Giuseppe Maurizio Piscopo
Vincenzo Patti è nato a Favara nel 1946. Ha compiuto studi artistici, conseguendo il Diploma di Maturità d’Arte Applicata sezione Decorazione Pittorica e Laurea in Accademia di Belle Arti, Facoltà di Pittura. Profondo conoscitore delle diverse tecniche pittoriche e grafiche, specialista nella difficile arte dell’acquarello, da anni è docente coordinatore di numerose istituzioni, centri culturali sempre seguiti da un alto numero di allievi. Ha partecipato a numerose rassegne culturali di prestigio; ed è stato chiamato a far parte di rinomate Accademie italiane ed estere. Ha esposto in varie città italiane. Di Vincenzo Patti si sono occupati i maggiori critici italiani. In questa particolare intervista, a 360 gradi il pittore racconta la sua Arte partendo dalla sua infanzia, dai suoi sogni, dai suoi traguardi, dai suoi sguardi attenti per la natura, con un attaccamento fortissimo per la sua città natale: Favara.
Chi è un pittore alla fine del 2018?
Sebbene oggi ci troviamo in una società frenetica e fortemente consumistica, dove il materialismo e il bisogno di apparire si sono diffusi notevolmente in tutte le culture, il vero artista non deve e non può limitarsi alla semplice realizzazione del prodotto commerciale. È necessario saper osservare, guardare oltre le cose, individuandone, così, l’essenza per poi saperla e poterla creare solo per il piacere di farlo.
Credo che non esistano né regole né canoni che un’artista del 2018 debba perseguire per poter raggiungere il successo. “… Ho creato ciò che è stato creato, come Maestro ho avuto Dio”.
Come si diventa pittori?
Bella domanda, intanto sfatiamo col dire che il lavoro del pittore è un mestiere che non dà pane. Forse, raramente, qualche volta solo quello spirituale, ma il pane spirituale, purtroppo, non riempie lo stomaco. Pittore non ci si improvvisa da un giorno all’altro, all’arte si arriva per gradi giorno dopo giorno, dopo lunghi sacrifici, attraverso costanti e continui esercizi e studi che richiedono tanto lavoro, tantissime fatiche e molta pazienza. Occorre osservare costantemente la natura: questa è fonte di ispirazione che illumina il cuore e la mente di ognuno di noi con le sue forme mutevoli, i suoi tratti e i suoi colori che variano gioiosi all’infinito. Occorre anche e soprattutto disegnare a pieno contatto con la natura dal vero, catturare con rapidi schizzi senza tanto curarne la forma qualsiasi cosa colpisca la nostra fantasia, sia essa una macchina in sosta o in corsa, un albero, un sasso, una forma qualsiasi di fantastico e di astratto. Copiare disegni e pitture dei grandi maestri ci aiutano notevolmente a conoscere le differenti tecniche pittoriche e via dicendo…
I grandi pittori come Pablo Picasso, Vincent Van Gogh sono stati visionari ed hanno attraversato molti periodi difficili nella loro carriera. Tu quando hai iniziato?
Anche questa è una domanda come un vestito che cade su misura giusta. Io credo che ogni artista noto o meno noto ha la sua storia da raccontare. Tutti abbiamo una storia da raccontare. La mia storia è una come tante, semplice e povera ma dignitosa di cui vado fiero ed orgoglioso. Sono nato subito dopo la fine della seconda guerra mondiale in un periodo nel quale tutto era in salita e non esistevano discese. Della mia storia, inconsapevolmente, ne parlo in un libro dal Titolo: Senza Senso – Né di qua né di là edito dalla casa editrice Medinova – anno 2001. Un pamphlet che si è scritto da solo, come se ci fosse stato qualcuno invisibile accanto a me che mi dettava il tutto. Stavo scrivendo al computer frasi senza senso per fare pratica con un programma di video/scrittura e man mano che scrivevo mi accorgevo che in realtà le cose senza senso potevano avere un senso.
