Il “Maggio dei Libri” a Montevago è passato per il “Quaderno della Memoria”, i racconti dei bambini del centro Belicino che hanno preceduto il terremoto del 1968. Un’iniziativa promossa nel weekend dall’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Margherita la Rocca Ruvolo, e dalle associazioni “Laboratorio della memoria”, “Ad alta voce” e “La smania addosso”.
“Abbiamo messo insieme due momenti, il maggio dei libri – dice il sindaco, Margherita La Rocca Ruvolo – e poi la memoria, con questa piccola raccolta che ha delle testimonianze fortissime di ragazzini che in quell’anno si sono sbizzarriti con disegni e con temi che parlavano della loro Montevago prima del terremoto. E questo testo, come scrive Leonardo Sciascia nella presentazione, ha riportato quella Montevago che non esisteva per nessuno, perché nessuno la conosceva, ad essere conosciuta da tutti. Noi vogliamo ricordare quegli uomini e quelle donne che hanno vergato quegli scritti, quei temi e quei disegni”.
“Quello che noi siamo oggi ha le sue radici nel passato – aggiunge Rosita Bavetta, presidente di Ad alta voce – e visto che i bambini conoscono poco del loro passato l’associazione ha intrecciato la sua strada con il “Laboratorio della memoria” per portare nelle scuole laboratori creativi in modo da trasmettere loro le nozioni riguardanti il loro passato. E’ stato un viaggio nella storia raccontando Montevago”.
“Abbiamo favorito la lettura di un libro particolarmente caro ai montevaghesi – aggiunge Maria La Rocca, presidente del Laboratorio della memoria – dove sono raccolti temi e disegni dei ragazzi della scuola media che realizzarono, nel 1967, pochi mesi prima del terremoto. Subito dopo il terremoto un giornalista, Bruno Carbone, e un deputato dell’Ars, trovarono questi lavori sotto le macerie della scuola media. Vennero pubblicati sui giornali con grande commozione da parte di tutti. Poi l’Ars li ha pubblicati in un libro, Quaderno di Montevago”.
Alla lettura hanno partecipato molti montevaghesi che hanno vissuto il dramma del terremoto e che, a loro volta, hanno raccontato le loro storie come quella di Caterina Di Campo. “Ero da sola in casa, stavo facendo i compiti, la casa ha tremato. La notte poi c’è stato il finimondo e ho visto morire tante persone, molte chiedevano aiuto. Dopo ho completato la terza media a Naro”. Caterina Di Campo si commuove quando vede un suo disegno nel “Quaderno di Montevago” e così anche altri, come Rosa Montalbano, che ricorda: “Fu il finimondo. In un attimo crollò tutto. Avevamo le chiavi in tasca e le case distrutte. Cercavo di abbracciare io padre e lui cercava di abbracciare e, ma la scossa ci allontanava”. Nell’occasione è stata inaugurata la mostra dell’artista italo venezuelano, Gino Monteleone Olavarrieta, che ha disegnato i luoghi, i volti e le storie che gli sono state raccontate dal padre che dopo il terremoto emigrò in Venezuela.