dei protagonisti della liberazione quando sul finire del 1943 aderì al PSIUP e puntò subito sulla formazione ideologica dei quadri dirigenti, collaborando con Lelio Basso e personalità del calibro di Pietro Nenni, Corrado Bonfantini, Rodolfo Morandi e Sandro Pertini. Ma l’azione più importante di Carmelo Clemente, che si muoveva con il nome di battaglia di Valentino, fu quella di creare a Milano il movimento delle “ cellule di officina”, convinto che bisognava uscire dalle fabbriche per dare la spallata definitiva ai nazifascisti. E così sempre in prima linea nella lotta partigiana, da rappresentante dei Comitati di Agitazione Operaia, fu nominato Presidente del CNL città di Milano nell’aprile 1945.
C’è una strada a Marineo dedicata a Carmelo Clemente?
Il nove luglio 1977 il Consiglio Comunale di Marineo deliberò all’unanimità di intitolare una via a questo perseguitato politico antifascista, ma tutto svanì nel nulla in quanto vi fu una interrogazione consiliare che chiedeva di prendere atto del fatto che il nome di Carmelo Clemente era stato inserito quale spia dell’OVRA nella Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 1946. Sarebbe bastato sicuramente sfogliare la successiva Gazzetta Ufficiale n. 131 del 12 giugno 1947 per notare la cancellazione del suo nome dall’elenco dei confidenti dell’OVRA e la completa riabilitazione.
Quello che colpisce nel tuo libro veramente prezioso per ricostruire la storia del nostro Paese, come è stato possibile che Clemente alla fine sia stato inserito nella lista nera dell’OVRA, la famigerata polizia politica per reprimere l’antifascismo?
Tutte le accuse a carico di Clemente sono sorte da alcune lettere di un funzionario di polizia, palermitano, di nome Rosario Barranco, addetto alla Commissione Armistizio a Nizza, che al suo arrivo a Nizza comunicò al Clemente la gravità delle condizioni della madre che si trovava in Sicilia. In tal senso aiutò lo stesso Clemente con un contributo economico a ritornare per una settimana nel suo paese per rivedere la madre. La realtà dei fatti ormai dimostra in modo chiaro che Barranco per giustificare l’esborso di denaro al Clemente, lo inserì a sua insaputa, nella lista dei confidenti dell’OVRA con il soprannome “ il siculo”. Lo stesso Barranco nelle dichiarazioni al giornalista dell’Avanti, Guido Mazzali, spiegò che egli aveva l’obbligo di giustificare ai suoi superiori gli aiuti economici che aveva dato ad alcuni antifascisti, tra cui Clemente, attribuendo loro un falso rapporto di organicità al fascismo.
Che cosa è stata la Resistenza?
È difficile descrivere in poche parole quello che fu la Resistenza. Sicuramente essa è sorta come lotta clandestina di uomini e donne che non hanno voluto sottomettersi al regime nazifascista, rifiutando la dittatura con la drammatica sofferenza dell’esilio, del carcere duro, dei luoghi di confino e spesso pagando con la vita l’aspirazione alla libertà.
Che idea hanno le nuove generazioni della Resistenza?
È preoccupante notare come la Resistenza e la Costituzione, che sono direttamente collegate da un filo unico, spesso rimangano fuori dalle aule scolastiche. A mio parere bisogna invertire questa tendenza e far sì che i giovani prendano coscienza che la nostra Carta fondamentale è nata proprio dal drammatico percorso del movimento antifascista.
Alla fine questo libro è la storia di una grave e dolorosa ingiustizia?
Devo confessare come la molla che mi ha spinto ad approfondire il calvario di Carmelo Clemente è stata la dolorosa ingiustizia di cui fu vittima. Essere additato da innocente, quale spia dell’OVRA, fu un trauma che si portò appresso fino alla morte, avvenuta a soli 50 anni, a Roma nel 1954 . Un’accusa del tutto infondata che ci fa comprendere come la Resistenza, oltre ad essere passione civile, fu anche terreno di scontro fra le varie anime del movimento antifascista. Come non pensare, allora, pur nella differenza temporale all’amara vicenda di Enzo Tortora?
Quanti anni di studio e di ricerca ci sono voluti per realizzare questo lavoro?Sei stato a setacciare negli archivi di stato nelle fondazioni, in altre città…
È un lavoro che mi è costato ben 4 anni di ricerche soprattutto a Roma, presso l’archivio Centrale dello Stato, nonché a Milano presso l’Istituto del Movimento di Liberazione in Italia e poi a Nizza, presso l’Archivio personale della famiglia Clemente, con la collaborazione delle figlie gemelle Claude, oggi scomparsa, e Nicole. Inoltre ho dovuto consultare una copiosa documentazione presso l’Archivio delle Fondazioni Lelio Basso e Pietro Nenni nonché presso la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana e quella dell’Istituto Siciliano Gramsci.