Ho iniziato a dipingere con la mente e col cuore da sempre, non appena venuto al mondo. Mia mamma, buonanima, mi diceva sempre che sono nato di venerdì col il sangue negli occhi ed è per questo motivo che tu figlio mio riesci a vedere là dove gli altri non vedono.
Mia mamma ha avuto ragione e non si è sbagliata, i miei occhi, adesso, stanchi e faticati hanno visto abbastanza per capire che la vita è fatta di complicazioni, dispiaceri, sofferenze (l’inverno in terra). Questo, ed altro sono i veri motivi per i quali sono stato sempre stato attratto dalle cose più semplici, umili ed indifferenti.
Sono figlio del centro storico ed ho vissuto in questi luoghi a me tanto cari. “…Ho sempre amato e non ho mai smesso un istante in vita mia di amare questi posti, poiché, a mio avviso, rappresentano la vera la storia, la storia della povera gente: del contadino, del bracciante, del minatore, dei carusi, dell’artigiano, dell’immigrato, del disoccupato e così via.
Ecco perché oggi, sempre e in continuazione, aleggiano nella mia mente questi ricordi e si presentano puntuali, come morti del passato che si sono incarnati dentro di me per essere ripresi e recuperati per poi, mostrarli agli altri.
È un compito questo, che io, di mia spontanea volontà, ho assunto da tempo con vivo piacere e senza alcuna remunerazione.
Quando posso questi ricordi li porto in giro, li espongo in mostre con grande entusiasmo come fossero bandiere e quando posso, per le mie esposizioni, utilizzo possibilmente gli stessi ambienti dai quali essi provengono…” (Tratto dal libro Senza Senso pag. 88).
Sono figlio di un artista, mio papà, faceva il decoratore locale in un periodo nel quale tutto si costruiva a mano sia i colori composti con pigmenti in polvere impastati con solventi appositi e finanche alcuni tipi di pennelli costruiti su misura con peli di maiale ed altro. Tutto questo sicuramente avrà contribuito tantissimo a questa mia scelta di campo, il tutto per mero diletto.
Come eri da bambino? Che ricordi hai della scuola dei tuoi tempi, del tuo maestro e dei tuoi compagni. Ne vedi ancora qualcuno?
Io da bambino non ho ricordi di gioco né, tantomeno, la passione per le varie attività sportive. L’amore per le attività nasce con la frequenza e con la pratica. Io da bambino, quando potevo, andavo in campagna a dare una mano ai miei genitori, i quali, avevano una attività per la coltivazione dei fiori. Ero un bambino invecchiato metà angelo e metà diavolo più diavolo che angelo. La scuola la vedevo come una punizione proiettata al rigore con dei maestri che sovente alzavano le mani ed utilizzavano una bacchetta posizionata sulla scrivania pronta all’uso e incutevano paura. Lo facevano per il nostro bene, dicevano. L’arbulu sàddrizza quannu è nicu (L’albero si raddrizza quando è piccolo).
Anche a casa mia l’educazione veniva impartita a colpi di cintura e dove capita capita. Insomma, nella vita non ho avuto mai fortuna: ho sempre preso botte a non finire, sia a destra che a manca.
Per quanto riguarda invece, i vecchi compagni di scuola, qualche volta è capitato per puro caso incontrarne qualcuno ed è stato bello ricordare i tempi che furono… Altri, purtroppo, non per scelta loro, sono andati a raggiungere la Casa del Signore.
Secondo te i bambini di oggi che apparentemente hanno tutto sono felici?
Questa, ahimè, è una domanda alla quale, purtroppo, non so rispondere.
