Filippo Cardinale
La riunione di ieri mattina, svoltasi nella sede comunale di Ribera, ha tracciato una netta linea di demarcazione. Quella linea tanto attesa e che per anni è stata volutamente ricoperta dalla volontà di 16 sindaci che, di volta in volta, hanno proseguito sulla via del non rispetto della legge.
Ma i tempi cambiano. Cambiano con l’arrivo del nuovo Prefetto Dario Caputo che ha emesso l’interdittiva antimafia che ha permesso di rendere le redini della Girgenti Acque nelle mani dello Stato attraverso la nomina dei commissari prefettizi. Cambiano per la determinazione dei due commissari che hanno chiarito senza equivoci che la legge va applicata. Cambiano perchè adesso non vi è più la gestione del servizio idrico integrato nella mani di una società privata.
I tempi cambiano perché, finalmente, nella riunione di ieri dei 27 sindaci, i cui Comuni hanno consegnato le risorse in ossequio alla legge, il presidente dell’Ati e anche sindaci di Sciacca (Città consegnataria delle reti) ha ribadito un concetto inequivocabile: entro il prossimo 15 marzo l’Ati attende le istanze di quei Comuni che ipotizzano il possesso dei requisiti previsti dall’articolo 147, comma 2bis, lettere a) e b) del D.Lgs. n. 152/2006, che rende possibile la gestione del servizio idrico in forma autonoma esistente nei Comuni che presentano constestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette, ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Tra tutti i 43 Comuni che compongono l’Ati, non saranno più di 2/3 quelli che potrebbero rientrare in tali rigidi requisiti. Ma il presidente dell’Ati ha ribadito, come previsto dalla legge, che l’autonomia è perimetrata solo alla gestione delle reti. Le fonti idriche sono demaniali e non comunali. In buona sostanza, quei Comuni che rientrano nella suddetta legge possono disporre della quantità di acqua secondo i litri/secondo di cui necessitano. Il resto rientra nella disponibilità della unicità territoriale di ambito, dunque al servizio degli altri Comuni. Insomma, più acqua per tutti per comprare meno acqua da Siciliacque a costi da champagne.
I sindaci riunitisi a Ribera, (Ribera, Sciacca, Favara, Montevago, Cattolica Eraclea, Calamonaci, Grotte, Lucca Sicula, Villafranca Sicula, Raffadali, Siculiana, San Giovanni Gemini, Realmonte, Sambuca di Sicilia, Racalmuto, Porto Empedocle, Licata e Montallegro) hanno chiesto all’Ati, rappresentata dal presidente Francesca Valenti, di procedere con urgenza alla definizione della questione dei 16 Comuni non consegnatari di reti e che non hanno rispettato la legge. La definizione urgente dell’annosa vicenda, in vista di una gestione pubblica e diretta del servizio idrico con tutte le risorse disponibili messe a disposizione dei comuni che compongono l’ambito.
Una posizione che ha trovato d’accordo Valenti, che ha già avviato una interlocuzione con i comuni “ribelli” chiedendo loro di avanzare le istanze di richiesta di ricorso alla gestione diretta prevista appunto all’articolo 147 dalla legge sull’acqua approvata dall’Ars nel 2015.
Francesca Valenti ha detto, senza mezzi termini, che l’Ati sarebbe pronto a firmare le diffide per la riconsegna degli impianti, probabilmente un percorso in cui la Prefettura, in questo contesto, potrebbe fare la propria parte. I sindaci “consegnatari” hanno dal loro canto chiesto che questo avvenga entro metà marzo per consentire, poi, l’avvio di un percorso comune di creazione del nuovo ambito territoriale ottimale. E dal lì, assicurano, l’acqua pubblica potrebbe essere davvero ad un passo.