Stefan Luca Mangione
Intervista a Clara Buttacavoli , studentessa in Odontoiatria e avventuriera.
Abbiamo parlato tanto a telefono della tua esperienza in Tanzania, un’avventura più che un’esperienza, me ne vuoi parlare?
Stiamo parlando del viaggio che mi ha cambiato per sempre , hai detto bene è più assimilabile ad un’avventura , come tu hai esordito con i ringraziamenti così vorrei fare io se è possibile ?
Certamente.
Desidero ringraziare Mindonia, che ha dedicato la sua vita per l’Africa vivendo lì per 37 anni, prendendosi cura dei bambini e della popolazione locale, di Lina che non molla mai e con tanta forza e intelligenza riesce a gestire con tutta se stessa la struttura, abbraccio padre Angelo che da ragazzo ha deciso di venire in missione a Iringa e dopo quarant’anni è ancora lì, soprattutto dopo che gli hanno sparato in chiesa durante un attacco ma lui eroicamente porta avanti la sua voglia di far bene, a tutti i lavoratori e ai loro sorrisi, ai fratelli Felix, Kalisto e Silvester, alle serate con loro a bere birra, alle loro strette di mano e alla speranza di insegnarci lo swahili.
A Francesca e Antonella, le compagne di viaggio e stanza migliori che potessi trovare, facendomi scordare di essere partita da sola. Grazie per i discorsi fino a notte fonda, a ridere avvolti nei nostri letti a castello sotto le zanzariere. Mi mancherete.
A tutti i Karibu “benvenuti” e ai nostri mille Ahsante “grazie”.
Dalle tue parole posso dedurre che hai lasciato una parte del tuo cuore in Tanzania ?
Dici bene , la Tanzania mi ha fatto capire quanto siamo fortunati e privilegiati rispetto a quella parte del mondo in balia della fame . Noi abbiamo davvero tutto ma continuiamo a fare i capricci.
Passiamo le giornate prenatalizie a dire ; voglio quello e voglio quell’altro e nonostante i regali puntuali , abbiamo sempre da lamentarci ; siamo patetici. I bambini in quel posto dimenticato da Dio , sorridono guardando gli animali , giocano in ogni modo possibile , a loro basta vederci per accendere la fiamma della gioia nei loro occhi . Loro sorridono , loro che sono bambini abbandonati, ritrovati sotterrati in mezzo alle feci di mucca, alcuni di loro sono arrivati in fin di vita, altri li ho visti morire per la malnutrizione, e sai cosa è ancora più triste ; non avevano nemmeno un nome, vogliamo parlare delle ragazze della mia età morte di parto, di AIDS, di tubercolosi, della morte senza un senso, della morte in generale ,che come nebbia inghiotte tutto e tutti….
Cambiamo discorso , cosa pensi dell’università ?
Ho sempre pensato che la cosa più importante al mondo sia la vita e il mio lavoro doveva essere proprio questo: salvare vite, permettere a qualcuno di poter continuare a vivere. Adesso studio per diventare dentista seguendo le orme di mio padre. Non lo definirei proprio un lavoro salva vita, ma mi porta lo stesso tantissime soddisfazioni. Amo questo lavoro.
Cosa è per te l’amore ?
Mi chiedo spesso cosa sia l’amore. È un concetto così eterogeneo che mi viene da descrivere qualsiasi cosa mi faccia rendere conto del tempo che sto vivendo in quell’istante. Passiamo la vita a fare cose come automi: la fila per pagare la spesa, guidare la macchina, una corsa veloce all’università, senza renderci conto realmente del tempo. L’amore ecco, ferma il tempo. È la sensazione che ci fa rendere conto della nostra esistenza.
L’amore è la mano di mia madre, riempita di macchie, che gira con un cucchiaio di legno il sugo fumante sui fornelli. È la polvere illuminata dalla lampada mentre studio una materia importante e il ricordo dei sacrifici che ho fatto per arrivare fino a quel momento, è il momento in cui soffio le candeline su una torta e lo sguardo prima rivolto agli occhi delle persone che ridono di me.