Comunque, penso che la felicità di un bambino, non si possa raggiunge o misurare riempiendo stanze piene di giocattoli di tutti i generi e misure distribuiti dappertutto in qualsiasi spazio ed angolo della casa. A tutto deve esserci necessariamente un limite. A noi bambini di una volta bastava poco o niente per divertirci ed essere felici. Penso che lo strumento primario per trasmettere la felicità di un bambino è l’Amore! A volte, la troppa abbondanza, può essere diseducativa.
I pittori sono considerati geni inquieti…tu come sei nella vita di ogni giorno?
Che dentro di me pervade da sempre una inquietudine che non mi dà tregua, questo è vero e non posso nasconderlo né negarlo, che sono incluso tra i geni è da escluderlo completamente. Figuratevi, sono talmente magro che addirittura non riesco neanche a proiettare l’ombra di me stesso.
Nella vita di tutti i giorni credo di essere normalissimo faccio e svolgo tutto ciò che un buon padre di famiglia deve assolutamente adempiere. Certo, se questa domanda, per esempio, fosse stata posta ad un membro qualunque della mia famiglia, molto probabilmente sarebbero emerse, su di me, delle stranezze o modi di fare insoliti. Spesso, infatti, mi accusano, tanto per portare un esempio di essere assente pur essendo presente; oppure “…sta sognando, ha la testa tra le nuvole, prima o poi impazzisce…”.
Come pittore hai lavorato con gli acquarelli, l’inchiostro di china, con la grafica, le miniature, i paesaggi, i volti dei piccoli paesi come Favara, Caltabellotta. Cosa ti attrae dai piccoli borghi.
Si è vero nasco prevalentemente come un pittore acquarellista la cui tecnica ha un fascino travolgente. La prediligo per la sua imprevedibilità, rapidità, l’aderenza che ha i colori della natura e che, quindi, mi consente di avvicinarmi il più possibile e di avere un forte contatto con la grandezza della vita.
Poi, come avevo già detto tempo addietro in “Senza Senso”, “…la fase più bella, che mi affascinava moltissimo e che mi destava tanto piacere, era quando mia madre faceva il bucato: dalla pila lo ripassava, per il risciacquo, in una bagneruola di zinco piena d’acqua, dove aggiungeva una polverina d’azzòlo (blu di metilene) che faceva diventare, come d’incanto, l’acqua contenuta nella bagneruola azzurra come il mare.
Oh… quanto mi divertivo a vedere quelle macchie! E ancora oggi a distanza di tanti anni ho davanti agli occhi quella splendida immagine, quelle bolle, quell’acqua blu : che riusciva a portare il sereno anche nelle giornate più cupe. Erano macchie di colore, che si spandevano nell’acqua e diventavano sempre più belle ed affascinanti fino a quando quel blu diventava omogeneo…
Spesso utilizzo, per mia scelta, la stesura dei colori ad acquerello sul foglio completamente asciutto poiché essi sembrano emanare una luce solare forte.
Io prediligo il sole forte e cocente, le giornate lunghe e luminose, ma non caotiche.
Il buio mi rattrista mi mette tanta paura e tanta tristezza ed è per questo che solo raramente mi servo della tecnica “umido su umido”, poiché riesce a rendere, con i suoi effetti cromatici, elementi inquietanti quali nebbia, foschia, pioggia ed altro; ecco perché, quando mi è possibile, dalle giornate fredde e cupe scappo a passo svelto, cercando, il più possibile, un posto al sole come fossi una lucertola, che cerca ristoro nei suoi raggi ardenti…”
Il bucato, le macchie di colore che si spandevano nell’acqua azzurra come il mare, le bolle colorate, avranno sicuramente contribuito notevolmente all’innamoramento di questa tecnica da me esercitata per lungo tempo. Una tecnica che mi ha consentito di accompagnarmi per mano in sperimentazioni molto più complesse.
