Intervista a Salvatore Falzone.
di William Di Noto
Il 16 Marzo del 1978 il Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, veniva sequestrato da un commando armato delle Brigate Rosse: ancora oggi, nonostante siano passati quarant’anni dall’eccidio, ci sono troppi misteri da scoprire, tanto da classificare la strage e il sequestro come uno dei vari “misteri d’Italia”.
Triste avvenimento italiano che si desidera approfondire in quest’intervista con lo studioso di storia d’Italia e della questione medio-orientale Educatore Professionale Salvatore Falzone, autore dei libri “Nel nostro tempo: tra terrorismo e conflitto israelo-palestinese” e “L’intreccio del Medio Oriente: Israele, Libano, Palestina”.
Riprendiamo un Suo articolo dell’anno scorso. Perché Lei descrive la strage di Via Fani, ancora oggi, come un “misterio d’Italia”?
R: Purtroppo, la storia repubblicana nasconde tanti segreti a cominciare dall’eccidio di Portella della Ginestra, avvenuto il 01 Maggio del 1947 e fino alle stragi del 1992 e del 1993. Una strategia di destabilizzazione che, secondo alcuni, serviva per “stabilizzare” il quadro politico italiano mediante accordi e patti segreti occulti.
E il sequestro, e poi l’omicidio, dello statista Aldo Moro?
R: Il sequestro di Aldo Moro accadeva alla vigilia del voto di fiducia al IV Governo Andreotti con l’appoggio politico del Partito comunista. Si trattava del famoso “compromesso storico” (così come definito dal Segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer) o ancora della “democrazia compiuta” come la definiva il Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro: un accordo che vedeva l’opposizione sia interna ai due Partiti, dovute alle diverse correnti, che esterna al quadro politico italiano, con particolare riferimento agli Stati Uniti d’America, all’Unione Sovietica, ai membri della NATO, al Patto di Varsavia, etc..
Le opposizioni interne ai Partiti, e le opposizioni internazionali, quale ruolo hanno giocato secondo Lei?
R: Gli interessi, le strategie, gli equilibrismi dello schema rigido delle divisioni dei blocchi in Est – Ovest (Unione Sovietica e Stati Uniti, appunto) non appoggiavano il compromesso storico: non riconoscevano l’importanza politica della democrazia compiuta con l’alternanza nella gestione del Governo.
È in questo contesto che la mattina del 16 Marzo 1978, in Via Fani a Roma, si compiva la strage con l’uccisione dei cinque agenti di scorta Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi (i cui nomi dovrebbero rimanere impressi ed indelebili nelle nostre memorie) e il conseguente sequestro di Aldo Moro.
Come si sente di definire quell’episodio?
R: La definirei un’azione da commando scelto, addestrato e militarmente organizzato; un’azione che vede oltre le verità di comodo, una verità per parecchi anni “occultata e inquietante”: verità che i lavori della Commissione Parlamentare d’inchiesta appositamente istituita, che ha proceduto con rigore e imparzialità, ha analizzato e rivisto tutte le testimonianze e le documentazioni passate, acquisendo anche nuovi e importanti documenti e rivelazioni, che hanno portato al varo di una importante relazione nel Dicembre 2017.
Ritiene che il lavoro della Commissione sia stato proficuo?
R: Va dato atto del denso lavoro della Commissione e in particolare della tenacia, passione e costante ricerca della verità da parte del Vice-presidente Onorevole Gero Grassi, il quale ha girato in lungo e in largo l’intero Paese per far conoscere la verità sull’ affaire Moro.
Ritiene che i risultati presentati nella Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta risultino essere definitivi?
R: Il quadro che emerge dalla relazione è di “convergenze parallele” tra poteri apparentemente contrapposti, di ambiguità istituzionali dell’epoca e di pesanti interferenze esterne. Molte verità ufficiali iniziano a scricchiolare: dalla dinamica dell’azione terroristica in Via Fani alla presenza di appartenenti ai Servizi Segreti (deviati?, n.d.r.); dal ruolo del Bar Olivetti sino alla scoperta di nuovi covi appartenenti alle Brigate Rosse vicino al luogo della strage; dal ruolo della mafia, della ndrangheta e della banda della Magliana, durante e dopo il sequestro; dalla perizia sulla dinamica dell’uccisione di Aldo Moro ai depistaggi per nascondere eventuali prove e complicità.
Oggi emerge una realtà o almeno una parte di essa, visto ancora le reticenze, i silenzi e la scomparsa di diversi personaggi che hanno avuto un ruolo all’epoca dei fatti, che ci ricorda il sacrificio delle vittime.
Una verità che sarebbe essenziale per rendere giustizia ai martiri che hanno difeso la democrazia e per capire meglio la vera storia d’Italia.