Pensavo che l’amore fosse la completezza, l’unione e l’essere una cosa sola con una persona. quell’amore invece è un’altra cosa: io che sono completa e lui che mi spezza in due facendomi rendere conto di quanto siamo vuoti senza una presenza.
A volte penso che l’amore inteso come “amare e donarsi ad una persona” sia una questione di momenti. Potrei amare una persona dopo una settimana, in una sera d’inverno, con la luna che prepotentemente penetra attraverso gli spazi di una serranda chiusa, sentendomi al sicuro dietro un paio di mani, è il momento in cui mi dico: ecco, potrebbe scoppiare una bomba proprio accanto a me e rimarrei illesa, o sarei così tanto anestetizzata da non capire nulla.
Altre volte penso di essere troppo giovane, che la vita deve donarmi ancora troppo per descrivere tutto ciò.
Ma ecco, adesso l’amore lo definirei come la realizzazione del tempo che passa , il desiderio e il bisogno frustrante di poterlo domare.
La famiglia ?
Quando mi chiedono realmente chi è la mia famiglia penso a mio fratello Domenico, più grande di me di sei anni. Sono nata il 2 novembre, il giorno dei morti, dopo un parto difficile che segnerà per sempre mia madre. Mio padre era al terzo anno di università e aveva passato già i trenta da un pezzo, aveva mia madre, mio fratello di 6 anni e anche un lavoro alle ferrovie che avrebbe perso da lì a poco. Lavorava di giorno e studiava la notte. Quando si laureò in Odontoiatria cominciò a fare dei turni di lavoro diversi: di giorno metteva il camice e veniva chiamato dottore, la notte faceva le pulizie sui treni.
Sono nata osservando mio padre dietro una scrivania, con le cuffie e milioni di appunti sul tavolo della cucina, mia madre che si tagliava i capelli da sola in bagno, le bollette da pagare. Ricordo che giravamo tra i parenti e amici per raccattare qualche vestito per l’inverno, per i miei poteva essere umiliante, io mi divertivo ad uscire i vestiti dai sacchetti rotti e a provarmi magliette e pantaloni che puzzavano di altre case. Mio fratello mi ha fatto da madre e da padre, è sempre stata una figura perenne e costante fino all’adolescenza, quando poi l’università l’ha portato fuori Palermo.
Agli occhi della gente sembriamo la tipica famiglia unita e felice, ma i momenti difficili sono più di quelli sereni. Ed è grazie a questo che il bicchiere di vino rosso con mio padre a tavola prende un altro sapore. Il sapore della calma della pioggia, quando, come le lumache che finalmente possono uscire le corna e scivolare sulle foglie, io posso togliermi la maschera e ridere nel modo più vulnerabile possibile.
Clara esiste un senso della vita , in un mondo tempestato da brutture come quelle che avvengono in determinate parti del pianeta ?
Il senso della vita: affacciandomi alla finestra della natura, il senso primordiale è vivere e mettere al mondo un’altra vita simile a te ma non troppo da non permettergli di adattarsi alla vita.
Il senso della mia vita per adesso è raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissata entro i trent’anni: laurearmi ed essere indipendente. Anche se il mio desiderio più grande è trovare l’amore della vita, ma sono convinta che il momento giusto per trovarlo è quando si è veramente giovani e la vita non ci ha ancora distrutti, alla nostra età siamo dei relitti in cerca di una persona che abbia il gusto di passato; e il passato è amaro. Arriverà il momento in cui la vita ci trasformerà in un pezzo di puzzle e tutto combacerà alla perfezione. Quando il fine ultimo della vita è morire, l’unica cosa che possiamo fare è l’opposto, cioè amare.
Prima di concludere voglio fare un appello per Silvia Romano . Fare volontariato non significa che una ragazza diventa demente o è semplicemente pazza , fare volontariato vuol dire calarsi in prima persona in mondi trascurati e emarginati , mondi dispersi nel nulla e portare al loro interno con buona volontà e amore umano, tutta luce che necessitano . Grazie per avermi dato questa possibilità di esprimermi , la gente deve sapere che non siamo idioti.
Grazie a te Clara, non siete idioti, l’unica parola che mi viene in mente in questo momento è eroi, voi siete questo. Portare il sorriso dove alberga il dolore questo è il mestiere dell’eroe.