Con gli acquerelli ho scritto tante storie cercando il più possibile di far rivivere e valorizzare quanto di più bello c’è attorno a noi. Attraverso lo strumento dello specifico ho cercato di raccontare, fra le altre cose, le mie origini e le origini dei miei simili. Nel 1999 grazie al patrocinio del Comune della mia Città nasce: Favara, Colori e ricordi, un catalogo contenente ventuno disegni ad acquerello che potrebbe risultare utile per dare memoria e far conoscere, nel contempo, parte della nostra realtà urbana del centro storico e non solo poiché, tale catalogo, ci conduce idealmente fuori dell’abitato urbano. Infine, il catalogo, reca interventi di autorevoli esperti d’arte e storici affermati.
Con l’inchiostro di china dal tratto veloce deciso e determinato e attraverso anche l’uso della matita ho cercato di raccontare visivamente attraverso la mia sensibilità la storia della realtà della mia appartenenza non solo favarese.
Come ho avuto modo di scrivere e raccontare più volte, per mia fortuna (si fa per dire) sono nato in una casa molto stretta, piccola, umida e senza sole.
Pensate che, per riscaldarmi, preferivo andare fuori, all’aria aperta. Un giorno, però, accadde che ho trovato per puro caso questa mia piccola casetta dei ricordi giù per terra come un morto ammazzato, sono rimasto lì, incredulo, fermo a guardare ammutolito nel frattempo tanti ricordi sfioravano nella mia mente è così sono venuti fuori tantissimi disegni, schizzi di ogni tipo che ritraggono la mia amata Città. È mio dovere far rivivere questi luoghi del passato con i suoi segreti, la sua tristezza e quella solitudine che, ancora oggi, più che mai, incombe su di essi. Sono luoghi che, a vederli, parlano da soli.
Sono ruderi e monumenti dalle forme insolite, la cui creatività è affidata solo ed esclusivamente alla casualità del momento.
Strade, vie, viuzze, scale e scalinate, bastioni, cortili, archi bassi, chiese e chiesette ed altro sono rappresentate in cento disegni ad inchiostro di china, per la verità pronti da tempo, già nelle mani dell’editore per una eventuale pubblicazione. Tutto questo, evidentemente, per dare memoria visiva ad un tempo che fu.
Grazie a Dio, ho realizzato anche centinaia di miniature ad acquerello che ritraggono la natura in tutte le sue sfaccettature. Vedere l’immensità e la spettacolarità del paesaggio della Nostra Terra rappresentato in un piccolo spazio/supporto credetemi, mi allieta tantissimo. Amo dipingere tutto ciò che è stato creato finanche le briciole, gli alberi scheletriti con rami contorti e svettanti verso il cielo blu cobalto a strisce bianche, montagne nane e rachitiche come se portassero sopra di se il peso della sofferenza della vita, il sole forte e cocente, il silenzio, l’abbandono ed idealmente il profumo, l’odore e il sapore che emanano.
Ho cercato, altresì, con le mie modeste capacità d’artista di dare risalto ed enfasi anche e soprattutto alle cose più semplici, umili ed insignificanti: tutto nella vita ha un significato.
Nel lontano 1982 nasce un grande amore per Caltabellotta. Un Amore travolgente
tanto è vero che gli ho subito dedicato due mostre: la prima ad Agrigento, la seconda nella stessa Città, dove, per invito dello stesso sindaco di allora, è stato possibile anche pubblicare un piccolo catalogo di tutte le opere esposte.
Nel mese di luglio del 2018, dopo trentasette anni rivisitando Caltabellotta, dedico, alla Città presso il Museo Civico “Omaggio a Caltabellotta in inchiostro di china” e “Il Paradiso delle Pietre di Vincenzo Patti”. Infine, tutte le opere dedicate alla Città per un totale di undici quadri così composti: dieci disegni ad inchiostro di china più un quadro grande su tela di cm 70×100 in tecnica mista per mia espressa volontà sono state tutte donate al Comune di Caltabellotta.
Tu hai diretto per lungo tempo una scuola di pittura nel centro storico di Favara, continui ancora questa bellissima esperienza?
