È in viaggio da 128 giorni Paolo Previato, 61 anni. È partito il 15 aprile da Verona e sta attraversando l’Italia a piedi per incontrare i malati di fibrosi cistica e aiutare la ricerca, raccogliendo fino ad ora circa 5000 euro. Un’avventura, la terza del genere, attraverso la quale persegue tre obiettivi: «Il primo e più importante è quello di incontrare i malati. Hanno un grande bisogno di sentire la vicinanza di altre persone, di sentirsi compresi e di sentire qualcuno che si preoccupi per loro. Perché non è una malattia debilitante in modo continuo. Molti fanno fatica a far capire agli altri qual è il loro problema. Io man mano che ho capito cosa c’è dietro la fibrosi cistica ho sentito un legame affettivo crescente verso i malati. Secondariamente quello di conoscere i gruppi di volontari, sentire quali sono le loro idee, che tipo di attività svolgono, per dare anche io i miei consigli. E poi il fine economico che è comunque utile e importante, anzi indispensabile perché senza la ricerca non si può andare avanti nel combattere questa malattia».
Com’è nata l’idea
Una malattia che Paolo ha conosciuto indirettamente attraverso le storie e le emozioni di chi la vive sulla propria pelle e che hanno segnato la sua vita suscitando in lui la voglia di spendersi per gli altri fino ad incontrare Papa Francesco e chiedere una preghiera per tutti loro. «Ho conosciuto il mondo della fibrosi cistica attraverso mia sorella che faceva volontariato, in ricordo di una ragazza che è mancata nel 2005 per questa malattia all’età di 16 anni. E proprio in memoria di questa ragazza, nel 2017, ho fatto il cammino di Santiago de Compostela. Da quel momento ho scoperto sempre di più cosa è la fibrosi cistica, ho raccolto dei fondi che ho donato alla fondazione, ho conosciuto i volontari e anche una bambina di 11 anni malata e la sua famiglia. Da lì ogni anno ripeto questa iniziativa. Quest’anno ho deciso di muovermi sul territorio italiano per conoscere più persone e raccogliere fondi. Sono andato prima a Trento, sono passato per il Friuli, poi a Trieste, sono sceso per Padova, Bologna, Firenze e Roma, dove ho avuto al possibilità di incontrare il Papa al quale ho consegnato la maglietta della fondazione con lo slogan “fibrosi cistica, la speranza si fa strada”. Anche grazie a questa maglietta molte persone mi fermano per strada incuriosite, e così io spiego qual è la motivazione che mi ha spinto a intraprendere questo viaggio e cosa è la malattia».
L’incontro a Soverato con Francesca
Tre anni fa Paolo, padre di 4 figli, ha perso il lavoro e grazie alla sua buona uscita ha potuto affrontare i viaggi. «Ero dirigente d’azienda e quindi con la buona uscita ho pensato di dedicarmi al volontariato iniziando una serie di attività: dall’aiuto nella gestione di case famiglia alla raccolta di cibo per famiglie povere fino a questa avventura». Abbiamo conosciuto Paolo a Soverato, seconda tappa calabrese del suo viaggio dopo Crotone. Qui è stato accolto da Francesca Mandaliti, che descrive così la sua vita con la fibrosi cistica: «Per chi ha un problema di salute la vita ha un altro valore: a differenza di chi da tutto per scontato, noi sappiamo che niente è scontato e quindi si vive più intensamente. Quello che sta facendo Paolo è una cosa bellissima. Tutti noi gli siamo grati anche solo perché in questo modo ci sta aiutando nell’informazione. E’ da ammirare anche per quanto sta camminando – aggiunge sorridendo – io non ce l’avrei mai fatta».
«Una malattia di persone coraggiose»
Paolo terminerà il suo viaggio in Sicilia, precisamente a Trapani, con tante emozioni nel cuore e uno zaino colmo di speranza. «Molti mi dicono “che coraggio che hai a fare questo cammino”. Ma io rispondo sempre che in confronto al coraggio che hanno le persone malate e le loro famiglie, non dico che la mia sia una passeggiata però richiede sicuramente molta meno forza di volontà di quella che i malati di fibrosi cistica devono mettere in campo. Le persone che ho incontrato hanno tutte un forte spessore di valori interiori perché sanno che della vita devono assaporare tutto quello che gli dà. E’ una malattia di persone coraggiose. Loro mi lasciano una grande commozione in alcuni casi, sentendo le loro storie, ho anche pianto. Grazie a una esperienza come la mia si diventa meno cinici, meno indifferenti e si arriva a interagire con le persone con più sincerità e maggiore capacità di ascolto».