Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Gesù vede una folla numerosa che lo segue. Anche oggi siamo tanti a seguirlo, almeno diciamo di seguirlo… seguirlo con i piedi o mettendo cuore, mente e forza?
Gesù vede che la folla lo segue e da delle indicazioni affinché questa sequela sia vera. Gesù non vuole devoti, vuole gente innamorata che seguendolo compie le sue azioni e che non si faccia incartare dai santoni di turno. Vuole veri amanti, come gli innamorati del Cantico dei Cantici. Pretende di essere amato di più di quanto possiamo amare i nostri genitori, i nostri fratelli o sorelle, la nostra ragazza o ragazzo, moglie o marito… vuole essere il primo nella classifica degli affetti. Che presuntuoso però!
Nell’antico testamento Dio si definisce geloso e lo è. Vuole il primo posto, quello che a volte dedichiamo a noi stessi o ad una persona, ad un luogo, al lavoro, al potere… Si è davvero discepoli di Gesù, si è davvero cristiani se si è capaci di amare senza se e senza ma. Se si è capaci di prendere quella benedetta croce che non è la difficoltà del momento, la malattia o una persona che ti sta sullo stomaco, ma è la capacità di andare oltre, di amare nonostante le difficoltà, le persone, le situazioni. La croce ci insegna a gettare ponti, ad allargare le braccia per accogliere, ci insegna a donarci senza riserve. Prendere la croce significa mettersi al servizio dell’uomo, non tradirlo, non ingannarlo anche se l’altro è pronto a farlo. Stare con Gesù significa fare il salto di qualità.
Un altro requisito per seguire Gesù è rinunciare ai propri averi, iniziando a rinunciare a tutto ciò che ci fa sentire migliori degli altri. Gandhi diceva che un uomo non vale mai per quanto possiede, o per il colore della sua pelle, ma per la qualità dei suoi sentimenti. Un uomo vale quanto vale il suo cuore. Sulla stessa linea anche San Francesco d’Assisi: “Un uomo, quanto vale davanti a Dio, tanto vale e non di più”.
Per seguire davvero Cristo bisogna mettere da parte tutto ciò che ci appesantisce nel cammino di sequela per spiccare quel volo che ci fa uscire da nostro egoismo, dal nostro egocentrismo, dalle nostre paure per incrociare mille sguardi, mille volti, ascoltare tante storie… e imparare ad amare. Perché se non siamo capaci di rinunciare per amare Dio presente nell’uomo non saremo mai capaci di volare e di scoprire che il mondo non corrisponde al nostro piccolo spazio recintato e protetto ma è … diverso.
Concludo con le parole di un grande artista, Roberto Vecchioni:
“Poi che mi guardo e vedo, ma
Ci son le stelle fuori
E un mare di colori,
E se non potrò correre
E nemmeno camminare
Imparerò a volare,
Imparerò a volare”