Certamente, nonostante i miei settant’anni e oltre, grazie a Dio, a titolo prettamente gratuito dal lontano 1998 al 2019 continuo, imperterrito, a portare avanti questa iniziativa che nel corso di tutti questi anni ha coinvolto centinaia di persone di tutte le età e delle diverse estrazioni socio-culturali, provenienti da tanti paesi della nostra provincia. Molti i ragazzi, che nel tempo hanno sviluppato una promettente carriera artistica. Numerosi gli insegnanti che hanno utilizzato le conoscenze apprese per migliorare la loro perfomance nel mondo della scuola.
Il modus operandi della nostra scuola si basa essenzialmente sulla valorizzazione delle attitudini individuali, stimolando i discenti ad approcciarsi alle varie tecniche compositive, grafiche e pittoriche, avvicinandoli alla interpretazione dei vari mezzi espressivi, ai vari stilemi e allo studio dei grandi Maestri del passato e delle correnti artistiche, rendendo vive così, quelle pulsioni che hanno costituito il fermento dell’Arte nel corso dell’affascinante vicenda umana.
Inoltre, la scuola, avvalendosi della preziosa collaborazione, a titolo del tutto gratuito, di operatori (molti dei quali formatosi all’interno della scuola stessa), svolge corsi sulle varie tecniche di base ed avanzate, sia dal punto di vista teorico sia da quello pratico, approfondendo anche l’uso dei diversi materiali.
La sana relazione docente/discente ha aperto un clima di dialogo, di cooperazione e di amicizia, facilitando un’armonica esternazione dei propri sentimenti ed emozioni, avviando quindi, oltre che verso l’educazione artistica anche verso l’educazione alla legalità e al rispetto dell’atro. Infatti, la scuola, sin da subito senza ripensamenti alcuni ha aderito alla Festa della Legalità. “L’Accademia Comunale Arte – Cultura – Legalità”, di cui, il sottoscritto, oltre a svolgere il ruolo di insegnante copre anche la carica di direttore. La scuola, giunta, oramai, ininterrottamente alla sua ventunesima edizione affianca e promuove altre iniziative come ad esempio:
incontri letterari, mostre personali e collettive di pittura, scultura e fotografia ed altre attività affini rivolte ad incrementare sempre più l’arte e la cultura in genere nelle sue varie espressioni. Ha partecipato a diverse manifestazioni artistiche e culturali, collaborando con diverse agenzie formative presenti nel territorio non solo favarese, quali scuole, comunità ecclesiali, associazioni culturali.
Tra le tante iniziative intraprese da evidenziare il corso televisivo di disegno e pittura “Colori e pennelli” composto da 20 puntate/lezioni tenuto presso l’emittente Sicilia TV.
Oltre All’Accademia Comunale Arte – Cultura e Legalità, in qualità di esperto esterno ho insegnato anche per una decina d’anni circa presso una nota associazione culturale agrigentina, associazioni di volontariato, Enti pubblici (Favara ed Agrigento), Istituti Statali Professionali con progetti mirati e come docente esperto esterno presso Licei Artistici Statali. Il tutto per mero diletto in forma completamente gratuita.
Concludo, dicendo, che la mia attività artistica/culturale l’ho sempre considerata come una semplice missione, un dono prezioso donatomi in prestito da Dio e, quindi, come tale cerco di renderla estendibile il più possibile al servizio degli altri.
Come tu sai i più grandi pittori del mondo restano i bambini, hai mai lavorato con loro?
Sì, nella mia scuola abbiamo sempre tenuta aperta una sezione particolareggiata riservata ai giovanissimi di età compresa tra i 9 ai 12 anni molto frequentata e, a tale proposito, devo dire che i risultati ottenuti sono stati soddisfacenti ed entusiasmanti. I bambini godono di una capacità creativa impareggiabile. Nella loro ingenuità compositiva traspare sovente una creatività artistica basata tra il reale ed il fantastico.