Quale messaggio vuoi dare con questo libro storico ai siciliani e non solo?
Il primo messaggio che ho voluto lanciare con questo libro è quello di far capire che la Resistenza non è stata soltanto il miracolo del 25 aprile 1945, bensì un mosaico di iniziative, di battaglie, di uomini che seppero fare rete con il loro impegno civile per non farsi sopraffare dal regime di Mussolini. Inoltre fare uscire dall’oblio la figura di un partigiano siciliano, quale Carmelo Clemente, mi è sembrato quanto mai opportuno per tenerne viva la memoria e far comprendere il notevole ruolo che il movimento antifascista ebbe anche in Sicilia .
Puoi commentare questa celebre frase di uno scrittore russo: La bellezza salverà il mondo. Sei d’accordo?
Dostoevskij, nel romanzo “I fratelli Karamazov”, con la famosa frase “ La bellezza salverà il mondo, ha voluto farci capire come il bello non ha senso se non superiamo l’indifferenza che domina la società e promuoviamo quell’accoglienza solidale, come afferma Papa Francesco, di vedere nell’altro un prossimo da amare. D’altronde anche i greci ritenevano che la bellezza non ha senso se non è coniugata con la bontà.
Come si spiega tutta questa violenza sulle donne, che cosa non hanno capito gli uomini delle donne?
In Sicilia c’era una volta un detto popolare che la dice lunga su come erano tenute in considerazione le donne: “ se masculiddu lu mannu a la scola, se fimminedda quasettanni mi fa”. Era la mentalità degli anni del dopoguerra e si stentava a riconoscere alle donne pieno diritto di cittadinanza. Ecco, a mio parere, la violenza sulle donne e spesso anche il femminicidio non sono altro che la conseguenza di una società maschilista incapace di concepire la donna come essere autonomo. Per fortuna oggi molti pregiudizi e molti luoghi comuni sono stati, via via, eliminati e le donne vivono un grande momento di riscatto anche se non occorre mai abbassare la guardia su tale problematica.
Oggi mi hai raccontato della telefonata del poeta di Bagheria Ignazio Buttitta e del vostro incontro con lo scrittore di Racalmuto Leonardo Sciascia, una storia bellissima. Cosa è successo in quella magnifica giornata alla Noce, la campagna di Racalmuto dove Sciascia si trasferiva spesso quando lasciava la città?
Sicuramente è stata una delle più belle giornate della mia vita soprattutto per l’incontro con Leonardo Sciascia. Era il mese di luglio del 1987 e una sera mi chiamò il poeta Ignazio Buttitta, che con me faceva parte della Giuria del Premio Marineo, per comunicarmi che l’indomani dovevamo andare a trovare Sciascia a Racalmuto. Di buon mattino mi recai a Bagheria nella sua casa di Aspra, e Ignazio mi disse con molta spontaneità che dovevamo comprare delle triglie per portarle a Nanà, come lui lo chiamava. Quando siamo arrivati in contrada Noce nella casa di campagna di Racalmuto, dopo i convenevoli, Sciascia parlò subito della sua passione per la storia e io mi inserii nella conversazione informandolo della ricerca che stavo conducendo con Antonino Di Sclafani sui Fasci Siciliani e sul massacro di Marineo da parte dei militari, in cui furono uccise ben 18 persone. Sciascia era molto interessato a tale ricerca tanto che mi chiese di portargli a Palermo una copia del libro presso la galleria di Maurilio Catalano, ed in una battuta fece capire l’errore dello statista Francesco Crispi nel proclamare lo stato di assedio trasformandosi da rivoluzionario mazziniano a repressore del movimento. Subito dopo tra Buttitta e Sciascia si parlò dell’autonomia speciale della Sicilia che, secondo lo scrittore di Racalmuto, era rimasta inattuata malgrado la peculiarità dello Statuto siciliano, al contrario di quello che era avvenuto in Catalogna dove lo statuto autonomista del 1979 aveva dato dei risultati notevoli riconoscendo il catalano come lingua propria e garantendo l’uso di entrambe le lingue, lo spagnolo ed il catalano.
Cosa stai preparando in questo momento dal punto di vista culturale?
Ho intrapreso, da poco tempo, una ricerca sulla sollevazione popolare avvenuta in Sicilia dal 16 al 22 settembre 1866 che vide Palermo ed alcuni Comuni della Provincia, tra cui Monreale, Misilmeri, Bolognetta e altri, insorgere in una rivolta denominata del “ Sette e mezzo” . Una insurrezione che vide insieme repubblicani, mazziniani, socialisti, ecclesiastici, ex impiegati borbonici, contadini che avevano sperato nella “ terra promessa” di Garibaldi, e che merita di essere riscoperta a livello storico con documentazione archivistica di prima mano, proprio perché quasi del tutto ignorata dalla storiografia ufficiale.