Filippo Cardinale
Strano che in tutti questi anni, tra ATO e ATI, nessuno dei massimi livelli si sia accorto del sistema.
Leggendo l’interdittiva antimafia del prefetto Dario Caputo, notificata ieri mattina alla società HYDORTECNE, diverse sono le motivazioni che hanno convinto il rappresentante locale del Governo a firmare il provvedimento. La HYDORTECNE ha come socio unico Girgenti Acque, e un legame indissolubile e di massima fiducia tra Marco Campione e Pietro Arnone.
Nell’interdittiva vi è la disamina tra lo stretto rapporto di Pietro Arnone e Marco Campione, intrecci di operazioni societarie complesse, e anche “l’alta probabilità che il tentativo di infiltrazioni mafiose evidenziato a carico della Girgenti Acque sia trasmesso per contagio alla HYDORTECNE, attesa la dimostrata contiguità tra le società“.
Ma emerge, dall’interdittiva, un vero e proprio sistema capace di superare le condizioni poste dall’allora ATO. A pagina 10 dell’interdittiva si legge “come il fine primario del collegamento societario possa essere stato quello di concretizzare non soltanto un meccanismo sub-concessorio, vietato dalla concessione del 2007 tra l’allora ATO di Agrigento e Girgenti Acque, ma anche l’elusione delle norme del sub-appalto e sulle relative autorizzazioni, nel tentativo di superare qualsivoglia, ipotetica constestazione sull’utilizzo in house delle imprese socie della concessionaria”.
Appare strano che in tutti questi anni, tra ATO e ATI, nessuno dei massimi livelli si sia accorto del sistema generato dalla presenza di società appartenenti tutte ad un dominus.
La magistratura inquirente di Agrigento, il nuovo Prefetto e i due Commissari prefettizi che oggi governano la Girgenti Acque hanno davvero segnato uno spartiacque di portata storica. In tale contesto, non si comprende come mai i nostri politici non si siano accorti di nulla. O, forse, si comprende molto bene.