Le parole sono pietre ha scritto Carlo Levi in un libro prezioso. Tu hai trovato un’altra lettura delle pietre molto originale che ti ha reso famoso in Italia, parli con le pietre. Che cosa vi dite esattamente?
Per prima cosa tengo a precisare che “Pietre come radici” ovvero “Il pittore che parla con le pietre”, come molti, oramai, preferiscono chiamarmi non nasce per caso. Trattasi di una nuova dedizione artistica a lungo meditata, pianificata e sofferta. Ma andiamo per ordine: da tantissimo tempo posseggo un modesto appezzamento di terreno non molto distante dal mio paese con una piccola casupola in cui trascorro piacevolmente le mie giornate tra pittura e meditazione. Il terreno con la casetta sono posti su una altura dove “il mare si può prendere con le mani”. Uno scenario di una bellezza indescrivibile, travolgente, naturale, che solo Dio può creare. Insomma, un piccolo “Paradiso in terra”. Posto ideale a misura giusta per esprimere il mio bisogno artistico e per soddisfare soprattutto la mia anima.
Alle spalle della mia casetta giacciono assopiti le mie pietre, con le quali, sovente, dialoghiamo.
Le nostre sono chiacchierate di poco conto tanto per consumare il tempo inesorabile. Parliamo di cose passate ovvero di un tempo che, purtroppo, ahimè, non esiste più. Ricordi di una vita sfaldata nel nulla, fatta di sacrifici e stenti. Queste pietre, le mie pietre a cui batte il cuore nel corso della loro lunga vita hanno visto e sofferto tantissimo. Il dialogo con le mie pietre non è semplice come apparentemente possa sembrare, bisogna capire ed individuare il momento giusto e favorevole per entrare in conversazione amichevole. Purtroppo, non sempre ci si riesce: occorre massima concentrazione, insomma, bisogna sentire assolutamente il rumore del silenzio, solo così il miracolo può avverarsi.
Le pietre sono solo radici della nostra memoria?
Sì, le pietre sono le radici della nostra memoria e anche qualcos’altro.
Secondo il mio concetto filosofico sono le pietre a conoscere il vero mistero della vita, poiché hanno radici così profonde che partano da molto lontano ovvero milioni di anni fa. Loro, le Pietre, sono figlie del fuoco, dell’aria, della terra e dall’acqua. La loro forma antropologica è affidata al caso e pure al vento e alle piogge. Le loro forme naturali metamorfizzate, come per magia, assumono sembianze umane e animali, comunque forme di esseri viventi d’ogni tipo, scolpiti nella materia. Le Pietre, rappresentano la vita, la forza, la robustezza e la voglia di vivere. Le mie Pietre adagiate giù per terra alle spalle della mia casetta non sono ammassate per caso come viene viene in attesa di una resurrezione. Loro sono vive, vegete hanno pure un cuore ed un’anima. Inoltre, vedono ed ascoltano in silenzio paradisiaco. Le Pietre, le mie Pietre con le loro forme insolite, fra le altre cose, adornano, fanno bella vista ed emanano di giorno una luce baluginante, di notte, invece, una luce soave, gradevole che ti porta a sognare.
Il tuo dialogo con le pietre nasce da molto lontano, quando è nata questa visione antropologica del mondo?
Nella mia vita visionaria da sognatore, ho sempre prediletto un paesaggio naturale semplice e squallido, triste e malinconico, abbandonato e poco apprezzato, poiché, questi elementi rappresentano lo specchio della mia anima. Le prime “opere” cominciano a nascere dal 2006 con il manufatto a cui è stato assegnato il titolo: «anima», «apparenze», «sogni inquieti», «sonno profondo», «le piaghe del dolore» … Opere che fanno parte di una mia collezione privata da, eventualmente, devolvere per una giusta causa.